giovedì 30 luglio 2015

Rebecca, 12 anni: non vuole il telefono cellulare

Fonte http://www.ilcambiamento.it/

Anch"io ho il  cellulare,ma lo accendo pochissimo

Trovatelo, se riuscite, un adolescente che non abbia l’occhio abbassato sul display del cellulare, che oggi sono minimo smartphone quando non iPhone. Difficile vero? Noi ce l’abbiamo fatta. Caso più unico che raro, Rebecca, 12 anni, ha deciso che il cellulare non lo vuole. La ragione la spiega lei, con le sue parole.

di Paolo Ermani - 24 Luglio 2015






In alcuni dei vari corsi di formazione organizzati dall’associazione Paea, di cui faccio parte, ho conosciuto prima l'attivissima mamma Laura e poi Rebecca e suo padre Paolo. Rebecca mi ha colpito per la sua intelligenza, maturità e capacità di fare domande mai banali o scontate. Soprattutto notavo che non aveva per le mani l'immancabile smartphone. Allora le ho chiesto perchè non lo avesse e lei molto semplicemente mi ha detto che non ne aveva bisogno. Le risposte che mi ha dato in merito credo che possano essere, nella loro semplicità e razionalità, di grande aiuto soprattutto per contrastare uno degli enormi problemi della nostra epoca, cioè il "lo fanno tutti" oppure "ce l'hanno tutti". Dietro a queste risposte si giustifica qualsiasi scelta: se tutti fanno qualcosa, dobbiamo farlo anche noi, altrimenti ci sentiamo diversi o a disagio. Forse è il momento di iniziare a ragionare e a dire qualche no, netto e chiaro, chissà che non faccia bene a noi e ai nostri figli.


Dove vivi Rebecca e cosa fai normalmente nella tua vita?


Io e la mia famiglia (mamma, papà , cane e gatti) siamo italiani e viviamo da 6 anni nella Svizzera italiana, per permettere a me di frequentare la scuola steineriana e per il lavoro di mio padre. Abitiamo nel nucleo di un paese di circa mille abitanti, dove non conosco nessuno a parte i miei vicini di casa. Non passo molto tempo con loro perché sono per la maggioranza anziani, a parte una famiglia con un figlio di una ventina d'anni e un'altra famiglia con 3 bambine sotto i 7 anni. Da settembre fino a inizio estate una volta a settimana andavo a lezione di danza contemporanea espressiva: ero la più grande. Da ottobre, un fine settimana al mese, frequento la mia tribù indiana: un ritrovo di un gruppo di bambini e ragazzi con animatori. Svolgiamo attività nella natura, cantiamo attorno al fuoco, mangiamo biologico, facciamo escursioni, laboratori manuali con materiali naturali, partecipiamo a cerimonie sciamaniche. D'estate ci ritroviamo per i campi estivi. Ci vado da anni e ne sono entusiasta. A parte i compiti, nel resto del mio tempo leggo, gioco, disegno, penso, suono l'arpa e a volte scrivo. Leggo moltissimo, mi piace e divoro tantissimi libri in poco tempo.


Come mai hai deciso di non volere il cellulare? Alla tua età praticamente ce lo hanno tutti ed è ormai considerato un oggetto indispensabile.


Ho deciso di non avere il cellulare o simili per la semplice ragione che mi sembrano cose inutili. Dato che per millenni siamo “sopravvissuti” benissimo nonostante questa “gravissima” mancanza. Inoltre, chissà perché, molti minorenni portano gli occhiali.


Quando hai deciso di non volere il cellulare?


Non c'è stato un giorno preciso in cui ho deciso di non volerlo, è stata semplicemente un'idea che piano piano ha preso posto nella mia testa.


Ti senti a disagio perché le tue coetanee, i tuoi coetanei lo hanno e tu no?


Assolutamente no.


Come comunichi con i tuoi amici/amiche?


Quando li guardo in faccia, nel senso quando siamo nello stesso posto, comunico con loro. Al telefono non so neanche cosa dire, ho bisogno di sapere l'umore delle altre persone per poter parlare con loro senza offenderle.


Pensi che sarai tagliata fuori dalla socialità e dalle amicizie senza un cellulare?


No. Comunque non sono l'unica a non volerlo. Ad esempio, ho un'amica che non lo vorrebbe, ma lo ha poiché spesso deve tornare a casa con i mezzi pubblici e le serve per avvisare la madre di eventuali cambiamenti o ritardi.


I tuoi compagni e amici ti discriminano o ti prendono in giro perché non hai il cellulare?


I miei compagni sì, i miei amici no! Alcune delle mie compagne comunque sono mie amiche. I compagni mi discriminavano soprattutto all'inizio dell'anno (ho cambiato scuola), poi hanno smesso perché hanno capito che non serviva a niente.


Come passi le tue giornate oltre alla scuola? Riesci a divertirti e fare cose interessanti anche senza cellulare?


Frequento una scuola steineriana, per cui non ho molti compiti e per raggiungerla faccio un lungo viaggio (circa 40 chilometri). In macchina leggo, penso e guardo il panorama. Mi piace comunque molto restare a casa perché molta gente si ritrova soltanto per giocare col cellulare, per cui non mi interessa.


I tuoi genitori come hanno preso la cosa? Sono d’accordo? Sono ansiosi magari quando sei fuori di casa e non sanno come rintracciarti?


Non me lo avrebbero comunque dato. Anche se ad un certo punto quest'anno a mia mamma è venuta quasi la voglia di darmene uno perché quando ho iniziato a tornare a casa da sola da scuola (circa 1 ora e mezza di viaggio, con tratti a piedi e cambi bus/treno) aveva paura che sbagliassi treno o che ci fosse qualche imprevisto. Comunque sì, i miei genitori sono d'accordo con la mia scelta. Anche mio papà non lo vorrebbe anche se mia mamma ha insistito per farglielo avere per le emergenze. Ne ha uno semplice con la tastiera con cui può fare telefonate e spedire messaggi, ne avrebbero dato uno anche a me così, usato (non usano cellulari nuovi, solo di seconda mano). Non rispondo neanche al cellulare di mia mamma perché non so come usarlo e sinceramente non ci tengo neanche a imparare (anche se la mamma ci terrebbe, per le emergenze).


Cosa pensi dei genitori che comprano il cellulare ai propri figli perché “ce l’hanno tutti” e quindi hanno paura che si sentirebbero esclusi?


Il mio unico pensiero è: poveretti!


Sai qualcosa della nocività dei cellulari sulla salute delle persone e dei più giovani in particolare?


Non proprio, però per esempio un giorno mia mamma ha risposto al cellulare , stavamo andando in auto e ovviamente s'è fermata per questo, e quando ha risposto ho sentito male alla testa dalla parte opposta dalla quale lei aveva il cellulare, fino a che non l'ha rimesso giù. Inoltre quando lo guardo mi dà molto fastidio, soprattutto alle tempie, e devo stare lontana. E comunque so che fanno male.


Da persona senza cellulare cosa ti sentiresti di dire a chi ne è ormai totalmente dipendente?


Vorrei convincere queste persone che è una cosa inutile che fa male e basta. Quello che vorrei dire è: «Metti giù quella roba che ti fa male. Buttala via!».


Però mi limito magari a dire: «Ma lo sai che il cellulare non fa molto bene , vero? Ci sono altri mezzi per divertirsi e comunicare con la gente, per esempio potremmo metterci a giocare insieme, cosa ne dici?».Ma la gente non vuole smettere tanto facilmente di usare questo “magnifico” oggetto...

Uno dovrebbe semplicemente prendersi per niente" (Jean Klein)

Continuiamo a leggere qualche brano tratto da La naturalezza dell'essere di Jean Klein:
"L'agitazione subentra quando cerchiamo qualcosa. [...] Non c'è nulla da trovare. [...] Non cerchi di essere il testimone di ciò che è percepito. Lei è già tutto questo. Si liberi dal «cercare» di esserlo.
[...] Il corpo è soltanto energia. Quando vi è tensione, allora si manifesta una reazione, l'energia diviene statica e si forma una difesa. La consapevolezza dissolve questa fissazione.
[...] Il primo passo è diventare consapevoli di se stessi nella vita quotidiana. Si familiarizzi con il vedere e con il vivere senza qualificare, senza mettere etichette su ciò che è visto. Una volta che si dilegua il riflesso di interferire su ciò che è osservato, e che la percezione non è più diretta o limitata, essa diviene viva, priva di limiti, multi-dimensionale. In quest'apertura non vi è identità personale, non vi è un'immagine di qualcuno, soltanto totale libertà.
[...] Sia l'esploratore del suo corpo, delle sue sensazioni e dei suoi desideri, dei suoi stati d'animo e dei suoi stati psichici. Lasci tutte le idee che ha di se stesso. Viva senza conoscere nulla, come un esploratore [...].
In questa esplorazione lei si accorgerà che non osserva realmente, che proietta le sue paure e i suoi desideri e li sovrappone al mondo. Perciò tutto quello che vede è il suo condizionamento, non il mondo come realmente esso è. La consapevolezza, la comprensione di come lei funziona davvero [...] costituisce in se stessa una trasformazione. Se cerca di fare un qualsiasi sforzo volontario, tutto quello che fa è spostare un poco intorno l'energia e rendere le cose momentaneamente più confortevoli per lei. Nell'attitudine dell'apertura e dell'esplorazione diviene automaticamente silenzioso.
[...]
Quando lei si prende per un uomo, questo è un concetto. Lei ha un'idea di quello che un uomo dovrebbe essere, e vi si conforma. Il pieno fiorire dell'uomo è possibile solo quando la mente è completamente libera da ogni rappresentazione. [...] Ogni rappresentazione è una riduzione. Uno dovrebbe semplicemente prendersi per niente. Quando lei si prende per qualcosa, si trova in uno stato di insicurezza costante perché è isolato dal tutto. La persona è sempre alla ricerca di una sicurezza che non può mai trovare. [...] Veda sul momento, sul campo, che si prende per un'immagine. Rendersene conto determina una rivoluzione, un arresto di tutte le energie disperse in schemi e proiezioni. Nello spazio dell'arresto sente che cosa fondamentalmente è.
[...] La forza traente che la conduce a considerarsi un'entità individuale è la paura.
[...] Quando dico «vivete la domanda», a quale domanda mi riferisco? Non è una domanda che emerga dalla lettura di libri, da quello che avete sentito [...]. Le domande che nascono da ciò che si è udito servono a soddisfare la mente. [...] Siate attenti a ciò che appare [...]. Quando ponete delle domande mentali, in realtà siete sordi a voi stessi. Non potete essere contemporaneamente nella mente - nel concetto - e nella percezione. Perciò restate aperti alla percezione. Lasciate andare tutto ciò che ha a che fare con il meccanismo della conversazione e troverete voi stessi nel vivere la domanda. Questa apertura vi condurrà alla risposta vivente" (pp. 109-135)

lunedì 27 luglio 2015

Tempo di vacanze o di autodistruzione di massa?

Fonte http://www.ilcambiamento.it/

 CERTE COSE LE HO CAPITE TARDI,MA LE HO CAPITE

Tempo di vacanze. Mentre le campagne ingialliscono e i fiumi si asciugano per il calore di un luglio da riscaldamento globale, gli aerei si incrociano sopra le nostre teste, tre vengono e quattro vanno; le coste si affollano, le strade si intasano, le montagne si popolano come formicai.

di Sonia Savioli - 16 Luglio 2015






Le città non si svuotano più, ci sarebbero comunque i turisti stranieri a rimpiazzare gli indigeni. Perché, è ormai evidente, solo gli sfigati fanno le vacanze nella propria nazione. Gli australiani vengono inToscana, i toscani vanno in Australia. O in Giapponeper una vacanza radioattiva, o negli USA o in Africa o inBrasile con una capatina magari in Argentina. Più vai lontano da casa tua e più ti senti “arrivato”. Dove? Tra i fortunati che “possono”. Tra quelli che nonracconteranno, perché nella maggior parte dei casi non avranno visto né capito  nulla del paese dove sono andati e, se racconteranno, diranno stupidaggini presuntuose, supponendo di aver capito tutto in quindici giorni o anche solo una settimana da turisti, tra paccottiglia e foto col cellulare. Ma comunque potranno dire di essere stati “laggiù”.





Laggiù, dove gli altri non vanno ma cercheranno di andare l’anno prossimo.





Intanto le multinazionali mondiali, rimpinguate anche dai soldi dei tanti “turisti”, perforano i mari e frantumano le rocce alla ricerca del petrolio che farà viaggiare aerei e navi da crociera, produrrà cellulari e paccottiglia per turisti.





Per inciso: turista deriva da “tour”, la parola francese che vuol dire “giro”. Quindi, e mi sembra appropriato, “turista” è colui che gira. Magari su sé stesso, come i poveri topolini in gabbia corrono su quelle ruote che dovrebbero servire a farli sentire meno in gabbia.





Il pianeta è ormai diventato una gabbia, anche per colpa dei folli “giratori” che trasformano le vacanze in un’occasione di consumo sfrenato e competizione,contribuendo a trasformare mezzo mondo in un villaggio turistico.





Le vacanze del conumismo-competizione, che ci vengono reclamizzate ogni giorno come appetibili e di massa, ma che riguardano solo la parte ricca del pianeta, sono ormai dei “mezzi di distruzione di massa”, che allegramente contribuiscono alla devastazione planetaria e all’impoverimento e degrado delle popolazioni di contadini, pastori, piccoli pescatori del terzo mondo.





Per irrigare i prati smeraldini dei campi da golf si esauriscono le falde di paesi aridi, dove l’acqua





viene centellinata dalla popolazione come risorsa scarsa e tanto più preziosa.





Goa, in India, l’acqua usata e sprecata negli hotel sta mancando per gli abitanti, che certamente non la sprecavano.





Nella riserva Shaba del Kenia l’acqua di una sorgente, che abbeverava le greggi dei pastori Samburu, che di quelle greggi vivevano dalla notte dei tempi, è stata deviata per riempire la piscina dell’hotel Sarova Shaba.





Perché noi occidentali amiamo andare in Africa, dove non piove per intere stagioni, ma non amiamo rinunciare alla doccia più che quotidiana e nemmeno alla piscina.





In Nepal il disboscamento procede a sempre più lunghe falcate da quando i turisti occidentali hanno deciso che anche le “aride pietraie” ad altezze vertiginose vanno “conquistate”. Si disbosca per fornire di energia elettrica gli alberghi e per costruire alloggi per i turisti.





In Indonesia, in Thailandia, nei Caraibi, nel Mar Rosso alberghi e villaggi turistici buttano in mare le loro fogne distruggendo intere specie acquatiche e barriere coralline.





Poi ci sono le crociere. Già l’esistenza delle navi da crociera, con quello che la loro costruzione e la loro navigazione comporta di energia sprecata e mastodontico inquinamento di ogni tipo è un insulto alla vita e alla terra, sarebbe criminale se la legge fosse anche giustizia.





Ma non lo è. Nelle isole caraibiche, per esempio, alle navi da crociera è permesso buttare tutti i loro rifiuti in mare non appena sono a soli cinque chilometri dalle coste.





Ma, per amor di verità, bisogna dire che ovunque negli oceani le suddette navi, a dodici chilometri dalla costa buttano tutto in acqua. Tranne qualcosa che tengono da parte per quando arrivano in porto, dove devono pagare un tanto a peso per scaricare i rifiuti ma gli tocca farlo: così tutti salvano la faccia, compagnie navali e autorità.





Quello che non si salva è l’oceano, fonte di tutta la vita su questo scarcassato pianeta.





E bisogna sapere che una nave da crociera con tremila passeggeri scarica in acqua mediamente 6000 litri (seimila litri) di liquami (acque luride) al giorno, e circa 30.000 litri al giorno di acque inquinate da detersivi e detergenti.





Davvero una bella vacanza!










Uno di quei grandi aerei di linea che trasportano tre, quattrocento passeggeri, ma solo quando sono belli pieni, consuma da 7.500 a 15.500 litri di carburante all’ora. Questo secondo le compagnie aeree e non so se dobbiamo fidarci di quello che dicono.





Sta di fatto che, anche stando a quello che dicono, l’aereo è il mezzo di trasporto più follemente costoso che esista.





Non ci costa i soldi del biglietto, perché quelli non li paga il passeggero ma lo Stato: le compagnie aeree sono sovvenzionate in molti modi, perché così facendo si sovvenzionano molte altre “compagnie”, in primis quelle petrolifere.





In sintesi: i soldi del biglietto li paghiamo tutti, anche quelli che l’aereo non lo prendono. Li paghiamo con meno pulmini scolastici, meno insegnanti di sostegno, meno presidi sanitari sul territorio, meno spazzini, meno case popolari e più IVA.





Ma non paghiamo solo coi soldi, purtroppo, paghiamo con quel che ci resta da vivere come pianeta.





La vacanza, per essere vacanza, dovrebbe essere una vita diversa. Non “lontana”, non necessariamente costosa. Non consumismo e competizione. Una vita diversa, in un diverso ambiente, con abitudini diverse, un ritmo pacifico, senza doveri o impegni imposti.





Le vacanze industrial-consumistiche hanno distrutto migliaia di luoghi in Italia e nel mondo, luoghi dove andavamo da bambini e dove abbiamo passato le vacanze più belle della nostra vita, luoghi dove altri vivevano immersi nella bellezza. Quei luoghi non ci sono più. Dove le scogliere sorgevano da un mare limpido, i prati di montagna e le foreste si stendevano a perdita d’occhio oggi ci sono case alberghi autostrade porti turistici aereoporti immondizia. Abbiamo portato lo stesso sfacelo qua e là per il mondo, inseguendo la moda, la pubblicità, la voglia di non essere da meno.





I nostri figli e i nostri nipoti quei luoghi li hanno persi per sempre





Ma ci sono ancora migliaia di luoghi, persino nella povera Italia, dove potrebbero ancora fare le vacanze più belle della loro vita. Dipende anche dalle nostre scelte “vacanziere” che quei luoghi si conservino.





Il viaggio e la vacanza sono cose semplici, in cui ognuno deve trovare la propria misura. Ma la misura ci deve essere e va evitato tutto ciò che è smisurato. Tutto ciò che “consuma” e distrugge i luoghi, l’ambiente, le terre e le acque.





Si può viaggiare solo cambiando i propri orizzonti ma per cambiare i propri orizzonti può bastare la campagna per un cittadino; può bastare il paesino dove abita vostra zia o quello che vedete sempre da treno pendolare e che vi affascina ma non vi ci siete mai fermati. Può bastare decidere di non accendere la televisione per una settimana e giocare invece la sera a scopone scientifico o a battaglia navale. O a moscacieca nei giardini del condominio.


Quel che è sicuro è che non c’è vacanza in un consumo imposto dalla pubblicità. Quel che è sicuro è che l’eccesso, la fretta, la competizione stanno alla vacanza come l’avarizia sta alla sobrietà. E, come l’avarizia, ci lasceranno sempre insoddisfatti.

venerdì 17 luglio 2015

OSTELLINO: L’UE È UNA TRUFFA, MA L’ITALIA NON OSA DENUNCIARLA

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Quando i capi di Stato di Germania e di Francia avevano reagito alle argomentazioni europee diBerlusconi
, allora capo del governo, con sorrisetti ironici, qualcuno aveva attribuito l’episodio all’inadeguatezza personale del Cavaliere. «Ma Berlusconi era stato solo il pretesto che Germania e Francia avevano colto per dimostrare che l’Italia contava come il due di picche e che senza di loro non c’era trippa per i gatti», sostiene Piero Ostellino. «Ora, con Renzi, in occasione delle consultazioni con i greci, la situazione si è ripetuta. Niente sorrisini, ma il nostro capo del governo è stato semplicemente escluso dalle consultazioni di Germania , Francia e Commissione europea con la Grecia». Come era stato con Berlusconi, liquidato alla svelta, Renzi non ha partecipato alle consultazioni con i greci «perché l’Italia, per dirla con un’antica e cruda definizione, continua a essere solo una trascurabile entità geografica». Berlino e Parigi? «Mal sopportavano la pretesa di Berlusconi di recitare un ruolo pari al loro e la stessa cosa si ripete oggi con Renzi». La verità: «L’Italia è un concorrente scomodo, soprattutto può esserlo se le si dà corda sul piano industriale e commerciale».
Germania e Francia si guardano bene dal “dare corda” all’Italia, scrive Ostellino sul “Giornale”. E quando Berlusconi tentò di alzare la testa, «fu fatto fuori con una congiura a metà finanziaria e a metà interna con la complicità dell’opposizione di sinistra – lo spread fatto salire a livelli vertiginosi, la minaccia di fallimento dell’Italia e la crisi di governo manovrata dal presidente della Repubblica Napolitano». Renzi, «più furbo del Cavaliere», evita di sfidare i “partner” dominanti, Germania e dalla Francia, «mettendosi al loro seguito». Servirebbero riforme per migliorare davvero il sistema, non certo quelle “suggerite” da Bruxelles: «Per avere crescita economica e forza politica, l’Italia non avrebbe dovuto, non dovrebbe, seguire le direttive europee, che sono fatte apposta per favorire la Germania e la Francia, ma provvedere alle riforme autonomamente, come cercano di fare ora i greci. Ciò che il linguaggio giornalistico chiama austerità, in realtà, è una politica europea che, deprimendo gli eventuali concorrenti, faccia gli interessi della Germania (soprattutto) e della Francia (in misura minore, ma ugualmente rilevante)».
L’Unione Europea, ammette Ostellino, non è certo un organismo paritario: «Gli Stati membri non contano tutti allo stesso modo; c’è qualcuno, per dirla con Orwell, più uguale degli altri», vale a dire Germania e Francia. «L’Ue è una forma di associazione che serve gli interessi tedeschi e francesi, le sole due grandi potenze europee in grado di imporli grazie alle proprie condizioni economiche interne e, di conseguenza, a tutti gli altri paesi, Italia compresa».
Finora, la politica di austerità ha fatto gli interessi soprattutto della Germania, e della Francia in misura minore. «Il merito del governo greco è stato di avere reagito a tale imposizione indicendo il referendum proprio sulle richieste dell’Ue e che si è risolto con un voto che rifiuta di adottare tali misure». Ma se l’Unione Europea «è una truffa», l’altro problema è che «gli italiani, si tratti di Berlusconi o di Renzi, non sono stati in grado di denunciarla», preferendo accodarsi, «un po’ per incultura e conformismo, molto per convenienza».
La grande crisi? Poteva e doveva essere «l’occasione per chiedere una revisione dei trattati». Ma nulla di tutto ciò, ovviamente, è mai stato in agenda.
Quando i capi di Stato di Germania e di Francia avevano reagito alle argomentazioni europee di Berlusconi, allora capo del governo, con sorrisetti ironici, qualcuno aveva attribuito l’episodio all’inadeguatezza personale del Cavaliere. «Ma Berlusconi era stato solo il pretesto che Germania e Francia avevano colto per dimostrare che l’Italia contava come il due di picche e che senza di loro non c’era trippa per i gatti», sostiene Piero Ostellino. «Ora, con Renzi, in occasione delle consultazioni con i greci, la situazione si è ripetuta. Niente sorrisini, ma il nostro capo del governo è stato semplicemente escluso dalle consultazioni di Germania, Francia e Commissione europea con la Grecia». Come era stato con Berlusconi, liquidato alla svelta, Renzi non ha partecipato alle consultazioni con i greci «perché l’Italia, per dirla con un’antica e cruda definizione, continua a essere solo una trascurabile entità geografica». Berlino e Parigi? «Mal sopportavano la pretesa di Berlusconi di recitare un ruolo pari al loro e la stessa cosa si ripete oggi con Renzi». La verità: «L’Italia è un concorrente scomodo, soprattutto può esserlo se le si dà corda sul piano industriale e commerciale».
Germania e Francia si guardano bene dal “dare corda” all’Italia, scrive Ostellino sul “Giornale”. E quando Berlusconi tentò di alzare la testa, «fu fatto fuori con una congiura a metà finanziaria e a metà interna con la complicità dell’opposizione di sinistra – lo spread fatto salire a livelli vertiginosi, la minaccia di fallimento dell’Italia e la crisi di governo manovrata dal presidente della Repubblica Napolitano». Renzi, «più furbo del Cavaliere», evita di sfidare i “partner” dominanti, Germania e dalla Francia, «mettendosi al loro seguito». Servirebbero riforme per migliorare davvero il sistema, non certo quelle “suggerite” da Bruxelles: «Per avere crescita economica e forza politica, l’Italia non avrebbe dovuto, non dovrebbe, seguire le direttive europee, che sono fatte apposta per favorire la Germania e la Francia, ma provvedere alle riforme autonomamente, come cercano di fare ora i greci. Ciò che il linguaggio giornalistico chiama austerità, in realtà, è una politica europea che, deprimendo gli eventuali concorrenti, faccia gli interessi della Germania (soprattutto) e della Francia (in misura minore, ma ugualmente rilevante)».
L’Unione Europea, ammette Ostellino, non è certo un organismo paritario: «Gli Stati membri non contano tutti allo stesso modo; c’è qualcuno, per dirla con Orwell, più uguale degli altri», vale a dire Germania e Francia. «L’Ue è una forma di associazione che serve gli interessi tedeschi e francesi, le sole due grandi potenze europee in grado di imporli grazie alle proprie condizioni economiche interne e, di conseguenza, a tutti gli altri paesi, Italia compresa». Finora, la politica di austerità ha fatto gli interessi soprattutto della Germania, e della Francia in misura minore. «Il merito del governo greco è stato di avere reagito a tale imposizione indicendo il referendum proprio sulle richieste dell’Ue e che si è risolto con un voto che rifiuta di adottare tali misure». Ma se l’Unione Europea «è una truffa», l’altro problema è che «gli italiani, si tratti di Berlusconi o di Renzi, non sono stati in grado di denunciarla», preferendo accodarsi, «un po’ per incultura e conformismo, molto per convenienza». La grande crisi? Poteva e doveva essere «l’occasione per chiedere una revisione dei trattati». Ma nulla di tutto ciò, ovviamente, è mai stato in agenda.

lunedì 13 luglio 2015

Segnatevi i nomi di chi oggi difende quel cretino di Tsipras

Il senso dell’operato della Commissione, che ha respinto la proposta di accordo dei greci (coincidente per il 95% con quella avanzata dalla stessa commissione tre settimane fa) è molto chiaro: farla pagare a Tsipras per il referendum. Le richieste di addolcimento avanzate da Atene erano ridicolaggini già al di sotto della decenza: rinviare l’aumento dell’Iva per le isole ad ottobre, in modo da salvare la stagione in atto, chiedere una dilazione delle prossime rate di pagamento, riservarsi di dettagliare i beni da privatizzare ad un secondo momento. E la speranza di ottenere un taglio del debito. La risposta è stata: non se ne parla nemmeno. E’ evidente il carattere tutto politico del No della Commissione e la sua valenza punitiva. Il referendum è stato uno sgarbo inaccettabile: Tsipras ha fatto passare il precedente di una consultazione popolare su un terreno che deve restare di stretta pertinenza delle tecnocrazie finanziarie dell’Unione. Dunque, possiamo dire che Tsipras “cade in piedi” uscendone da “vincitore morale”? Neanche per sogno: la sua è stata una mossa tardiva e mal congegnata: non si lancia una sfida di quel peso se poi non si è sicuri di difendere il risultato.
Se fai un referendum, e di quel tipo, dopo devi difenderne l’esito sino all’ultima goccia di sangue. Mentre, già con la sua proposta di accordo, Tsipras ha perso la faccia: se dopo che il No vince con quelle percentuali, offri una intesa al 95% Tsipras e Merkelcoincidente con la proposta bocciata, sei un pagliaccio ed è lecito chiedersi cosa avresti proposto se avessero vinto i Sì. Dunque, Tsipras aveva già perso, ma questo No della commissione, fa tracollare definitivamente Syriza. Questa non è una proposta di accordo, è un diktat: “niente promesse, le riforme le devi fare e in sette giorni, seguiranno altre richieste e non sappiamo nemmeno se così va bene perché di te non ci fidiamo”. Questo è quello che Tsipras si è sentito dire ed ora gli scenari che si aprono sono questi due: o si piega totalmente ai voleri berlinesi ed offre obbedienza pronta, rispettosa e leale anche per il futuro, o niente aiuti se non quelli umanitari e finisce fuori dell’euro in men che non si  dica.
Se sceglie la prima cosa Siryza si spacca, la piazza insorge, si va a nuove elezioni e lui non prende nemmeno il 15% dei voti. Se sceglie la seconda le banche non possono dare neppure 10euro, lo Stato non può più pagare stipendi e pensioni e il paese è alla fame. E, a questo punto, non è nemmeno sicuro di trovare ancora la disponibilità di russi e cinesi a soccorrerlo, perché di uno così non si fida più nessuno. Ormai è diventato “a Dio spiacente e a li nimici sui”. Ha solo una mossa possibile da fare: dimettersi, passare la mano ad un presidente del consiglio più benaccetto nel salotto della Commissione (che, naturalmente farà tutto quel che gli si ordina). Si può solo sperare che, se l’interlocutore non è più il vituperato Alexis, non si senta dire “Di te non ci fidiamo” e, magari, ottenga qualche piccolo sconto. Ovviamente, anche in questo caso Siryza è finita.
C’è chi dice che Alexis sia stato un ingenuo perché non si aspettava la mossa di bloccare i rifornimenti allebanche, paralizzando la vita quotidiana del greci. Uno che non si aspetta una mossa del genere non è un ingenuo, è un cretino. La verità è molto più semplice: Tsipras è un piccolo opportunista con niente in testa, che prova mossa per mossa ad ottenere qualcosa. Lui non ha nessun progetto per il suo paese, non sa dove mettere le mani, “campa” alla giornata  e ha condotto le trattative  senza nessun disegno. L’errore iniziale, da cui è disceso tutto il resto, è stato il non avere un piano di rilancio dell’economia del suo paese, un piano che non poteva non comportare l’uscita dall’euro, che è un lusso che un paese come la Tsipras con Pablo Iglesisas, leadare di PodemosGrecia non si può permettere. Lui ha illuso l’elettorato promettendo di restare nell’euro e finirla con l’austerità e che questo sarebbe bastato a far rifiorire l’economiagreca.
Dimenticando (o non sapendo) che: a- lui poteva decidere di uscire dall’euro ma non di restarci, perché questo dipendeva dalla volontà degli altri di tenercelo; b- che l’euro non è separabile dalle politiche di austerity per i paesi indebitati; c- che anche ottenendo, per qualche miracolo speciale, permanenza nell’euro e fine delle politiche di austerity, resterebbe comunque il problema di reimpiantare un tessuto di imprese che risollevi l’economianazionale esportando, e questo non lo fai con una moneta come l’euro. Pertanto, avere come caposaldo indiscutibile la permanenza nella moneta unica, la partita era già compromessa dall’inizio e la politica di tracheggiamento di questi mesi ha solo peggiorato la condizione di Atene. Per cui, se da un punto di vista tattico Tsipras non vale niente, in compenso, strategicamente è uno zero assoluto. Ed è anche un disonesto: Giannuliuna persona onesta non promette quel che non è certo di poter mantenere. Può dire al massimo “ci proverò”, ma non può promettere per certo.
Uno che dice una cosa del genere o è un incompetente assoluto o è un truffatore, e truffare l’elettorato è l’azione più spregevole che un uomo politico possa fare, peggiore anche del prender tangenti. E mi pare che della stessa pasta siano tutti i neo-socialdemocratici (compresa la nuova stella del firmamento: Podemos) che promettono l’euro e la fine dell’austerità. Come dire: la botte piena, la moglie ubriaca e l’amante della moglie che paga il conto. Ragazzi: ogni tanto studiate qualcosa. Un’ultima considerazione: chi oggi difende Tsipras, sostenendo che si è comportato al meglio, ci sta dicendo che, al suo posto, avrebbe fatto lo stesso e, nel caso si trovasse al governo in Italia, farà lo stesso. Matita e taccuino, segnare i nomi e ricordarsene il giorno delle elezioni politiche. Io me ne ricorderò e, a suo tempo, ripubblicherò quei nomi.
(Aldo Giannuli. “Tsipras: tutto è perduto, anche l’onore”, dal blog di Giannuli dell’11 luglio 2015)

domenica 12 luglio 2015

IL VERO PIANO B DI SCHAUBLE: FUORI TUTTI I PIIGS


EuropaWolfgang+Schaeuble
DI MAURIZIO BLONDET
maurizioblondet.it
Aggiornamento -
Messo con le spalle al muro dalle rivelazioni di Blanchard e Varoufakis, Schauble ha scelto la prova di forza: fuori la Grecia dall’euro per cinque anni, ha proposto (con che moneta sopravviverà?),  durante i quali la Grecia si ristrutturerà il debito da sé con la vendita di attivi per 50 miliardi ad una fiduuciaria, mentre Berlino fornirà aiuto umanitario.


E’ un diktat assurdo, demenziale, non previsto dalle regole di Maastricht che Berlino ingiunge a tutti noi di rispettare come il Vangelo. Però questa non è più la fase in cui vige il diritto; è la forza a dettare la sua legge. Bisognerà vedere quanti nell’Eurogruppo si accoderanno, magari passivamente, a questa riscrittura delle regole. Con Schauble, ossia per cacciare la Grecia, si sono  subito schierate – udite udite – Finlandia, Estonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia ed Olanda. La Troika, ovviamente, ha detto che il programma di riforme presentato da Tsipras (ed elaborato dai francesi) “Non è sufficiente”: il solito gioco al rialzo.
Con questo, Berlino dichiara: sull’Unione, comando io. E voi obbedite. E’ difficile a caldo vedere tutte le conseguenze. Fra le prime, sembra di riconoscere il fatto che Berlino non ascolta più i “consigli” di Washington, né del FMI.
La seconda, sembra la decisione di spaccare la zona euro, col riconoscimento della sua insostenibilit, e l’accettazione delle responsabilità politiche che ne derivano. Il piano Schauble può essere l’attuazione del progetto di Otmar Issing, ex di Goldman Sachs, nonché capo economista della BCE: nel 2012 costui ha scritto un libro per propugnare la cacciata dall’euro non solo della Grecia, ma  anche di Portogallo, Italia, Irlanda e Spagna. Insomma tutti i Piigs. E naturalmente, mettere paura alla Francia.
schauble issing
In questa foto i protagonisti: Wolfgang Schauble, il ministro delle finanze, ferocemente anti-Mosca, sostenitore della guerra in Irak (filo-americano, fino a ieri). Poi Angela Merkel, la ex responsabile della propaganda nella Repubblica Democratica, pugnalatrice alla schiena di Kohl per prenderli la poltrona, sottto costante ascolto della Cia. Infine a destra, Otmar Issing, quello del progetto di espulsione di tutti i cinque Piigs dall’euro.
(Poco decifrabile il silenzio della Markel in queste ore cruciali).
Consiglierei di ritirare dalle banche quanti più depositi possibile, da lunedì…anzi meglio dal bancomat, al più presto. 
Jacques Sapir, l’economista che caldeggia l’uscita dall’euro della Grecia (e della Francia),  commenta a caldo
sapir16———————
Allacciare le cinture
Dietro il Grexit la guerra franco-prussiana
“Schauble vuole il Grexit per mettere il timor di Dio nei francesi e far accettare loro il suo modello di eurozona disciplinare” : così Yanis Varoufakis in un suo fondo sul Guardian, peraltro interessantissima in altri punti
http://www.theguardian.com/commentisfree/2015/jul/10/germany-greek-pain-debt-relief-grexit
Un’affermazione “stunning” per Zero Hedge, che non si fa’ scrupolo di esercitarsi  anch’esso nella derisione del personaggio (dà proprio sui nervi, questo Varoufakis). Probabilmente per la scarsa conoscenza della lingua, non sa che la stessa cosa ha appena detto 0livier Blanchard: nientemeno che l’econonomista capo del Fondo Monetario Internazionale. Docente di economia al MIT, Blanchard è noto per aver ammesso, nel 2013,   che il FMI si è sbagliato a prescrivere le ricette di austerità come volute da Berlino: la restrizione fiscale di 1 euro ha prodotto una recessione di 1,5, anzichè come previsto dai modelli (sbagliati) dello 0,5. Aggravando la depressione dei paesi del Sud Europa.
Adesso anche Blanchard si dimette (danno sui nervi, questi veritieri), lascerà l’incarico a settembre, e ne approfitta nel suo blog-FMI per lasciare “qualche riflessione”. Ce ne sono molte interessanti.
http://www.imf.org/external/french/np/blog/2015/070915f.htm
Ma riportiamo subito questa:
“Forte della mia esperienza di mesi di trattative, è mia convinzione che il ministro tedesco delle Finanze ha voluto far uscire la Grecia dalla moneta unica allo scopo di spaventare i francesi onde far accettar loro il suo modello di eurozona disciplinare”.
Parbleu. Non solo l’autorevolissimo del FMI dà ragione al risibile Varoufakis, ma lo fa’ usando le stesse parole.
Il fatto è  che devono aver   ascoltato la stessa intercettazione, o letto lo stesso rapporto di intelligence: della NSA? del FSB? Della DGSE?  La storia dirà…
Ora si capisce perché i migliori esperti di Parigi, mandati da Hollande, hanno preso sotto la loro protezione il giovane Tsipras e stilato con lui – che scriveva sotto dettatura – il piano di “riforme” che tutti i media chiamano una capitolazione del greco. Schauble e i suoi satelliti  hanno preteso “un piano credibile” di riduzione delle spese pubbliche ed aumenti delle tasse, ossia accettabile dall’Eurogruppo, altrimenti…Altrimenti cosa? Eccolo, il piano. “E’ serio e credibile”, ha già detto Hollande, e ti credo: l’hanno scritto i suoi uomini migliori, dell’ENA,   i più versati nella neolingua europoide.
Adesso la palla sta nel campo della Merkel. La quale dovrà convincere il Bundestag che il piano è – ahimé – credibile, e dunque bisogna accettarlo.   E cominciare a sborsare i 50 miliardi  almeno per l’ulteriore “salvataggio” alla Grecia, o discutere della ristrutturazione del debito. Personalmente, non credo che il Bundestag, gonfio di rabbia del suo elettorato, accetterà;   in ogni caso, la rabbia dei tedeschi per dover aporire ancora il borsellino, la responsabilità politica (e di aver mentito ai suoi elettori) ricade su Angela.
La donnetta che comanda la UE dovrà piegare la schiena? La NSA veglia su di lei perché ingoi il rospo. Preparatogli, non dimentichiamo, dall’amico Hollande, il suo grande alleato eccetera eccetera; in risposta alla volontà di Schauble di “insegnare il timor di Dio ai francesi”: Gott Mit Uns. Sicchè ecco uno dei magnifici risultati della Unione a guida prussiana:   non solo è riuscita a far sì che i suoi popoli si detestino più che mai, ma ha persino riaperto la frattura storica che De Gaulle ed Adenauer avevano per sempre creduto di sanare.
Dalle ultime notizie, Schauble ha avuto un accesso di furor teutonicus: “La ristrutturazione del debito è impossibile! Tutti sanno che dei greci non ci si può fidare! Non pagano i conti!”, palesemente con la bava alla bocca. Il ministro estone, il viceministro olandese: “No! No Non vale! “.
Saranno giornate interessanti, le prossime, a Berlino e a Francoforte.
Era chiaro a Parigi che la Germania   voleva brutalizzare la Grecia, ridurre i greci al mettersi in fila alle mense dei poveri, rovinarli accuratamente, per dare una lezione a loro. Per spaventarli, dicono Varoufakis e Blanchard. Perché proprio la Francia e non l’Italia, la cui uscita sarebbe davvero una bomba per la Germania? Ma è ovvio: l’Italia è sottomessa, anche se qui si è schierata con Hollande, tutte le sue oligarchie vogliono l’euro, e gli oppositori sono poco significanti (Salvini) o comici (Beppe). In Francia, invece, c’è “Madame Frexit”: Marine Le Pen. Che apertamente vuole che la Francia esca dall’euro, anzi (parole sue) “uno smantellamento ordinato della moneta comune, con Francia e Germania che si siedono a un tavolo per scioglierla”. Ora, la Le Pen prende i voti dei francesi. Evidentemente i tedeschi hanno ragione di temere che – nonostante tutti i trucchi messi in atto da 40 anni per sbarrare  la via al Front National, Madame possa davvero arrivare all’Eliseo. Ed attuare il programma. Quindi, facciamo paura ai francesi facendo vedere come finiscono i greci che hanno sfidato la concezione disciplinare dell’eurozona.
Nel frattempo, il governo di Atene potrebbe denunciare Goldman Sachs per i costosi trucchi che consigliò al governo precedente onde farso entrare nell’euro; anzi dovrebbe, secondo un “importante consulente”, ex   alto banchiere di Goldman Sachs,  che adesso ha messo la sua esperienza a disposizione di paesi indebitati e vittime dell’ingegneria creativa con cui Goldman li ha convinti a mutare i loro debiti in qualcos’altro, nascosto sotto derivati e swaps.   Si valuta che Goldman, per il servizio, abbia ottenuto dai greci 500 milioni di dollari; la banchiera che impapocchiò l’affare, la greca  (ma laureata ad Oxford) Antigone Loudiadis, avrebbe intascato quell’anno un 12 milioni di dollari.
Il personaggio che vuole farsi dare il mandato per trascinare Goldman in tribunale si chiama Jaber George Jabbour,  faceva per Goldman il “progettatore di derivati”,  e adesso ha fondato la Ethos Capital Advisor. Ha già aiutato il Portogallo a recuperare qualcosa delle cifre spese “ingenue” trasnsazioni a cui era stato convinto da importanti banche d’affari di Londra. Ne nacque un’inchiesta parlamentare iun cui vari politici portoghesi lasciarono le penne. Speriamo.
Maurizio Blondet
Fonte: www.maurizioblondet.it

giovedì 9 luglio 2015

Non sono mai andato a scuola” l’esperienza di André Stern

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Vi presentiamo alcune domande che sono state fatte ad André Stern durante una serata che si è tenuta a Bergamo in occasione della pubblicazione del suo libro in lingua francese. “E…non sono mai andato a scuola” è l’edizione italiana pubblicata dalla casa editrice Nutrimenti nel Maggio 2014.
GIG054André Stern è figlio dell’educatore e ricercatore Arno Stern, è cresciuto seguendo gli innovativi metodi diapprendimento creativo teorizzati dal padre. Sposato e padre di un bambino, è musicista, compositore, liutaio, relatore di conferenze, giornalista e autore. È stato nominato direttore dell’iniziativa “Männer für morgen” (Uomini per domani) dal professor Gerald Hüther, ricercatore di neurobiologia avanzata. È promotore del movimento “ecologia dell’educazione” e direttore dell’istituto Arno Stern (laboratorio di osservazione e preservazione delle inclinazioni naturali del bambino).
Per trovare lavoro è necessario essere laureati?
Non è vero! Ci sono molte persone molto qualificate ma che fanno un lavoro diverso da ciò che hanno studiato.
Io che non sono diplomato né laureato, ho concretamente sperimentato la vita vera, e ciò che la vita stessa chiede non è una qualifica ma una competenza.
Che lavoro fai?
Sono musicista, liutaio, co-direttore di un teatro, giornalista, autore, collaboratore tecnico di mio padre (Arno Stern), direttore di un’iniziativa di un’associazione tedesca chiamata “Gli uomini per domani”, e molte altre cose. Non ho mai imparato a fare la differenza tra la vita privata e la vita professionale, tra tempo libero e lavoro.
Per esempio ho una grande passione per Amelia Earhart, la pilota americana che fece anche il giro del mondo, so molte cose su di lei, ma questo non è un lavoro. Con cosa mi guadagno da vivere? Con un po’ di tutto questo. Non ho mai imparato nemmeno a considerare il mio lavoro come un mezzo per guadagnare dei soldi, perché anche il denaro è l’effetto secondario, dell’effetto secondario, dell’effetto secondario di ciò che vi sto raccontando stasera.
Chi sono stati i tuoi maestri? Hai avvertito del disagio con gli altri bambini, dato che non andavi a scuola?
Non mi sono mai sentito diverso dagli altri, perché non mi sono mai paragonato con gli altri. Nei miei parametri non è contemplata la cognizione di competizione e quindi non avevo con chi misurarmi. La socializzazione non è mai stata un problema, è solo un paradigma della nostra società quello secondo il quale una classe debba essere formata tutta di bambini della stessa età. Ma chi ritiene che ciò sia indispensabile, che i bambini ne abbiano bisogno? Se guardiamo un bambino ci rendiamo conto che non è così.
I bambini non hanno problemi con la diversità, siamo noi adulti che li compariamo e inculchiamo loro le idee di 
competizione.
Manderai tuo figlio a scuola?
No! Ma se lui vorrà andarci sarà libero di farlo, non intendo sostituire un dogma con un altro dogma. La parola d’ordine non è solo libertà.
Qual è stato il rapporto con i tuoi genitori, ti consideri un privilegiato?
Sì, sono stato un privilegiato grazie alla loro scelta. Ma un bambino libero non è responsabile del livello culturale della propria famiglia. Non si è mai prigionieri del proprio ambiente socioculturale, un bambino crea da solo il proprio sapere.
Il dialogo con in miei genitori è sempre avvenuto guardandoci negli occhi e non sono mai stato trattato come un bambino, i miei genitori non mi hanno mai protetto così io a quattro anni avevo già sentito parlare dell’Olocausto.
Le domande che facevo erano sempre domande ai quali i miei non avevano risposte, questo perché le conoscenze di una famiglia si trovano in una scatola in cui ogni giorno noi mettiamo o prendiamo qualcosa, questa è la ricchezza del sapere famigliare.
In Francia notavo che i bambini non avevano mai il tempo di giocare a causa degli orari scolastici o dei compiti, e quando un altro bambino mi chiedeva che classe frequentassi, domanda tipica fra i bambini, e io rispondevo che non andavo a scuola, la sua esclamazione era sempre “Che fortuna!”.
Una cosa importantissima è la fiducia: io potevo giocare tutto il giorno, certo che nessuno in casa mi avrebbe imposto altre attività considerate più importanti del mio gioco. Non dovevo giocare fino all’estremo, quando era l’ora di andare a letto non c’erano problemi perché sapevo con certezza che il mattino dopo avrei potuto ricominciare a giocare nel punto esatto in cui il mio gioco si era interrotto la sera prima. Il gioco è l’apprendimento primitivo, io tutt’ora non so fare la differenza tra giocare, imparare e vivere.
La famiglia è un’unità dalla quale io non mi sono mai allontanato, perché io non ho vissuto a casa dei miei, ho vissuto con i miei. Non ho conosciuto i problemi dell’adolescenza o la ribellione perché il rapporto con i miei genitori è sempre stato gli occhi negli occhi. Sono sempre stato indipendente. Con la fiducia, come dicevo prima, io sapevo che quando i miei genitori mi proibivano o ammonivano verso qualcosa, lo stavano facendo per il mio bene. Questo lo vedo ora con mio figlio.
Questa fiducia non è mai stata violata e quindi non era necessario porre dei divieti o degli obblighi.
Cosa ti hanno proposto i tuoi genitori?
I miei genitori non mi hanno mai stimolato, mi lasciavano libero di trovare le mie pertinenze. Come puoi stimolare tuo figlio?
Dovresti partire dai tuoi interessi, mentre i nostri genitori sono sempre partiti dai nostri. Hanno fatto ciò che faccio ogni giorno con mio figlio: ci hanno guardati e questo li ha impegnati molto. Non saprei come stimolarlo, è la vita che lo stimola. È statisticamente provato che un bambino di tre anni prova una sensazione di entusiasmo ogni tre minuti,durante la crescita questa cosa pian piano si attenua. Ma se anche noi dovessimo proporre un tavolo con una straordinaria quantità di proposte pedagogiche, nostro figlio forse lo guarderebbe un attimo e poi si stupirebbe di qualcosa che si trova oltre il tavolo.
Come si fa ad affrontare una scelta come la sua oggi? Come vive tuo figlio questa nuova società?
Mio figlio è naturalmente abituato a vivere in questa realtà, per lui i telefoni e i computer sono normali. Quando mia moglie lavora lontano noi le telefoniamo con la webcam e per lui è normalissimo. In casa abbiamo scelto cosa potesse servirci, per esempio non abbiamo televisioni, ma computer e musica. La nostra cellula familiare è figlia di tutte le scelte che abbiamo fatto, per questo mio figlio è molto legato alla famiglia. Questo costituisce il suo bagaglio, che lo accompagna nel mondo proteggendolo, rendendolo attore e non vittima della vita.
Ci sono molte famiglie che fanno homeschooling in Italia: lo Stato costringe i nostri figli a sostenere un esame che noi, nella nostra famiglia, ci siamo rifiutati di fare. Questo è tutt’oggi perseguibile anche in Francia. Come possiamo fare? Come ti comporterai tu con tuo figlio se questo dovesse rappresentare un problema?
Guarda è particolarmente interessante il fatto che il mio libro sia diventato un vero e proprio best seller in Germania, che è uno dei paesi con l’obbligo scolastico più rigido in Europa. In Germania è vietato anche ‘homeschooling. Sono perciò rimasto molto stupito di questo interesse e ho pensato che, solitamente, quando si è liberi non si tende a notare ciò che manca. Quando non si è liberi solitamente si fa la rivoluzione e se quello che racconto potrà essere d’aiuto ne sarò felicissimo. Tu come donna e come madre devi poter essere libera di fare le scelte che ritieni più giuste per la tua famiglia e l’istituzione dovrebbe riconoscerti questo come un diritto. Nel mio caso, se un ispettore verrà a casa nostra per verificare le competente di Antonà, cercheremo di instaurare un rapporto con lui, ma se questo dovesse diventare un motivo di discriminazione, saremo pronti a lasciare la Francia.Per me è inammissibile che si possa accettare di vivere in un paese che discrimina i propri cittadini per le loro scelte. 

lunedì 6 luglio 2015

Fabbricano debito e diventano padroni di tutto, grazie a noi

Il nostro destino? «E’ molto semplice da capire», secondo Marco Della Luna, perché «la struttura socio-economica del mondo contemporaneo è caratterizzata da una classe bancaria globale che esercita il potere di creare dal nulla, e a costo zero, quantità virtualmente illimitate di simboli dotati di potere d’acquisto (mezzi monetari) e di strumenti finanziari convertibili in tali simboli, mediante il reciproco accreditamento contabile dei medesimi in un gioco di sponda tra banche, su scala mondiale». Per giunta, la “classe finanziaria” esercita anche il potere e privilegio di creare, mediante erogazione dei prestiti a interesse, tutti i mezzi monetari di cui abbisogna il resto della società, divenendo così sua creditrice strutturale. «Per finire, questa classe privilegiata dispone anche delle agenzie che fanno il rating dei debitori nonché di un buon controllo manipolatorio su tutti i mercati». Con queste premesse, non c’è scampo: «La politica è finita, i partiti si riducano a missionari antisociali della classe finanziaria e la partecipazione popolare alle decisioni rilevanti diviene impossibile, il principio di eguaglianza rimane un ricordo, mentre reddito e ricchezza sono oggetto di una redistribuzione inversa, cioè concentrante».
Per schematizzare al massimo, scrive Della Luna nel suo blog, «immaginatevi che io abbia il potere esclusivo di creare moneta, stampando pezzi di carta, che metto in circolazione prestandoli a interesse, e che la mia moneta sia accettata e domandata da Marco Della Lunatutti, e in quantità crescenti, per pagare (a me) gli interessi: gradualmente ma automaticamente divento creditore del resto della società per tutta la sua ricchezza reale, senza contribuire minimamente alla produzione di ricchezza reale». Ovvero: «Non creo nulla per gli altri, ma gli altri mi saranno debitori di tutto il valore che creano». Questa caratteristica della società globale «dovrebbe essere la premessa ad ogni discorso etico, politico e costituzionale», invece è sempre sottaciuta. Quindi, ogni altro discorso risulta monco, irrealistico. Continuiamo a non “vedere” il ruolo decisivo di «una classe che ha la prerogativa di creare soldi dai soldi, producendoli dal nulla come simboli dotati di potere d’acquisto o comunque di potere di scambio sui mercati (cioè del potere di comperare il frutto del lavoro del resto della società), mentre il resto della società, l’economiareale, non lo può fare, e lavora per pagare gli interessi sui debiti».
Una super-casta come l’élitre finanziara, dunque, «accresce il proprio potere d’acquisto sottraendolo al resto delmondo e all’economia reale: quindi tendenzialmente compra tutto, diventa padrona di tutto, creditrice universale, sovrano politico, legislatore e governante globale incontrastato e senza opposizione, dotata com’è di un grandepotere di ricatto e di divide et impera». E proprio questo è ciò che avviene nel mondo, aggiunge Della Luna, anche grazie al fatto che la popolazione, «nella sua illimitata ignavia collettiva», sostanzialmente sta al gioco, che non capisce, «perché pensa i simboli finanziari e monetari come valori reali, e li compra, investe in essi, li accetta come garanzia, gioisce quando le quotazioni salgono e patisce quando scendono». Così facendo, «assicura la domanda, quindi l’apparenza di realtà, di questi titoli stessi, e la legittima – legittima il potere di chi li genera e smercia. Così l’uomo comune si fa veramente artefice del proprio destino, fabbro delle proprie catene», visto che non ha il coraggio di rifiutare «la legittimità di ogni ordinamento giuridico internazionale e nazionale che quel meccanismo ha creato», sistema «anti-umano, quindi “eo ipso” criminale». E allora «il destino del mondo è suggellato, finché il sistema non si rompa da sé, assieme ai suoi sigilli di legalità».

Scritto da Cristina Bassi Ripropongo un vecchio articolo da Raptitude.com perchè ha a che fare con il senso della realtà, che è cosi tanto c...