martedì 30 luglio 2013

Uno dei luoghi thailandesi,a me più cari.Piango

Thailandia, disastro in paradiso: perdita di greggio raggiunge Koh Samet

thai koh samet spiaggia Thailandia, disastro in paradiso: perdita di greggio raggiunge Koh Samet
Soldati e volontari al lavoro per ripulire la spiaggia di Ao Phrao, Koh Samet, Thailandia (Foto @Pacharapapon)
Una macchia di greggio si è liberata nel Golfo di Thailandia. Foriusciti 50mila litri, raggiunta la paradisiaca isola di Koh Samet  
BANGKOK (Asiablog) – Questi sono giorni neri per la Thailandia, che rischia di trovarsi di fronte a un gigantesco disastro ecologico dopo che sabato scorso una chiazza di 50mila litri di petrolio è fuoriuscita da un oleodotto e si è dispersa in mare, nel Golfo del Siam. La perdita sarebbe avvenuta durante il trasferimento del greggio da una petroliera ad un oleodotto della PTT Global Chemical Public Company (PTTGC), al largo della costa della provincia di Rayong, nel sudest del Paese. Il governo di Bangkok ha inviato 10 navi e 500 soldati della Marina militare thailandese ma una parte del petrolio, una chiazza di 5mila litri, si è diretto verso la paradisiaca isola di Koh Samet, una delle principali mete turistiche thailandesi. Le autorità stanno lavorando per limitare i danni, ma le l’organizzazione non governativa Greenpeace teme che l’entità di greggio disperso sia molto maggiore di quello dichiarato.
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Al lavoro per ripulire la spiaggia (@Yui_Project)
SALVATE KOH SAMET. Intanto Koh Samet, 220 chilometri a sudest di Bangkok e a circa 3 chilometri dalla costa di Rayong, è stata dichiarata zona disastrata. L’isola è una meta molto popolare sia per i residenti della capitale che per i turisti stranieri, e attrae circa un milione di visitatori l’anno, soprattutto nei fine settimana. Ma ora le sue 14 spiagge di sabbia bianca rischiano di essere deturpate dalle ondate di petrolio che lambiscono la riva. Secondo Sumet Saithong, direttore del Parco nazionale che comprende anche l’isola di Samet, per ripulire Ao Phrao, la spiaggia più colpita dall’olio nero, ci vorranno circa 15 giorni. “Abbiamo chiuso Ao Phrao ai turisti in modo di permettere alle autorità di ripulire l’acqua e la spiaggia,” ha dichiarato Chuchart Oncharoen, direttore delll’Autorità del Turismo della Thailandia (TAT). “Ao Phrao si trova sulla costa occidentale di Samet, ma la maggior parte degli hotel e resort dell’isola sono nella parte orientale, che non è stata colpita dalla fuoriuscita,” ha aggiunto Chuchart.
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La spiaggia di Ao Phrao, veduta aerea. (CNN)
DANNI ECONOMICI E AMBIENTALI. Ad ogni modo, molti turisti stanno lasciando l’isola e si teme che la chiazza possa raggiungere la costa. “La fuoriuscita di greggio sta sicuramente avendo un impatto sull’ambiente, ma non abbiamo ancora accertato eventuali decessi di animali marini,” ha dichiarato il governatore della provincia di Rayong, Wichit Chatphaisit. Secondo Srisuwan Janya, presidente della ong Stop Global WarmingAssociation, anche una volta passata l’emergenza “i danni maggiori saranno quelli causati ai coralli e alla catena alimentare dei pesci.” Si tratta di un danno ambientale enorme che rischia di compromettere l’industria turistica e della pesca della costa sudorientale del cosiddetto Paese dei Sorrisi.

Buddismo

La gentilezza dovrebbe diventare il modo naturale della vita, non l'eccezione.

Buddha Siddhārtha Gautama

domenica 28 luglio 2013

Bergoglio, lo spacciatore di oppio dei popoli

di  Mario Di Vito
Fonte : Contropiano.org


Lunedì 08 Luglio 2013 13:46
La propaganda di Francesco, il papa che piace a tutti, fa breccia ovunque. Ecco perché Ratzinger "era meglio di lui".

Quella maledetta sera di marzo tutti ci aspettavamo che su piazza San Pietro si sarebbe affacciato Angelo Scola, o comunque un cardinale arcigno e crudele, un implacabile che si sarebbe lanciato in una lotta senza esclusione di colpi contro il secolarismo, che si sarebbe dato un nome tipo Leone XIV, o comunque qualcosa di abbastanza cattivo da convincere il mondo che, in un modo o nell'altro, il dogma è ancora vivo e la parola di Dio non è uno scherzetto. Non il ritorno alla messa in latino, ma almeno un rigido pensatore à la Ratzinger, un uomo incapace di parlare ai cattolici – tanto è inutile – ma perfettamente in grado di produrre qualcosa di rilevante in termini di profondità teologica.

E invece no, quella maledetta sera di marzo, su piazza San Pietro si è affacciato un argentino con il nome da stopper del Genoa. Jeorge Mario Bergoglio ha salutato la folla con un cordiale «buonasera», ha parlato dell'Argentina come «mondo alla fine del mondo» manco fosse Sepùlveda e si è dato il nome di Francesco, come il santo che rinunciò a tutto per andare a parlare con gli uccellini nella selvaggia Umbria duecentesca.

Ecco, la verità è che, per l'ennesima volta, li avevamo sottovalutati. Ci hanno fregato con un Papa buono, che, di fatto, sta simpatico a tutti, anche agli atei più atei. E continuerà a stare simpatico anche quando si scaglierà contro i gay, la ricerca, il nostro modo di vivere. Si chiama evangelizzazione: va avanti da duemila anni e, piaccia o no, sta sempre almeno un passo davanti a noi.

Ludwig Wittgenstein diceva che il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose. Quindi, quando Bergoglio va a Lampedusa per dire che «la società dei consumi ha portato a una globalizzazione dell'indifferenza», non s’intende che donerà tutti i beni della Chiesa ai meno abbienti. Nemmeno che farà qualcosa per combattere la globalizzazione della sofferenza: è solo propaganda. Se un potente segnala un problema, non è detto che si stia battendo per risolverlo. Bergoglio, da buon gesuita, lo sa e sa vendere benissimo la propria immagine, con il brand chiaramente visibile a tutti: «Chiesa Cattolica, noi siamo il bene». Malgrado i libri di storia dicano il contrario, la facciata del credo più diffuso del mondo rimane sempre candida agli occhi di fedeli e non, ora più che mai.

La chiave per colmare il gap della dialettica negativa  - l'insormontabile scarto tra la logica e la realtà, tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere – è nei termini puramente concettuali emersi in questi primi mesi di pontificato targato Francesco. Il concetto più espresso, fino a questo momento, riguarda la magnificazione della povertà. Sui giornali e nell'immaginario collettivo, questo passa come «il Papa sta con i poveri», in realtà l'elogio della povertà è una delle affermazioni più ideologiche e reazionarie degli ultimi secoli. Oltretevere lo sanno che la povertà non è un valore ma uno schifo? Lo sanno che la gente, in maniera sempre maggiore, si suicida perché si vergogna della propria miseria?

Domande retoriche, ma una risposta c'è: sì, lo sanno. Per questo magnificano il concetto di povertà, perché i poveri si sentano socialmente migliori di quello che sono, anche se in realtà questo non è vero. La società (post)industriale avanzata emargina chi ha meno, e questo è un fatto. Santificare «l'avere meno» è un modo perché tutto rimanga com'è, perché non succeda niente, perché chi ha sempre meno non si ribelli mai a chi ha di più. La Storia, per la Chiesa, non è Storia di lotta di classe. Francesco ne è consapevole, e allora bara. È uno spacciatore di oppio dei popoli. E per certi usi Marx torna utile solo adesso, ché il comunismo storico è quasi scomparso dalla faccia della terra.

Joseph Ratzinger era politicamente inaccettabile. Ma era chiaro, non barava. Lui, con una profondità teologica effettivamente non comune, portava avanti le crociate di sempre. Perché la Chiesa è quello che è e non può essere diversa, è un’entità irriformabile, scolpita nel tempo. Dogmatica per definizione. Nell'enciclica scritta a quattro mani da Francesco e Benedetto questo particolare emerge con chiarezza: il primo parla di Madre Teresa di Calcutta – emblema di bontà e sacrificio –, il secondo si lancia in un corpo a corpo con Dostoevskij sul significato di Cristo in Croce. Questo non solo ci chiarisce che Ratzinger è un teologo, mentre Bergoglio è “solo” un parroco; ma ci dà anche un'idea del fatto che mentre il tedesco punta a un predominio teorico – dunque, preferibile anche in termini di dibattito –, l'argentino sfrutta la potenza di fuoco di un'istituzione mastodontica come la Chiesa per affermare un discorso prettamente politico e mantenere lo stato delle cose così com'è: proclamare il cambiamento per non attuarlo mai. Cambiare una religione è impossibile, dacché questa si basa su presupposti immutabili. Tutto il resto è soltanto propaganda.

sabato 27 luglio 2013

Orban Sfugge alla Morte – Discorso alla Nazione sul Nuovo Ordine Mondiale

Tutti protagonisti ed uniti contro l’ultima grande minaccia mondiale – Chiamata alla Nazione
L’Uomo della Sovranità Nazionale non ha peli sulla lingua di Sergio Basile 
Orban, Discorso alla Nazione - Nuovo Ordine Mondiale
 Orban – Discorso alla Nazione, a poche ore dall’Attentato scampato       
Budapest – Cari amici lettori, per chi non l’avesse ancora capito l’Europa sta vivendo il periodo più buio della sua millenaria storia… Il più buio anche perchè il più occultato e mistificato (quanto dissacrante ed asfissiante). Insomma viviamo in una prigione totale e molti ancora non se ne rendono conto, plagiati dai media di regime. Tutti i fantasmi che qualcuno pensava fossero stati fugati – sulla scia di testi di storia completamente distorti, falsi ed alterati – stanno prendendo corpo, e sotto le mentite spoglie di agnelli che lavorano per una presunta e miracolistica unificazione europea, i mostri e gli spettri più cupi del passato stanno tornando minacciosamente a galla per una sorta di attacco finale ai popoli. L’attentato – perchè di attentato si tratta! - a Viktor Orban, in tal senso, sembra essere unito a un doppio filo rosso con questa tesi, che qualcuno – erroneamente – bollerà come “complottista”, ma che alla fine è la pura e semplice realtà dei fatti. Negli ultimi giorni, non dimentichiamolo, in Ungheria era stato chiuso l’ufficio del Fondo Monetario Internazionale. Sarà stata una strana coincidenza? Per molti no! Sarà una strana coincidenza il fatto che il Bilderberg abbia affrontato il “problema Ungheria” nell’ultimo suo incontro? Mah!!! Certo, vietare gli OGM e puntare sulla rinazionalizzazione della Banca Centrale non sono cose da poco! Che dite!
attentato Orban
L’Incidente-Attentato
Come raccontato (vedi articolo in allegato - Venerdì 26 Luglio) nel pomeriggio di ieri, in Romania, il convoglio che accompagnava il Primo Ministro unhgherese Viktor Orbán, in viaggio verso la Balvanyos Summer University, con tanto di poliziotti rumeni a scorta del convoglio, ha subito un gravissimo incidente-attentato. Tra i feriti, il Console Generale ungherese in Csíkszereda, ed altri 4 “fidati uomini del Premier”. Rimasto miracolosamente illeso il Premier.
The Victor Orban's Revoltion
L’Uomo della Sovranità
Ma l’uomo della sovranità e dell’indipendenza per antonomasia, l’uomo che ha osato – tra l’altro – come detto vietare i distruttivi OGM nel proprio Paese (e la voglia di trasferirsi a vivere in Ungheria a questo punto è davvero tanta, anche per chi scrive) l’uomno che è diventato un esempio e modello per centinaia di milioni di europei schiacciati, sviliti e distrutti dall’usura internazionae e dal golpe masso-mafioso dei poteri occulti che dominano l’Europa, nelle ultime ore ha preso la situazione di petto ed ha parlato alla Nazione in diretta TV. Senza alcun pelo della lingua Orban ha esordito parlando del Nuovo Ordine Mondiale e di cosa gli stati devono fare per liberarsi da questo diabolico cancro mondialista, proteso a distruggere non solo le nazioni e le costituzioni, ma le famiglie, “la Famiglia“, e gli stessi uomini. Come? Sovvertendo la natura e la società in nome del “progresso”; distruggendo il creato (vedi OGM, per l’appunto) e modificando lo stesso DNA umano; creando debiti fittizi ed inestinguibili e iniziando più o meno in tutto il mondo (vedi paradigma Siriano, per tutti), guerre senza fine e logica. Guerre spacciate per missioni di Pace e missioni per “l’esportazione della democrazia”. Cosiddette “primavere”. Più simili però a gelidi e taglienti Inverni.
Orban, Discorso alla Nazione - Nuovo Ordine Mondiale
L’Abbraccio con la Nazione – Tutti protagonisti, cittadini e idee
Ma Orban nell’occasione ha chiamato a raccolta tutta la Nazione, tutti gli Ungheresi di buona volontà, sono stati chiamati a dare il proprio contributo in termini pratici e di idee per contrastare il male assoluto che vuol distruggere e schiavizzare la Nazione, come fatto già con la Grecia ed in buona parte con Spagna, Portogallo, Irlanda, Cipro, Italia. Guardacaso le nazioni a più antica tradizione cristiana. Anche questo qualcuno lo chiama caso!? Orban, scampata la morta per miracolo, ha ammonito del fatto che ogni idea proveniente dal popolo e dagli amici della nazione, dotata di senso pratico e spessore morale e/o legale sarà ben accetta per il governo e diventerà la protagonista principale delle sue politiche, per il bene del popolo. Una sorta dinuovo, fantastico e rivoluzionario modello di università a cielo aperto, libera e aperta come mai.
Orban, Discorso alla Nazione - Nuovo Ordine Mondiale
Lezione di Storia
Orban, nella sua compita e puntuale digressione sul pericolo ed il male concreto del Nuovo Ordine Mondiale in via di completamento ha affrontato il tema anche dal punto di vista storico, ricordando agli Ungheresi – accorti per l’occasione da tutta la Nazione – come nel 1918 il percorso fu segnato dall’ascesa degli Stati Uniti e dal formarsi di nuovi equilibri mondiali, guidati da poteri occulti. Le Guerre mondiali – ha notato in pratica il Prermier - portarono all’instaurazione di un “Nuovo Mondo” in Europa. Non a caso – aggiungiamo – il 1943 fu l’anno del colpo di stato angloamericano ai danni dell’Italia (come raccontato negli ultimi articoli dedicati a MUOS ed F35 – vedi allegati),  ”Nel 1990 – ha poi continuato il Premier ungherese - l’impero sovietico ha cessato di esistere nel mondo bipolare e gli Stati Uniti si sono imposti all’Europa in una posizione dominante”. Per il vero – aggiungiamo – il golpe USA-CIA nel Vecchio Continente(come detto in più articoli – vedi allegato) iniziò con il Piano Kalergi, ancor prima della nascita dell’UE. Ma questa è una storia di cui già abbiamo detto. Orban nel suo intervento ha poi parlato di due principali difetti/errori (orrori)  fatali all’Europa di oggi: ilcentralismo europeista che ha preso in contropiede molti popoli che non immaginavano una tale deriva, nonché il sistema di moneta comune, apripista della cosiddetta “crisi”. Beh, non ci resta che gridare: “Forza Orban! Gorza Ungheria! L’Italia e gli Italiani ora hanno un modello da seguire. E non esistono più alibi e mezze misure per nessuno! Né per la politica, né per la cosiddetta “antipolitica”. A buon intenditor…
Sergio Basile (Copyright © 2013 Qui Europa)

L'EVASIONE FISCALE DI SOPRAVIVENZA VERSO L'ANTROPOCRAZIA - NICOLO' BELLIA


Assolutamente da sentire tutto.
https://www.youtube.com/watch?v=FM_jN0Tgvpc&hd=1

venerdì 26 luglio 2013

Quel 25 luglio è anche all"origine della crisi attuale


di: F. e V.

Offriamoci un'ulteriore chiave di lettura (anche se non "politicamente corretta"), per non continuare questo millennio, nel modo peggiore rispetto a come si è concluso il precedente, cioè per non entrare in un altra crisi mondiale, prima di esserne completamente usciti da questa. Se è vero che dagli errori si impara.
Proviamo ad osservare Il 1943 come un anno di illusioni :
si illusero i congiurati del Gran Consiglio del Fascismo di salvarne il Regime, sacrificandone solo Mussolini;
si illusero il Re e Badoglio di tradire l’alleato senza pagare dazio;
si illusero i ragazzi a Salò di difendere l’onore d’Italia intera, combattendo purtroppo, anche propri fratelli;
si illusero i partigiani di sostituire la dittatura fascista con quella del proletariato, pensando di fare dell’Italia una repubblica socialista e ritrovandosi a sostenere prima la monarchia e poi il peggiore capitalismo di diritto anglosassone, dell’occupante americano;
si illusero infine gli italiani convinti che la guerra fosse finita, quando invece ne stava per iniziare una seconda, ben peggiore.
Tutto ebbe inizio il 25 luglio 1943 quando, con una deliberazione del Gran Consiglio del Fascismo, il Regime cessò.
Mussolini, che tutto voleva tranne la guerra civile tra italiani, pur potendo rigettare l’ordine del giorno del Ministro Grandi e far arrestare i congiurati, inspiegabilmente accettò il deliberato che lo esautorava di tutti i suoi poteri per essere trasferiti al Re.
Intanto Vittorio Emanuele III con i vertici delle Forze Armate, tramava per, come primo atto liquidarlo e poi passare dalla parte vincente, quella dei cosidetti "alleati " , cioè forze nemiche alleate tra loro, e contro di noi.
Il responso del Gran Consiglio, contrariamente alle intenzione dei protagonisti (che di fatto si comportarono come utili idioti, per dirla alla Lenin), tornò utile al Re per dare una insperata veste istituzionale a quello che fu a tutti gli effetti un Colpo di Stato.
L’indomani Mussolini, rispettoso delle regole e convinto della correttezza di Vittorio Emanuele III, si presentò al monarca per rassegnare le proprie dimissione da Capo del Governo.
Il Re, il cui unico scopo era quella di salvare la corona e se stesso dal tracollo bellico, con un atto inconcepibile dal punto di vista istituzionale, lo fece sequestrare (e non " arrestare " in quanto ne mancavano i presupposti giuridici).
Tutti i poteri furono affidati ai vertici dell’esercito che instaurarono una specie di dittatura militare con a capo il Maresciallo Badoglio.
Del nuovo esecutivo nessun esponente politico ne faceva parte in quanto i partiti rimanevano fuori legge al pari del partito fascista, nel frattempo sciolto.
A parte qualche spontanea manifestazione di giubilo, derivante dall’equivoco che con la caduta del regime sarebbe finita la guerra, degli antifascisti e dei partigiani neanche l’ombra, li avremmo visti solo dopo al seguito delle vittoriose truppe alleate.
Il nuovo governo si affrettò a rassicurare l’alleato tedesco circa la fedeltà dell’Italia e il proseguimento della guerra e nel contempo avviò segreti contatti con gli angloamericani per passare armi e bagagli dalla parte del nemico, nella patetica illusione di uscire indenni da una guerra che volgeva al peggio.
L’8 settembre 1943 arrivò l’annuncio di Badoglio che chiamò "armistizio" (era resa incondizionata) , in realtà un tradimento: in 24 ore i ns. alleati tedeschi divennero improvvisamente nemici e gli invasori americani, "alleati".
Il golpe non mutò le sorti del conflitto, non servì a lenire le sofferenze della popolazione civile che continuò a lungo a morire sotto i bombardamenti terroristici dell’aviazione angloamericana. Servì soltanto a scatenare l’ ovvia ira vendicativa di Hitler, l'unico vero potere a cui così, in quel momento, si cedette al padronanza assoluta del nostro Paese.
Con un rovesciamento schizofrenico del fronte e il passaggio dell’Italia dalla parte degli angloamericani (che faceva presagire ai reali una rapida e vittoriosa conclusione del conflitto), si riorganizzarono i vecchi partiti che tornarono al volo (soprattutto quello comunista che aveva mantenuto una sua struttura clandestina), ad essere protagonisti della politica italiana.
La guerra invece continuò per altri 18 mesi e nel conflitto tra eserciti, si inserirono i "partigiani" (nel senso di-parte "giusta"), oltre ai tanti in buona fede però, alcuni, già affermatisi prima, per rifarsi una verginità politica, altri comprensibilmente, per onorificenze usabili poi nella spartizione dei poteri. Altri ancora, renitenti, imboscati, delinquenti o solo vili, poterono anche travestirsi da eroi.
Ma le armi (e gli "istruttori" anglo-americani) arrivarono tramite la mafia statunitense, per intercessione dei cui emissari locali, interessati alla "ricostruzione" (e a nuovi assetti da scompaginare), questa spartizione fu pilotata dai nuovi sindaci, i capimafia emergenti.
Non ingaggiandoli al fronte, pur opposto, ma in imboscate occultate a tradimento, tra la popolazione, fu appunto guerra civile.
Il primo atto veramente politico fu la cancellazione delle norme sulla socializzazione delle aziende, che non si ipotizzò più, neanche su forma volontaria, poi si iniziò a privatizzare la Banca d'Italia (ora di faccendieri privati) e perfino l'emissione stessa della moneta.
La storia, apparentemente molto diversa, si è ripetuta anche in altre guerre, cui ci hanno fatto assistere in dirette televisive, sempre opportunamente " mediate " dall'eterno concetto dei cattivi nazionalisti e dei buoni liberatori.
Tra stragismi più o meno di Stato e strategie più o meno " destabilizzanti " (in realtà che più "restauranti" di così non si può), crisi ordite da banche d'affari, debitalismi speculativi, privatizzazioni e " ripresine ", la nostra sovranità, condizionata dall'usura dei potentati economici e limitata dai più potenti oligarchi del potere finanziario, continua così ad asservire interessi mafiosi.
Non più quelli di chi "scorre le campagne in armi ", ma quelli della degenerazione finanziaria e speculativa del capitalismo "liberista" più spietato, becero, totalitario, imperialista e mondialista possibile .
I poteri dei mafiosi infatti, azionisti di banche d'affari, si sono potuti così astutamente "civilizzare", traendo più profitti dalla "democratica"cessione dei ns. diritti civili alle S.p.A. finanziarie, che combattendo la Stato. Basta comprarne la nomenclatura.
Profittando fortune immense, con gli ipertecnicismi legalizzati degli strumenti speculativi e senza neanche dover più per questo, investire un soldo nell'economia reale, il loro vero enorme potere è la leva finanziaria del " differenziale " socio-politico-economico tra gli stessi Stati che, opportunamente " liberati ", adottano il mercatismo liberista come modello politico prevalente.
Di contro la società civile si stà sempre più mafiosizzando, percependo il disvalore del mercimonio come fosse un valore, concependo la mercificazione della vita umana, nella logica bancaria, come una scienza. E facendola assurgere, col linguaggio criptico della tecnica (bancaria) in quanto matematica, a perfezione.
Tale cioè, da non poter essere per questo, neanche messa in discussione. Un " pensiero unico " ormai dominante, come una religione di Stati, disuniti, ma accomunati da un'unico Dio, il (loro) danaro, cui conferire anche l'anima. Ridotti In schiavitù per debiti , col diavolo , a vita.
Giocoforza dissentire. Ma non vi sarà ragione senza azione. Altrimenti saranno ancora illusioni .

(libera interpretazione dell’editoriale di Excalibur di luglio, firmato da Gianfredo Ruggero)

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22154

giovedì 25 luglio 2013

Colpo di stato di agosto,dal blog di Beppe Grillo

colpo_di_stato_agosto.jpg
Il vero obiettivo di questo governo è la distruzione dell'impianto costituzionale per poter cambiare le regole del gioco democratico e assicurare ai partiti il potere e la greppia di Stato. Per cambiare la Costituzione senza impedimenti da parte dell'opposizione in Parlamento e senza il consenso dei cittadini, che ne sono i veri custodi, i partiti vogliono cambiare l'articolo 138, l'architrave. In seguito, sarà istituita una Bicamerale per rivedere la Costituzione con statisti del calibro di Berlusconi (o dei suoi servi, non fa differenza) e di D'Alema e degli altri caporioni del pdmenoelle. Per questo è nato il governo di larghe intese che di tutto si preoccupa tranne che dei problemi del Paese. Cosa dice l'articolo 138?
"Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
"
L'articolo 138 è la barriera tra la Costituzione e i partiti. Impedisce che ne sia fatta carne da porco. Prevede due volte il voto delle Camere e un referendum popolare di conferma. I saggi, prima 10 e poi 40, di stretta osservanza governativa, solo pd, pdmenoelle e scelta civica, nessuno del M5S, stanno operando laboriosamente per spossessare il Parlamento delle sue (poche) prerogative. I colpi di Stato, come scrisse Curzio Malaparte in Tecnica di colpo di Stato, quasi mai ricorrono alla violenza, di solito avvengono in modo apparentemente legale, nel silenzio ovattato delle cosiddette istituzioni. Il cambiamento della Costituzione discusso ieri in Commissione Affari Costituzionaliin soli 55 minuti per poter essere votato in aula, in tutta fretta, il primo diagosto, senza neppure la possibilità di emendarlo, con gli italiani in ferie e con la stampa e le televisioni di Stato asservite e mute, è un colpo di Stato annunciato. E i colpi di Stato vanno combattuti, in nome della democrazia.

martedì 23 luglio 2013

“FALSE FLAG & MEDIA COVERAGE”: TUTTE LE GUERRE DELL’AMERICA NASCONO DA UNA MENZOGNA.

Fonte ilcorsivoquotidiano.net
La costituzione americana vieta di attaccare uno stato estero per primo. Un bel problema per l’aggressiva politica a stelle e strisce che mira all’incondizionato dominio planetario. Nel corso della storia, tutti i guerrafondai governi degli Stati Uniti, hanno risolto il problema creando ad arte dei falsi attacchi alle forze militari americane, facendo così passare ogni operazione di guerra come una contromossa difensiva d’obbligo. Il falso “casus belli” poi, con l’aiuto dei compiacenti strilli della stampa filo-governativa, veniva utilizzato per convincere l’intera opinione pubblica a sostenere l’interventismo.
La pratica di creare finti attacchi nemici per raggirare la costituzione e poter liberamente dichiarare guerra ai fantomatici aggressori ha un nome ben preciso nella lingua degli yankees: si chiama false flag. E tutte le più recenti guerre che hanno coinvolto gli States ne hanno una. Tutte le guerre moderne dell’America nascono da una menzogna.
Lo stile sensazionalistico con il quale i media americani trattarono i casus belli creati ad hoc, convincendo ogni singolo americano che l’America fosse stata attaccata per prima, ha invece assunto il nome di Yellow Journalism ovvero “Stampa Gialla”. Il primo grande convincimento mediatico di una ipotetica aggressione agli Stati Uniti fu architettato da William Randolph Hearts, il grande magnate della stampa americana, una sorte di Berlusconi ante litteram, che sul suo “New York Journal” convinse l’intera nazione ad entrare in guerra contro gli spagnoli. Era il 1898.

1898. Conflitto ispanico-americano.

Il naufragio del Maine.

Con questa guerra gli Stati Uniti tolsero alla Spagna il controllo su Cuba e Portorico nell’Atlantico e su Guam e le Filippine nel Pacifico. Il naufragio dell’incrociatore della Marina Americana U.S.S. Maine fu la causa scatenante del conflitto. Anni dopo si scoprì che non furono gli spagnoli a far colar a picco il Maine, come aveva gridato i giornali di Hearts, ma fu un incendio avvenuto nei locali delle caldaie a carbone a causare l’affondamento che uccise 266 Marines.
Nonostante la Spagna smentisse fin da subito ogni coinvolgimento fino a chiedere l’istituzione di una commissione internazionale per indagare sulle vere cause del naufragio, gli USA dichiararono sbrigativamente guerra alla Spagna. Ciò non sarebbe stato possibile se la stampa gialla di Hearts non avesse fatto bene il suo compito. L’indignazione popolare per l’accaduto, fomentata oltre misura dagli “yellow papers”, fu necessaria per far approvare dal Congresso il rapidissimo via libera per la guerra. Il 20 aprile 1898 il presidente McKinley approvò così una risoluzione che imponeva l’immediato ritiro dell’esercito spagnolo da Cuba. In 4 giorni, subito dopo lo scontato rifiuto di Madrid alla firma della resa incondizionata, l’intera flotta spagnola colò a picco sotto i colpi della più forte e numerosa compagine dei Marines.
La Spagna dovette arrendersi e firmare il trattato di Parigi, che sanciva la completa perdita della propria sovranità sui territori cubani. Fu la stessa stampa della propaganda bellica a dipingere poi come eroe di guerra il cospiratore Theodore Roosevelt, il Ministro della Marina che mise in piedi la grande bugia dell’ U.S.S. Maine, favorendolo così nelle successive elezioni presidenziali. Solo nel 1987, ben cento anni più tardi, fu messa in piedi una vera ed imparziale commissione d’inchiesta (dopo l’inconcludente commissione del 1911 e seguita da quella del 2000 che ne confermò la validità) che stabilì che gli spagnoli non ebbero alcuna responsabilità nell’attentato. I commissari dichiararono che l’esplosione sarebbe avvenuta “a causa di esplosivi fatti collocare troppo vicino alle caldaie dal capitano della nave” e che “tutti i fori nello scafo erano orientati dall’interno all’esterno compatibilmente con una esplosione interna”.
Solo 17 anni dopo il Maine un altro naufragio riportò l’America in guerra. Anche nel caso della Prima Guerra Mondiale la false flag per l’entrata in guerra fu l’affondamento di una nave, in questo caso un transatlantico britannico con a bordo migliaia di civili americani.

1915. Prima Guerra Mondiale.

Il Naufragio del Lusitania.

Sono le 14:10 del 7 maggio 1915. La grande nave da crociera Lusitania con a bordo un migliaio di cittadini americani, salpata da New York il primo maggio, si trovava a circa 30 miglia al largo delle coste irlandesi. Il comandante Turner decise di ridurre la velocità a 18 nodi a causa della forte nebbia. 18 minuti dopo la nave era già sul fondo mare, silurata da un sommergibile tedesco U-20.
L’America intera si indignò. Qualunque americano ignaro d’essere manipolato, gridò alla vendetta contro la Germania. Ennesimo naufragio, ennesima messinscena, ennesima guerra.
Il transatlantico affondato, fatto passare dalla stampa americana come una nave da crociera carica di soli civili, in realtà trasportava 1248 casse di granate Shrapnel da 3 pollici e 4927 cassette di cartucce dal peso complessivo di 173 tonnellate; Altre 2000 casse di munizioni furono trasbordate dalla nave Queen Margaret al Lusitania, all’ultimo momento, poco prima della partenza.
La nave era inoltre dotata, per ogni ponte, di 12 cannoni girevoli da 6 pollici a tiro rapido, equipaggiati con proiettili ad alto esplosivo. (La Cunard, società di trasporti proprietaria del Lusitania, aveva infatti accettato di mettere le sue navi a disposizione della Marina Militare inglese dell’ammiraglioWinston Churchill).
La Germania non avrebbe mai voluto che l’America entrasse in guerra. Sapeva però che diverse navi passeggeri americane rifornivano costantemente di materie prime l’Inghilterra. Per impedire ciò, impose il divieto di navigazione intorno alle coste del Regno Unito e, tramite la propria ambasciata in America, il capo dei servizi segreti tedeschi Franz Von Papen fece pubblicare su tutte le principali testate giornalistiche il seguente avviso:
Ai viaggiatori che intendono intraprendere la traversata atlantica si ricorda che tra la Germania e la Gran Bretagna esiste uno Stato di guerra. Si ricorda che la zona di guerra comprende le acque adiacenti alla Gran Bretagna e che, in conformità di un preavviso formale da parte del Governo Tedesco, le imbarcazioni battenti la bandiera della Gran Bretagna o di uno qualsiasi dei suoi alleati sono passabili di distruzione una volta entrati in quelle stesse acque.
Era il 22 Aprile 1915. Dopo poco più di una settimana, mille americani ignorarono l’avviso e s’imbarcarono per l’Inghilterra sulla Lusitania.
La Cunard aveva inoltre informato il Comandante William T. Turner che il transatlantico, giunto a circa 40 miglia dalle coste irlandesi, sarebbe stato scortato da alcuni elementi della squadra incrociatori “E” (si trattava in realtà di un solo incrociatore, il Juno). A Mezzogiorno però il Juno ricevette da Churchill l’ordine di rientrare in porto consegnando la Lusitania al suo inesorabile destino.
Il comandante Kenworthy, membro della sezione politica del servizio informazioni dell’esercito inglese, scrisse in seguito che il transatlantico fu “deliberatamente indirizzato verso un’area in cui era noto che si celasse un U-boot tedesco in agguato”.
Il 24 Aprile, Winston Churchill scrisse al Presidente della Camera di Commercio: “É molto importante attirare le navi neutrali verso le nostre coste, al fine di spingere gli USA ad entrare in guerra contro la Germania”.
I giornali americani parlarono di un inspiegabile attacco, ad opera di un nemico psicopatico, che si divertiva nel tiro al bersaglio di inermi civili americani. L’opinione pubblica venne nuovamente ingannata e convinta ad accettare un’altra guerra. D’altronde senza internet e i blog di informazione indipendente, chi poteva confutare ciò che dicevano i giornali? Anche il 7 dicembre 1941 la disinformazione propagandistica dell’America vinse incontrastata.

1941. Seconda Guerra Mondiale.

Attacco a Pearl Harbour.

Nuova guerra, nuova false flag. Gli americani sapevano benissimo che i kamikaze si sarebbero abbattuti sulle flotte americane nel porto hawaiano quel giorno. Il giornale locale“Honolulu Advertiser” aveva previsto l’attacco diversi giorni prima; da mesi tutti i codici segreti giapponesi erano stati decifrati; Roosvelt venne informato dell’imminente attacco nelle Hawaii il 4 dicembre ma non fece nulla per evitarlo.
Il Segretario di Guerra Henry Stimson, scrisse nel suo diario in data 1 dicembre 1941:“Abbiamo trovato (con Roosvelt) la maniera di manovrare i giapponesi in maniera che sparino per primi, contenendo le perdite (alla sola flotta d’ormeggio a Pearl Harbour)”.
Nel 2000 lo storico Robert Stinnett, dopo un approfondito studio sui testi delle intercettazioni della marina nipponica, grazie all’autorizzazione che gli concesse il Presidente Carter nel 1979, giunse alla conclusione che:
  • Il 7 ottobre 1940 il capitano di corvetta Arthur McCallum, capo dell’ONI (Office of Naval Intelligence) per l’Estremo Oriente, presentò a Roosevelt un piano in otto punti per provocare l’attacco giapponese contro gli Stati Uniti che sarebbe stato fedelmente applicato dal presidente nei mesi seguenti;
  • I servizi statunitensi avevano decifrato fin dall’autunno 1940, oltre al codice Purple (diplomatico), anche quattro varianti del codice della marina giapponese (Kaigun Ango) che avrebbe dovuto permettere, oltre ogni ragionevole dubbio, l’identificazione dei movimenti delle navi da guerra e di tutti i segnali di chiamata radio nipponici;
  • Il 27 gennaio 1941 l’ambasciatore Grew comunicò a Washington che un suo funzionario aveva saputo da un diplomatico peruviano in Giappone che i nipponici preparavano un attacco alle Hawaii;
  • L’ammiraglio Kimmel non venne informato dei successi dei decifratori statunitensi e venne escluso dalle comunicazioni segrete basate sulla decrittazione;
  • Il 2 e il 6 dicembre 1941 l’addetto navale dell’ambasciata olandese, Johan Ranneft, testimoniò di aver visto all’ONI, a Washington, le carte con la posizione identificata delle portaerei giapponesi, che quindi era conosciuta dagli statunitensi prima di Pearl Harbor;
  • Le navi della forza d’attacco dell’ammiraglio Nagumo non mantennero il silenzio radio ma rilasciarono una serie di messaggi che furono intercettati dalle stazioni di ascolto alleate per tutto il tempo della preparazione dell’attacco.
Stinnet venne immediatamente criticato da diversi storici contemporanei. La versione “ufficiale”, quella che leggiamo oggi sui libri di storia, parla ancora dell’attacco di Pearl Harbour come un’incursione totalmente inaspettata dall’esercito americano. Alla luce di tutti questi indizi, del clamore con cui la stampa americana ha aizzato l’intero popolazione contro gli odiati giapponesi e soprattutto consci delle macchinazioni passate, sembra davvero improbabile che Roosvelt fosse all’oscuro di tutto. Lui sapeva ma non poté rifiutare un così perfetto pretesto per entrare in guerra. Una guerra con un’altissima posta in palio: Lo status di più grande potenza del Mondo.
Il giorno dopo l’attacco, l’intero Congresso, con un solo voto contrario, decretò l’entrata in guerra dell’America. Fu lo stesso presidente Roosvelt a dare il via alla grande propaganda bellica della stampa statiunitense, rivolgendo alla nazione le famose parole:“Ieri, 7 dicembre 1941, una data che entrerà nella storia come il giorno dell’infamia, gli Stati Uniti sono stati improvvisamente e deliberatamente attaccati dalle forze aeree e navali dell’impero del Giappone”.
Ovviamente anche la guerra del Vietnam ebbe la sua false flag, il suo pretesto creato ad hoc per convincere gli americani ad appoggiare il conflitto. Siamo nel 1964.

1964. Guerra del Vietnam.

Incidente nel Golfo del Tonchino.

Il Congresso  votò la risoluzione per l’ufficiale entrata in guerra il 7 agosto 1964. La causa scatenante dell’ingresso dell’America in guerra fu l’attacco di quattro motosiluranti nord-vietnamiti alcacciatorpediniere americano USS Maddox. Era il 2 Agosto. In realtà dai P4 del Vietnam del Nord partì soltanto una silurata a salve a scopo d’intimidazione. Gli americani risposero all’attacco: il motosilurante che sparò a salve venne affondato, gli altri tre vennero seriamente danneggiati, mentre scappavano nel senso opposto, cercando rifugio in acque internazionali.
Per di più, qualora i nord-vietnamiti avessero attaccato veramente, non l’avrebbero fatto per primi: L’esercito americano infatti aveva già incostituzionalmente aperto il fuoco contro i Viet Cong. Ciò che venne riportato all’opinione pubblica come un meschino attacco ingiustificato fu una risposta dell’esercito nord-vietnamita alle diverse operazioni militari che il Maddox aveva già compiuto in Vietnam. Il cacciatorpediniere americano, infatti, era già stato impiegato in due operazioni militari, fornendo supporto agli attacchi sudvietnamiti a Hon Me e Hon Ngu.
La grande menzogna s’ingigantì il 4 agosto alle 22:36, quando venne inscenato il secondo attacco al Maddox. Il cacciatorpediniere americano lanciò immediatamente l’allarme, affermando di aver ricevuto dei chiari segnali radar che fecero presagire ad un nuovo attacco nord-vietnamita proveniente da altre 4 motosiluranti Viet Cong a 36 miglia di distanza dal Maddox. Il comandante dello stormo dei caccia bombardieri che si alzò in volo, il capitano J.B. Stockdale riferì in seguito, in una nota ufficiale, di non essere riuscito ad ottenere le coordinate d’attacco al Maddox e che nemmeno i due caccia-bombardieri Douglas A-4 Skyhawk decollati dalla portaerei U.S.S. Constellation, che rimasero in zona di operazioni fino a mezzanotte inoltrata, trovarono un bersaglio da attaccare. Che il secondo attacco fu bellamente inventato é decisamente più che un sospetto: Nel 2005 una relazione ufficiale della NASA lo confermò.
Il Presidente Jonson, quando si trovò a dover parlare alla nazione, per convincere tutti che la Risoluzione del Congresso fosse cosa giusta, parlò di due attacchi immotivati del nemico e negò subdolamente l’incostituzionale supporto militare del Maddox a Hon Me e Hon Ngu. Un anno dopo, in una conversazione privata intercettata nel suo ufficio, Jonson disse: “Per quanto ne so, la nostra marina stava sparando alle balene laggiù”.
Altro che “meschino attacco comunista” come titolarono i principali giornali d’America. Anche questa volta l’intero popolo degli States é stato abbindolato da una false flag. Un elemento davvero ridondante nella breve storia americana. GUARDA IL VIDEO:

Le macchinazioni americane per creare nuove guerre, con l’avvento della modernità e dei nuovi media, non poterono più rifarsi ad uno scontato attacco navale. Sarebbe stato troppo facile da confutare e davvero difficile da architettare nella nuova era dell’informazione ormai troppo rapida ed efficiente. Servivano nuovi pretesti, false flag più raffinate. Degna di nota fu la propaganda anti-irachena del 1991.

1991. Prima Guerra del Golfo.

Le lacrime di Naiyrah.

La commovente testimonianza di Naiyrah, una giovane kuwaitiana testimone delle atrocità irachene in Kuwait, toccò non solo l’America, ma l’intero mondo. Disse tra le lacrime, con le telecamere di tutto il pianeta puntate in faccia: “Ho visto i soldati iracheni entrare nell’ospedale armati, hanno preso i bimbi dalle incubatrici e li hanno lasciati morire per terra”. L’aggressione, immediatamente catalogata come crimine contro l’umanità, in realtà non avvenne mai. Si scoprì in seguito che la messinscena fu architettata dal rinomatostudio di relazioni pubbliche americano Hill and Knowitown e che Naiyrah, era in realtà la figlia dell’ambasciatore del Kuwait. GUARDA IL VIDEO:

Saddam Hussein, dopo quel grande attacco mediatico, divenne il diavolo agli occhi di qualsiasi cittadino occidentale. Non per le atrocità che commetteva quotidianamente contro i kuwaitiani e il suo stesso popolo, tra l’altro con le armi che gli stessi Stati Uniti gli avevano fornito, ma per una storiella allegramente inventata: Tutta l’America da quel giorno lo voleva morto. L’operazione Desert Storm poteva iniziare.

2003. Seconda Guerra del Golfo.

Le armi di distruzione di massa.

12 anni dopo, nel 2003, La Casa Bianca decise che Saddam Hussein, che si salvò dalle bombe americane del 91, andava definitivamente deposto. Bush convinse l’intero mondo che l’Iraq aveva armi di distruzione di massa e che stesse segretamente aiutando il terrorismo islamico. In pochi mesi Saddam venne sconfitto, ma delle presunte armi chimiche nessuna traccia.
Il reportage di Judith Miller sulle pagine delNew York Times fece da apripista alla propaganda interventista americana in Iraq. L’America si fece convincere che Saddam avesse davvero le armi dalle fonti dubbie e fantasiose di quell’inchiesta e, per l’ennesima volta appoggiò un’ingiusta guerra. GUARDA I VIDEO:

In nome della “correttezza politica” evito di fare riferimenti all’11 settembre o alla guerra in Libia, dato che ad oggi, non si hanno prove concrete di nessuna cospirazione e conseguente propaganda mediatica di copertura. Forse negli ultimi anni gli americani hanno imparato ad essere più sgamati…Anche se, nel caso dei disordini siriani di questi giorni, una nuova false flag é stata ormai definitivamente smascherata: Leggi qui.
A conclusione di questa analisi storica c’è una bella ciliegina sulla torta. Nel 2005 venne scoperto un importante meccanismo che il governo americano utilizzava per le sue macchinazioni propagandistiche mediatiche. La Casa Bianca ammise che fabbricava dei finti video amatoriali o dei finti documenti, fatti spacciare per lavori di giornalisti indipendenti, che venivano poi inoltrati a tutti i principali organi mediatici del paese, spacciandoli per veri. Il Pentagono in questo modo poteva creare ad arte, in qualsiasi zona del pianeta, delle fantomatiche zone di guerra, potendo così scagliarsi a piacimento su questo o quello stato nemico.L’Accuntabily Office dichiarò totalmente illegale questa pratica. La risposta del governo degli States sta nella pubblicazione di un ufficiale documento presidenziale che, in risposta, rendeva da quel momento, e con effetto immediato, pienamente legale la pratica delle cosiddette “fake news”.
Un altra subdola pratica del Pentagono, iniziata nel 2002 e tutt’ora in atto, é quella di mandare dei propri ufficiali della CIA, spesso in pensione, nei principali telegiornali serali e talk show  americani, sotto mentite spoglie, facendoli passare per esimi analisti o autorevolissimi studiosi. Furono loro a confermarono che Saddam avesse armi, che l’Afganistan andava invaso e che Gheddafi era un tiranno. Nel Dicembre 2011 il D.o.D. dichiaròperfettamente legale anche questa pratica, definendola “in linea con la politica e i regolamenti governati degli Stati Uniti”.
Ciò che rimane davvero libero é internet. Blog e social networks sono incontrollati e portatrici della democrazia che gli States amano soffocare. Diciamo più i blog che i Social Networks. Infatti nel febbraio dell’anno scorso, il governo americano ha concluso un contratto con HbGary Federal per sviluppare dei software che creassero diversi account fake gestiti dal governo, per monitorare e condizionare dall’interno il libero pensiero dei giovani cybernauti dei social networks. A Mac Dill, una base militare della Florida, c’è il centro coordinativo del programma. GUARDA IL VIDEO (dal decimo minuto in poi):

Insomma, la storia é piena di macchinazioni e manipolazioni del governo americano sui media e quindi, indirettamente anche sulla libera formazione del pensiero dell’opinione pubblica. Da sempre ci fanno credere ciò che vogliono. ci convincono della giustezza di guerre, crimini e massacri. Oggi però, con l’avvento dell’informazione indipendente del web, abbiamo finalmente un’arma per combattere la disinformazione propagandistica.
Solo un popolo attivo, che indaga su ciò che gli viene detto, é un popolo veramente libero.
FONTI:
il video report di informarexresistere.fr “come i media spingono il mondo alla guerra”, consultabile qui:

http://www.youtube.com/watch?v=ikFlSh7tkm0&feature=youtube_gdata_player

Scritto da Cristina Bassi Ripropongo un vecchio articolo da Raptitude.com perchè ha a che fare con il senso della realtà, che è cosi tanto c...