di Max Del Papa - 09/12/2019 fonte https://www.ariannaeditrice.it
Fonte: Max Del Papa
Fonte: Max Del Papa
Cinquant’anni
fa un antenato delle sardine, per dire un giovane arruffapopoli
fuoricorso salito dalla mite provincia umbra s’inventò un modo di stare
al mondo. Fondò un movimento, anzi Movimento, maiuscolo, come poi
sarebbe passato agli annali, alla testa del quale non mancava una sola
occasione per far casino contro “il sistema”: memorabile la provocazione
davanti alla Scala, lanci di uova a bombardare le pellicce dei
“fascisti, borghesi, ancora pochi mesi”, come venivano ammoniti i
ricchi, gli aristocratici, i capitani d’industria, i banchieri, vale a
dire tutta la bella gente che poteva permettersi una Prima, seguita da
una esclusivissima cena, nel più famoso teatro del mondo.
Mario
Capanna è una profezia vivente: quella di Montanelli, che ne previde la
sistemazione “al museo dei reduci, forniti di pancia e cellulite”. È
andata proprio così, oggi il Capanna ricompare ogni tanto per
rispolverare quegli anni che definì formidabili, e per lui certamente lo
furono, tanto più che gli valsero una pensione da parlamentare sulla
quale l’ex Masaniello in falce e martello non accetta discussioni: se
l’è guadagnata, sostiene, e, dal suo punto di vista, ma solo dal suo,
non fa una piega. Oggi, mezzo secolo e tant’acqua sotto i ponti dopo, la
turbo-borghesia aristocratica che entra alla Scala per la Prima –
quest’anno una Tosca in odor di metoo – non sembra cambiata granché:
come allora, si schiera ostentatamente “a sinistra del partito comunista
cinese”, come diceva Fantozzi, non credendoci affatto ma sapendo per
esperienza che le conviene.
Immancabilmente
questa super élite riesce a schierarsi coi poteri forti, costituiti e
contemporaneamente con i giovani movimentisti i quali, in modo più
sfacciato di allora, difendono lo status quo. Ovazioni clamorose, 10
minuti di standing ovation per Mattarella, considerato con tutta
evidenza non il garante di tutti gli italiani ma quello del sistema
altoborghese che si riconosce nella sinistra ztl, nei menu di Farinetti,
nel partitone di Repubblica e nei buoni per costituzione, anche se mai
nel loro giardino; inchini e sospiri di vellutato servilismo ai ministri
tassatori, migrantisti e volendo incompetenti; tripudio clamoroso per
l’immancabile Liliana Segre, questa nuova santa misteriosamente balzata
all’esaltazione della società civile a 90 anni dopo una vita in ombra,
salutata, anche lei come la garante contro i fascismi, i razzismi, i
sovranismi, i leghismi, i salvinismi, i melonismi, gli euroscetticismi
le cattiverie, le malattie, il politicamente scorretto e perché no i
cambiamenti climatici. Io son Liliana, sono guardiana, sono anche
anziana, mi fan girare tutta la settimana.
A
proposito di cambiamenti climatici, si è patita, causa vertice Onu, la
dolorosa assenza di Greta, la Cassandrina con le trecce, quella che,
appena annuncia l’essiccamento del pianeta, si spalancano le cateratte e
vien giù acqua per 40 giorni come per una punizione biblica. Latitanti
anche le sardine, in compenso a perorarne la causa c’era quella megera
accartocciata di Patti Smith, rockstar in fama di genio antagonista, in
realtà bravissima a costruirsi la sua carriera di mediocre sempre sulle
spalle di qualcuno; di lei si ricorda l’estasi dionisiaca che la rapiva,
“mentre stavo cantando sul palco mi sono cagata addosso”, e oggi,
ultima vaccata conosciuta, appunto l’apertura di credito alle sardine,
curiosa schiatta di contestatori a favore del sistema, dei privilegiati
nei quali, chiarissimamente, si riconoscono. Gente con un futuro da
influencer, come l’istruttore di frisbee Mattia che a domanda, qualsiasi
domanda, mai risponde, però si compiace: “Vengo bene in tivù, faccio
audience”. Quasi quasi era meglio Mario Capanna, che almeno il rischio
di qualche manganellata lo correva: questo ha l’aria di uno che si
metterebbe a frignare anche spolverato col piumino da cipria.
Insomma
eccola qui la nuova élite che poi è sempre quella vecchia: ad
annusarsi, a ovazionarsi, ad applaudirsi ben protetta dentro il teatro
più bello del mondo; a farsi coraggio contro quei miserabili che alla
Prima della Tosca grazie a Dio non entrano e però fanno tanta paura con
la loro paura, con le loro giornate di merda tutte uguali, con
l’incertezza di ogni domani, con l’esasperazione di chi non dice per
forza “prima gli italiani” ma semplicemente non capisce perché questi
italiani senza ztl, senza attico vista Brera o Colosseo debbano sempre
arrivare ultimi, se mai arrivano. Ma Liliana Segre ha detto che l’uomo
forte le provoca preoccupanti ricordi, in pratica che Salvini è
Mussolini: 92 minuti di applausi e vergogna per chi la tiene in ansia.
Anche il Censis non si è trattenuto e ha spiegato: gli italiani sono
razzisti perché sono tristi perché sono spaventati perché sono
esasperati perché sono sconcertati perché sono disorientati perché sono
razzisti. E sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male
al re; fa male a Sergio, alle sardine, alla Liliana e a Patti Smith; e
sempre allegri bisogna stare, che poi s’incazzano se noi piangiam.
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