domenica 31 luglio 2016

Clamorosa intercettazione: la guerra di Sarkozy a Gheddafi e all’Italia

RAFINERIJA
Sono oramai note – ai più avveduti – le vere ragioni dell’attacco a Gheddafi del 2011 da parte di Sarkozy e Blair e della NATO, al fianco di una titubante ma obbediente Italia, attacco militare che portò alla morte del dittatore libico e all’attuale caos di tipo ‘irakeno’ alle porte di casa nostra. Ragioni che non vengono certo spiegate sui TG e sulla stampa mainstream, in questo vergognoso regime europeo che sacrifica le nostre libertà e i nostri interessi nazionali in nome dell’ideologia e degli interessi di un’élite transnazionale.
Elite che non esitano a scatenare guerre con centinaia di migliaia di morti, a fabbricare prove e creare pretesti per abbattere governi stranieri, a bombardare per lustri popolazioni civili in plaghe remote, a creare imperi del male per procura come Daesh e poi ritirarsi magari a vita privata senza rendere conto a nessun tribunale. Nuove potenze coloniali, ancora peggiori se possibile di quelle ottocentesche.
Le vere ragioni dell’ennesimo disastro geopolitico in terre di petrolio – in sintesi, un attacco all’Italia e ai nostri interessi per mano degli ‘alleati’ francesi e inglesi – sono però note oggi in maniera completa attraverso alcune delle 3.000 email di Hillary Clinton pubblicate dal Dipartimento di Stato il 31 dicembre scorso su ordine di un tribunale.
Email che delineano con chiarezza il quadro geopolitico ed economico che portò la Francia e il Regno Unito alla decisione di rovesciare un regime stabile e tutto sommato amico dell’Italia: due terzi delle concessioni petrolifere nel 2011 erano dell’ENI, che aveva investito somme considerevoli in infrastrutture e impianti di estrazione trattamento e stoccaggio. Ricordiamo che la Libia è il maggior paese produttore africano, e che l’Italia era la principale destinazione del gas e del petrolio libici.
Non troverete traccia di queste mail, come detto, nella stampa di regime eurocolonizzatrice né in quella eurosottomessa di casa nostra. E nemmeno delle telefonate di Blair, nelle quali  Gheddafi aveva messo in guardia del rischio di un nuovo Iraq alle porte dell’Europa in caso di sua caduta. Profezia puntualmente avverata.
Scenari Economici ve ne dà notizia in anteprima italiana.
La email UNCLASSIFIED U.S. Department of State Case No. F-2014-20439 Doc No. C05779612 Date: 12/31/2015  inviata il 2 aprile 2011 dal funzionario Sidney Blumenthal (stretto collaboratore prima di Bill e poi di Hillary) alla allora segretaria di stato USA Hillary Clinton, dall’eloquente titolo “France’s client & Qaddafi’s gold”, racconta i retroscena dell’intervento franco-inglese.
Li sintetizziamo qui.
  • La Francia ha chiari interessi economici per l’attacco alla Libia.
  • Il governo francese ha organizzato le fazioni anti-Gheddafi alimentando inizialmente i capi golpisti con armi, denaro, addestratori delle milizie (anche quelle sospette di legami con Al-Qaeda), intelligence e forze speciali al suolo.
  • Le motivazioni dell’azione di Sarkozy sono soprattutto economiche e geopolitiche, e il funzionario USA  le riassume in 5 punti:
1. Il desiderio di Sarkozy di ottenere una quota maggiore della produzione di petrolio della Libia (a danno dell’Italia, NdR),
2. Aumentare l’influenza della Francia in Nord Africa
3. Migliorare la posizione politica interna di Sarkozy
4. Dare ai militari un’opportunità per riasserire la posizione di potenza mondiale della Francia
5. Rispondere alla preoccupazione dei suoi consiglieri circa i piani di Gheddafi per soppiantare la Francia come potenza dominante nell’Africa Francofona.
Ma la stessa mail illustra un altro pezzo dello scenario dietro all’attacco franco-inglese, se possibile ancora più stupefacente, anche se alcune notizie in merito circolarono già all’epoca.
La motivazione principale dell’attacco militare francese fu il progetto di Gheddafi di soppiantare il Franco francese africano (CFA) con una nuova valuta pan-africana.
In sintesi Blumenthal dice:
  • Le grosse riserve d’oro e argento di Gheddafi, stimate in “143 tonnellate d’oro e una quantità simile di argento”, pongono una seria minaccia al Franco francese CFA, la principale valuta africana.
  • L’oro accumulato dalla Libia doveva essere usato per stabilire una valuta pan-africana basata sul dinaro d’oro libico
  • Questo piano doveva dare ai paesi dell’Africa Francofona un’alternativa al franco francese CFA
  • La preoccupazione principale da parte francese è che la Libia porti il Nord Africa all’indipendenza economica con la nuova valuta pan-africana.
  • L’intelligence francese scoprì un piano libico per competere col franco CFA subito dopo l’inizio della ribellione, spingendo Sarkozy a entrare in guerra direttamente e bloccare Gheddafi con l’azione militare.

SarkoLibia

La nobile dottrina del “Responsibility to Protect” (R2P) diffusa a beneficio del pubblico europeo fu quindi – secondo Blumenthal – solo uno schermo per coprire la vera motivazione dell’attacco a Gheddafi: l’oro delle sue riserve e gli interessi economici francesi in Africa. Si noti infatti che la “protezione di vite civili” è totalmente assente dai rapporti diplomatici. Altra mail rilevante qui soprattutto sugli aspetti militari.
Sarebbe interessante capire dove sono le riserve auree di Gheddafi, insieme a valuta e diamanti.
Per finire con un dettaglio minimo ma significativo notiamo l’accenno di Sid Blumenthal  a “l’occasionale emissario di Sarkozy, intellettuale e auto-promotore Bernard Henri-Levy, considerato dagli esponenti della NLC (National Libyan Council, fazione libica anti-Gheddafi finanziata e addestrata dalla Francia, NdR) un personaggio a metà utile e a metà ridicolo”. La triste vicenda del fondatore della Nouvelle Philosophie, auto-proclamato difensore dei diritti umani, come parabola dell’estinzione dell’intellighenzia progressista europea sostituita dagli ideologi del mercato e dell’iperfinanza e degli interessi delle élite.
Pasolini, dove sei?

lunedì 18 luglio 2016

Una cosa è certa: la Superpotenza è stata sfidata. Impunemente.


Da Baton Rouge ad Ankara, non è detto che gli eventi –  del  resto in tumultuoso sviluppo – siano quello che sembrano. Una cosa però è reale e vera:   Erdogan ha umiliato ed offeso l’unica Superpotenza rimasta, e  detta Superpotenza non è in grado di reagire,    di punire, e nemmeno di minacciare. Un governante con sufficienti forze armate proprie,  ha potuto chiudere  Incirlik, la base più importante che la Superpotenza ha nella zona di massimo conflitto contro Mosca; tagliarle la luce; prendere ostaggio di fatto i  3 mila membri del personale americano;  le 80 testate atomiche che custodiscono;  chiudere lo spazio aereo ai loro caccia,  e farlo impunemente. Ha potuto accusare la Superpotenza,  di cui era fino a ieri alleato, di averlo tradito e aver tentato d’un golpe per abbatterlo, e ottenerne soltanto dei balbettamenti, invece che dei ruggiti  e dei bombardamenti a tappeto ;   esigere  la consegna del suo nemico Gulen riparato in Usa e noto “asset della Cia”, e  non essere fulminato.
Qualunque cosa si pensi di Erdogan, ha dimostrato al mondo  che la Superpotenza è debole, cieca  e stupida.  Che un suo alleato puà rivoltarlesi contro, e   trionfare.
E ciò non sarà senza enormi conseguenze  geopolitiche e strategiche.
Si esita a  credere che   gli eventi sono quel che sembrano, perché  il collasso simultaneo di tutti i capisaldi del potere globale Usa  appare così enorme, rapido e  completo   da essere inverosimile.  Si sgretola la UE, con la Brexit;  la gabbia della NATO  è   spalancata  dal Turxit; i  trattati di commercio globali sono silurati; l’espansione infinita della “democrazia” e dei suoi “valori”  è stata apertamente derisa e calpestata dal Sultano; la Superpotenza stessa è  minacciata all’interno  da una guerra civile razziale  resa spaventosa dalla abbondanza di armi in mano ai privati. Possibile che sia tutto vero?
Sembra comunque la  disfatta più completa di Obama. Della sua doppiezza demenziale. Dell’abuso artificioso della NATO, un’alleanza che doveva essere abolita vent’anni fa, per nuovi e sempre più vasti scopi: propagandistici;  neocoloniali con l’invio di truppe in Irak e Afghanistan;  di appoggio occulto dello Stato Islamico che fingeva di combattere; spada di Damocle sulla testa del governo siriano; di rassicurazione dei neo alleati polacchi e baltici che hanno conti da regolare  con Mosca e, insieme d’asservimento degli stati vassalli europei;  la   protezione di Israele,  l’attrezzo di destabilizzazione dei paesi islamici secondo il programma dei neocon, e  lo strumento di separazione, il cuneo piantato per impedire l’integrazione economico-politica fra il ventre molle europeo e la Russia, che non era più una minaccia e sempre più,  ma ormai  un cliente-fornitore  unito da forti legami storici e culturali.

Nuland in Kagan ha fallito?

Sembra la disfatta della centrale neocon – la famiglia Nuland-Kagan – annidata nel Dipartimento di Stato che sembrava imporre la politica  di aggressione  al Segretario, il povero Kerry: ma chi può   esserne certo?
Un   disertore dell’esercito  di Kiev   ha rivelato ai ribelli   del Donbass della massiccia preparazione di un attacco da parte contro Lugansk:   dove “i nostri sono solo un terzo, gli altri sono ceceni, arabi, turchi, polacchi; centinaia di carri armati; consiglieri della NATO all’opera in ogni unità; tutto  è estremamente ben preparato, tutti gli errori del  passato sono stati riesaminati…”.   La NATo continua dunque ciecamente, roboticamente,  la sua   sovversione in Ucraina?  La centrale  Nuland-Kagan   fa’ quel che vuole, mentre tutto il Sistema sembra crollare  attorno a loro?
Le  sparatorie in Usa, sono quel che sembrano? Noi qui abbiamo mostrato  i precisi indizi secondo cui sarebbero parte di un  complotto  teleguidato da Soros  per  impedire la convention repubblicana di Cleveland, bloccare la nomination di Donald Trump, e anzi portare il paese  in una situazione di  guerra civile abbastanza spaventosa da dare ad Obama la scusa per sospendere le elezioni presidenziali di novembre, e mantenersi per un terzo termine, presidente non votato ma tanto  favorito dai poteri forti  di Wall Street  e del sistema militare-industriale, dei neocon come dei militanti negri, della plebaglia di colore  (pagata) e dell’Establishment che vorrebbe la Clinton alla Casa Bianca, ma sa che essa è improponibile. Un golpe di questo genere, mentre   gli altri pilastri  del potere globale si scollano e spezzano, dal Brexit alla Nato,   è ovviamente  assurdamente rischioso per chi lo tenta:  può la Superpotenza permettersi il collasso interno guidato, il bagno di sangue in una guerra civile artificiale, mentre Erdogan ha mostrato al mondo  che la Superpotenza è sfidabile, e  la NATO una tigre di carta   che può essere presa in ostaggio con le sue atomiche? Tuttavia questa demenza sarebbe  in  perfetto “stile Obama”, come lo è il”golpe turco”, sia o no un  false flag:  un prodotto della doppiezza, fatto per giunta a metà, con una intenzione perfetta.
E Erdogan potrebbe aver preso la sua ‘folle’ decisione di rovesciare  l’alleanza e sputare in faccia a  Washington, proprio perché – come rivela  il giornalista Chuck Ross –   “documenti ed email  appena rivelati e a disposizione del Congresso rivelano  legami tra il ‘mondo dei Clinton’ e   membri della rete operata (…) da Fetullah Gulen. Questa connessione fra i Clinton e  Gulen può  metter a rischio la  complessa relazione tra Usa e Turchia, alleato essenziale della NATO, se l’ex segretaria di Stato vince la Casa Bianca”.  Questa frase è state scritta il 13 luglio: premonitrice davvero.
Erdogan può aver calcolato che  un terzo mandato a Obama  equivaleva ad una presidenza   del ‘mondo Clinton’   e quindi  un potere che avrebbe dato potere a Gulen.  E  ha  forzato la gabbia della NATO. In fondo, nonostante i modi molto    più educati, come ha fatto anche la regina Elisabetta forzano il Brexit in quel  voluto fuori onda:  dove ha   reso chiaro che il il Brexit si doveva fare, altrimenti scoppiava “la guerra”.  Come vediamo adesso, aveva perfettamente ragione.
Se le cose sono quel che sembrano, s’intende.

giovedì 14 luglio 2016

I nostri antenati erano più sani e forti di noi e...


Nel’antichità gli essere umani erano forti, magri e non soffrivano delle patologie più frequenti dell’era moderna: tumori, diabete, obesità, malattie cardiovascolari, demenza senile.
Perché allora cercare sempre nuovi farmaci o terapie chirurgiche d’avanguardia, perché incentivare un consumismo esasperato che costringe a lavorare troppo per possedere cose che non servono veramente, perché proporre sempre più alimenti industriali zeppi di sostanze che ci danneggiano?
Perché invece non facciamo riferimento alla nostra storia remota per scoprire che, alimentandoci in modo diverso, facendo un pò di esercizio fisico divertente, dormendo di più e stressandoci di meno, possiamo cambiare in meglio la nostra esistenza sotto tutti i punti di vista, fisico, mentale e spirituale?
LA LETTURA FUORVIANTE DELL’ETA’ MEDIA
I dati statistici fanno una media matematica
Negli anni in cui dici che l’aspettativa di vita era 40 si fa una media tra la vita effettiva e la mortalità infantile. È abbastanza evidente che se 50 persone muoiono ad 80 anni, ogni 50 neonati che muoiono (a causa di parti difficili e condizioni igieniche non corrette) la media si dimezza e va a 40 anni. Ma questo è un mero calcolo matematico che oltre a non rappresentare laspetto qualitativo della vita non risalta il fatto che con l’alta mortalità infantile (parti dove spesso morivano anche le madri) e le guerre (dove soldati giovani morivano) è necessario di un gran numero di anziani longevi (80-100 anni) per ottenere quella media.
L’ANALISI STORICA DELLA QUALITA’ DELLA VITA E DELL’ETA’ MEDIA
Nel 1984, l’antropologo J. Lawrence Angel pubblicò i risultati delle analisi effettuate su resti scheletrici di persone vissute nel Mediterraneo orientale prima (Paleolitico) e dopo l’introduzione della coltivazione dei cereali. L’attenzione dello studioso si concentrò soprattutto sui denti (permettono il calcolo dell’età al momento della morte) e del PIDI (Pelvic Inlet Depth Index, indice della profondità del canale pelvico), elementi che indicano lo stato di salute di un individuo.
tabella età media storia
Come possiamo osservare dalla tabella, nel Paleolitico l’uomo aveva una migliore qualità della vita, quindi più longevo, più forte, sano e in energia, era più alto e robusto, e l’età media era bassa per i motivi sopra descritti. Possiamo osservare che nelle epoche successive, con il cambio di alimentazione, la qualità della vita è diminuita, la statura si è abbassata, e anche l’età media si è abbassata (quindi non erano più tanto longevi).
E’ accertato dai ricercatori che l’avvento dell’agricoltura ha portato all’abbassamento dell’altezza, della salute, dell’età media e all’aumento della violenza, visto che 1 scheletro su 10 è morto ammazzato da chi voleva prendere il raccolto dell’ altro: era nata la proprietà privata, inutile nel paleolitico, dove erano cacciatori-raccoglitori.
LE POPOLAZIONI PIU’ LONGEVE E FORTI AL MONDO 
VIVONO LONTANO DALLE FARMACIE

Tra le Ande è facile trovare persone che superano i 120 anni, o donne di 90 anni che fanno le sarte e riescono ancora ad infilare il filo nell’ago senza mettersi gli occhiali. E ci sono infine dei baldanzosi vecchietti che non hanno mai smesso di far sesso e che a 90 anni riescono ancora a regalare figli alle compagne giovani. “Cose straordinarie che accadono qui a Vilcabamba, a 1.500 metri, gode di una perenne primavera con temperatura costante dai 19 ai 25 gradi.” così commenta al riguardo il Corriere della Sera.
Vilcabamba incuriosisce il mondo, insieme ad altre località, ugualmente remote e sconosciute, come la valle degli Hunza, arroccata sulla catena del Caucaso, e Ogimi, nell’isola di Okinawa, in Giappone. Tutti luoghi ricchi di persone che superano abbondantemente i 100 anni.
L’ETA’ MEDIA NON STA AUMENTANDO, MA SOFFRIAMO DI PIU’ DEI NOSTRI AVI
Così afferma Hans Ruesch nel suo libro Imperatrice Nuda. La scienza medica attuale sotto accusa: “Negli Stati Uniti, la durata media della vita non è aumentata nell’ultimo ventennio, nonostante l’arsenale terapeutico a disposizione; quello che invece èaumentato è il periodo di degenza medio. Quindi gli americani oggi non vivono più a lungo dei loro padri, ma soffrono di più, cioè trascorrono più giorni in ospedale prima di morire (mantenuti in vita – se così si può chiamare – con flebo, trasfusioni, farmaci, polmoni artificiali, dialisi, trapianti, ecc.). La storia insegna chec’erano molti più longevi nell’antichità, quando non si parlava di medicine, esami clinici, screening, esami diagnostici, ecc.
Pitagora nacque nel 580 a.C. e visse circa 100 anni come afferma Porfirio ne La vita di Pitagora, Sofocle per esempio giunse all’età di 91 anni (497 a.C.-406 a.C.), Platone 80 anni (427 a.C. -347 a.C.).  A quei tempi chi moriva giovane, moriva quasi sempre in battaglia o perché veniva avvelenato. Oggi è molto difficile morire in guerra, ma è assai più facile morire per avvelenamento da farmaci e/o vaccini!”
Un recente e vasto studio del 2012 pubblicato dalla rivista medica Lancet, che ha analizzato i dati raccolti in 187 paesi, ha rivelato che in confronto al 1970 viviamo in media 10 anni in più, ma assolutamente non in buona salute, anzi, dobbiamoaffrontare sempre più patologie come il cancro, malattie cardiovascolari o il diabete. Infatti:
  • Il numero dei casi di tumore è aumentato del 38% tra il 1990 e il 2010, passando da 5,8 milioni a 8 milioni
  • Sono raddoppiati i casi legati al diabete (legato al 100% all’ alimentazione): da 665 mila a 1,28 milioni
  • Sono saliti da 13,4 a 18 milioni i casi di morte riconducibili a fattori di rischio metabolico, ma il killer numero uno è l’insieme delle malattie cardiache che, con l’ictus, ha ucciso quasi 13 milioni di persone nel 2010
  • Il Parkinson ha raddoppiato la mortalità, mentre l’ Alzheimer è triplicato.
  • In alcuni paesi, la cirrosi epatica è quarta causa di morte.
CONCLUSIONE
La questione dell’età media è quello che la società moderna si vanta di offrire rispetto al passato: abbiamo limitato le libertà, abbiamo peggiorato il cibo, inquinato l’aria e l’acqua, impoverito il suolo, causato disastri nucleari aumentando l’indice di radioattività, però vi abbiamo allungato la vita! La verità è che purtroppo sebbene l’età media sia anche di 80 anni, almeno 30-40 anni sono vissuti convivendo con malattie che la medicina non riesce a curare, prendendo farmaci chimici ogni giorno, in uno stato di annebbiamento mentale e intorpidimento fisico. Eppure la news è che se l’acqua a e l’aria sono pulite, il cibo è pulito, e lo stato mentale e spirituale è sano, l’uomo può vivere più di 120 anni senza bisogno della società moderna, un esempio? Gli Hunza, gli Andini e anche gli antichi sardi.

venerdì 8 luglio 2016

Da Terni a Fermo: se l’omicidio di un italiano è meno importante

Non sono assolutamente razzista,ma i media italiani a mio avviso sono razzisti , nei confronti degli italiani

Terni Fermo omicidio italianoFermo, 7 lug – L’Italia è scossa dall’omicidio di Emmanuel Chidi Namdi, il rifugiato nigeriano ucciso da Amedeo Mancini, un “ultrà” fermano. Dal mondo politico e mediatico si levano grida di dolore, moniti, richieste di aggravanti. Renzi è volato immediatamente a Fermo “contro l’odio e la violenza” e per dimostrare la vicinanza del Governo a “don Vinicio e le istituzioni locali”. Alfano si è fiondato a Fermo pure lui, per presiedere il Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza invocando a gran voce “l’aggravante di razzismo” per l’aggressore. La Boschi già parla di Emmanuel vittima “dell’odio razzista” e ci invita tutti quanti a “restare umani”. Sulle dichiarazioni della Boldrini soprassediamo. Colpiscono anche le prime pagine di tutti i principali quotidiani, le aperture dei telegiornali, che ci spiegano come un povero richiedente asilo sia stato barbaramente ucciso da un “ultrà razzista sottoposto anche a Daspo”, solo perché aveva osato difendere la propria moglie dopo aver subito un insulto razzista.
La condanna è unanime e scontata, mentre sui media si parla di “ricostruzione confusa o discordante dei fatti”, nonostante l’unico testimone oculare, Pisana Bacchetti, la donna che ha assistitio alla scena e per prima ha chiamato la polizia, raccontando tutto quanto agli inquirenti, parli chiaramente di un’aggressione perpetrata dai coniugi nigeriani armati di un palo contro il fermano, la cui colpa e sfortuna sarebbe stata quella di aver risposto all’aggressione con un pugno, causando la morte del richiedente asilo. Ma qui è chiaro che la dinamica dei fatti passa in secondo piano, mentre la strumentalizzione ideologica è lampante. A partire dalle categorie: da una parte un povero richiedente asilo, buon cristiano, sposato, ospitato da una struttura ecclesiastica, che avendo subito (forse) l’insulto più grave, quello di razzismo, è autorizzato a difendere l’onore della moglie, anche sradicando un palo e tentando di ammazzare l’uomo che lo aveva offeso, in ogni caso sarà sempre vittima. Dall’altra invece c’è il cattivo perfetto: italiano, “razzista”, ultrà già punito con un Daspo, autore probabilmente di un brutto insulto, a causa del quale non è concesso difendersi da due nigeriani che tentano di ammazzarlo con un palo.
E soprattutto in questo caso la questione diventa politica e “sistemica”: le istituzioni e i media sono là per condannare il razzismo e sostenere ideologicamente l’immigrazione, non si tratta più di un fatto contingente. Dinamica di sistema che invece non si innesca quando a subire aggressioni simili sono gli italiani da parte di immigrati e richiedenti asilo. Potremmo citare decine di casi, ma basti pensare ai casi del ghanese Kabobo che uccise a picconate tre passanti, continuando con i due pensionati di Palagonia barbaramente ammazzati da un ivoriano ospite del Cara di Mineo (dove Renzi si limitò a dire “quello dei clandestini è un tema delicato”), arrivando allo sgozzamento in pieno centro a Terni del 27enne David Raggi da parte di un marocchino, richiedente asilo e già espulso nel 2007.
Proprio l’uccisione del ragazzo ternano avvenuta nel marzo del 2015, se confrontata con l’omicidio di Fermo, rappresenta perfettamente i due pesi e i due misure operati da stampa e governo in questi casi. Per David Raggi non ci furono aperture di telegiornali, non si scomodarono Renzi e Alfano che a Terni non si recarono mai. Anzi, la famiglia di Raggi citò anche in giudizio il premier e il ministro dell’Interno, a causa di un mandato di espulsione mai diventato realtà. Perché ad uccidere Emmanuel Namdi è stato il razzismo, ma ad uccidere David Raggi non è stata l’immigrazione. Perché la vera strumentalizzazione è quella del pensiero unico dell’accoglienza a tutti i costi, non certo quella di qualche giornale di secondo piano o di qualche “leader populista” che tenta invano di difendere gli italiani. La realtà è che Fermo è più importante di Terni, e che la vita di un richiedente asilo vale più di quella di un nostro connazionale.
Davide Di Stefano

martedì 5 luglio 2016

I giapponesi si liberano degli oggetti inutili per ritrovare il senso delle cose

Il monolocale di Fumio Sasaki a Tokyo è così severo che gli amici lo paragonano a una stanza per interrogatori. Sasaki possiede tre camicie, quattro paia di pantaloni, quattro paia di calze e pochi altri oggetti. Il problema non sono i soldi. Ha 36 anni, lavora in una casa editrice e ha compiuto una scelta di vita consapevole, unendosi a un numero crescente di giapponesi secondo i quali il meno è più.
Influenzati dall’estetica spartana del buddhismo zen tradizionale del Giappone, questi minimalisti vanno controcorrente in una società preda di un consumismo febbrile, eliminando in modo radicale ciò che possiedono.
Sasaki, un tempo appassionato collezionista di libri, cd e dvd, due anni fa si è stancato di correre dietro alle mode. “Continuavo a pensare a quello che non possedevo, a quello che mi mancava”, racconta. Per tutto l’anno successivo ha venduto o regalato agli amici tutto ciò che possedeva.


Un cassetto a casa di Katsuya Toyoda a Tokyo, il 19 giugno 2016. - Thomas Peter, Reuters/Contrasto
Un cassetto a casa di Katsuya Toyoda a Tokyo, il 19 giugno 2016. 
“Trascorrere meno tempo a fare pulizie o a fare shopping significa averne di più per stare con gli amici o per uscire, oppure per viaggiare nei giorni di ferie. Sono molto più attivo”, prosegue.
Altri accettano di possedere solo cose che piacciono davvero, una filosofia applicata anche da Marie Kondo, una consulente che con il suo metodo organizzativoKonMari ha conquistato gli Stati Uniti.


L’armadietto del bagno di Fumio Sasaki a Tokyo, il 19 giugno 2016. - Thomas Peter, Reuters/Contrasto
L’armadietto del bagno di Fumio Sasaki a Tokyo, il 19 giugno 2016. 
“Non avevo più cose di quanto non abbiano in media le persone, ma non tutto quello che possedevo aveva un valore per me, o mi piaceva davvero”, ha detto Katsuya Toyoda, uno scrittore che possiede solo un tavolo e un futon nel suo appartamento di 22 metri quadrati.
“Sono diventato un minimalista per consentire alle cose che mi piacciono davvero di emergere fino alla superficie della mia vita”. I minimalisti giapponesi si sono ispirati agli Stati Uniti, dove questa corrente ha annoverato tra i primi sostenitori Steve Jobs.
Le definizioni variano molto, perché l’obiettivo non è solo fare ordine, ma anche rivalutare il significato del possesso per guadagnare qualcos’altro. Nel caso di Sasaki, tempo per viaggiare.


Una spugna appesa al muro nella casa di Katsuya Toyoda, a Tokyo, il 19 giugno 2016. - Thomas Peter, Reuters/Contrasto
Una spugna appesa al muro nella casa di Katsuya Toyoda, a Tokyo, il 19 giugno 2016. 
Non è chiaro quanti siano, ma secondo Sasaki e altri i minimalisti intransigenti sarebbero migliaia, e altre migliaia potrebbero essere quelli interessati. Alcuni ritengono che il minimalismo sia un prodotto naturale del buddhismo zen e della sua visione del mondo priva di fronzoli.
“In occidente completare uno spazio significa metterci qualcosa dentro”, commenta Naoki Numahata, 41 anni, scrittore freelance. “Tuttavia, con le cerimonie del tè o con lo zen, le cose sono lasciate incomplete di proposito, così sarà l’immaginazione delle persone a rendere quello spazio completo”.
Secondo i minimalisti, possedere pochi oggetti è particolarmente utile in Giappone, dove i terremoti sono frequenti. Nel 2011 un terremoto di magnitudo 9.0 e il successivo tsunami hanno ucciso quasi 20mila persone, inducendo molti a rivalutare gli oggetti in proprio possesso, prosegue Sasaki.
“Tra il 30 e il 50 per cento degli infortuni in caso di terremoto sono provocati dalla caduta di oggetti”, dice, indicando con gesti il suo appartamento. “Ma in questa stanza non devi preoccupartene”.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
Questo articolo è stato pubblicato dall’agenzia britannica Reuters.

Scritto da Cristina Bassi Ripropongo un vecchio articolo da Raptitude.com perchè ha a che fare con il senso della realtà, che è cosi tanto c...