martedì 16 giugno 2015

Si chiama "colonialismo"

Fonte http://www.luogocomune.net/

Le immagini dei migranti africani che si rifiutano di salire sui pullman della Croce Rossa, e scappano inseguiti dai poliziotti, contengono in sé la quintessenza del problema dell'immigrazione di oggi.

Da una parte, a pochi metri da loro, c'è un muro: è il muro dell'Europa, che si rifiuta di riconoscere un problema di magnitudine ormai internazionale, e che spera ancora disperatamente di farlo rimanere confinato ad una singola nazione (la nostra, purtroppo).

Dall'altra c'è l'impotenza delle forze dell'ordine, chiaramente incapaci di mettere sotto controllo una marea umana che è mossa dall'unica forza mai risultata incontenibile nella storia dell'umanità: la forza della disperazione. Quando gli esseri umani non hanno più nulla da perdere, diventa praticamente impossibile obbligarli a fare qualunque cosa contro la propria volontà.

Mentre i media si occupano sapientemente di spostare altrove il centro dell'attenzione (quanti sono i rifugiati politici e quanti gli immigrati clandestini, quanti ce ne sono in Toscana e quanti in Calabria, quale fosse il loro numero l'anno scorso rispetto a quest'anno, eccetera eccetera) nessuno ha il coraggio di guardare il problema negli occhi ...

... per cercare di affrontarlo alla radice: l'Occidente invade, destabilizza, e mette a ferro e fuoco intere nazioni del terzo mondo, per trarne un innegabile vantaggio economico, ma poi si rifiuta di accollarsi le conseguenze di questa destabilizzazione, come se non fossero un effetto diretto delle proprie azioni.

Purtroppo, oggi il mondo è dominato dai grandi banchieri internazionali e dalle multinazionali da loro finanziate: per tutti costoro, il nostro globo è semplicemente un enorme territorio di caccia nel quale espandersi, sino ad infiltrarsi in ogni più remoto angolo del pianeta. Lo fanno grazie all'ipocrita meccanismo della "solidarietà internazionale", con il quale si finge di portare aiuto alle nazioni più povere, mentre in realtà le si rende schiave di un debito dalla cui spirale non riusciranno mai più ad uscire. E se per caso le nazioni non accettano di farsi comprare con questo subdolo meccanismo, le si destabilizza cercando di rovesciarne i governi in carica. Naturalmente, per riuscire a destabilizzare una nazione senza portarle una guerra vera e propria, è necessario sfruttare le forze conflittuali già presenti al suo interno, mettendole l'una contro l'altra.

È successo in Iraq, è successo in Siria, è successo in Ucraina, è successo in Libia, e continuerà a succedere dovunque sia necessario cercare di rovesciare un regime in qualche modo ostile all'Occidente.

Il colonialismo non è mai finito, ha semplicemente cambiato volto. Una volta, si poteva andare tranquillamente ad invadere le nazioni del terzo mondo con i propri eserciti, le si chiamavano "colonie", e nessuno aveva nulla da ridire. Oggi questo non si può più fare, e quindi si prende il controllo di queste nazioni dall'esterno - grazie agli strumenti economici e finanziari - e si lascia che a governarle ci sia un burattino gestito direttamente dall'Occidente.

Quello non è stato previsto, nel volere imporre a tutti i costi questo tipo di egemonia sul terzo mondo, è che la globalizzazione - per sua stessa natura - prevede un sistema di vasi comunicanti. Ed è così, attraverso questi vasi, che gli elementi "in eccesso" di una certa nazione cercano automaticamente di travasarsi in un altra.

A questo punto - e qui scatta il paradosso - lo stesso Occidente che a messo in moto il travaso cerca di arrestarlo, chiudendo le proprie frontiere a tutti coloro che vengono da fuori.

Noi nei prossimi mesi assisteremo ad una tragedia straziante e prolungata, fatta di episodi che diventeranno sempre più vistosi e - temo - anche più violenti. E così la nostra attenzione sarà indirizzata di volta in volta sui singoli episodi, cercando di obbligarci a decidere, in ciascun caso, "di chi è stata la colpa". Ma i media istituzionali si guarderanno bene dal cercare di portare l'attenzione sulle vere radici del problema: bisogna smettere di considerare il terzo mondo come una terra di conquista, bisogna imparare a rispettare davvero il diritto di ciascun popolo di fare quello che vuole in casa propria, e soprattutto bisogna imparare ad accontentarsi delle nostre risorse economiche, senza andare a prendere quelle altrui.

Fino a che questo non succederà, lo spettacolo quotidiano si farà sempre più tragico, e la nostra attenzione sarà continuamente distratta dal cuore del problema, mentre la soluzione, invece di avvicinarsi, continuerà ad allontanarsi sempre di più.

Massimo Mazzucco

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