fonte http://www.ilprimatonazionale.it
Roma, 24 apr – “Non esiste una cultura francese. Esiste una cultura in Francia: essa è diversa, multipla”. Sono queste le idee, espresse nel corso di un comizio, del futuro presidente di Francia, Emmanuel Macron, che diventerà tale con i voti delle destre e delle sinistre riunite, contro il pericolo mortale rappresentato da Marine Le Pen, che appena qualche giorno fa parlava di “anima millenaria del nostro popolo”. Racine, Corneille, Hugo? Scrittori non francesi, dunque, ma solo di passaggio nell’Esagono. Una considerazione che non stupisce, in bocca a questo esponente della finanza cosmopolita, a questo figlio dell’ipercapitalismo che non conosce culture, popoli, civiltà. Ma, in Italia come in Francia, si parlerà poco di questo, riconducendo tutto il personaggio alle solite parole vuote sui “giovani”, “l’innovazione”, la “riforme”, insomma quella retorica che crea storytelling sul nulla. O magari si parlerà della “favola” di un liceale che si innamora della prof di francese e infine la sposa, anche se ha 23 anni più di lui, anche se l’effetto estetico dei due insieme è grottesco e, anzi, dà proprio l’idea esatta di un saputello bamboccione comandato ancora a bacchetto dall’anziana prof. Emmanuel Macron nasce il 21 dicembre 1977 ad Amiens. Appassionato di pianoforte e savate (la boxe francese), egli è un tipico frutto dell’Ena, l’alta scuola per quadri amministrativi da cui è uscita gran parte dell’élite politica transalpina. In varie interviste ha dichiarato un precoce impegno a sinistra. Ha anche detto di aver composto, in ambito accademico, uno scritto sulla filosofia del diritto di Hegel sotto la direzione del filosofo marxista Étienne Balibar, che tuttavia ha dichiarato di non averne alcuna memoria (chissà chi dei due ha mentito). La virata verso il settore bancario, sempre a sentir lui, è stata dovuta alla delusione per l’elezione di Nicolas Sarkozy a Presidente della Repubblica. Inizia quindi la sua carriera nella banca Rothschild. Nel 2012 dirige l’acquisto di una filiale della Pfizer da parte di Nestlé, un affare da 9 miliardi di euro che gli permette di diventare milionario.
Già dal 2006, tuttavia, aveva conosciuto Hollande ed era nel giro del Partito socialista.
Sarà grazie a questa conoscenza che, il 26 agosto 2014, sarà nominato
ministro dell’Economia del governo Valls al posto di Arnaud Montebourg.
Il 6 aprile 2016, ad Amiens, fonda “En marche!”, giustamente definito
più una start-up che un partito. Secondo Mediapart, l’indirizzo legale
del movimento è situato presso il domicilio privato del direttore
dell’Institut Montaigne, think tank neo-liberale vicino alla
Confindustria francese e il cui presidente è tra i vertici del
Bilderberg (ai cui vertici Macron stesso ha partecipato). Anche
molti membri “Terra Nova”, il gruppo di pressione che suggerì al
Partito socialista di abbandonare gli operai e puntare sugli immigrati,
sostengono Macron. Tra questi, anche Daniel Cohn-Bendit, volto storico del ’68 francese.
Alta finanza e sinistra etica: è sempre un’ottima accoppiata. Secondo
alcuni suoi esponenti, “En marche” godrebbe della consulenza di alcuni
membri dello staff della Clinton.
Difficile enucleare una sorta di Macron-pensiero: il personaggio, benché scaltro, poggia su enormi basi di fuffa. Giova comunque ricordare che poche settimane fa ha proposto un attacco militare contro Assad e che si è sempre rifiutato di esprimersi sul tema del riconoscimento dello Stato palestinese. È inoltre un sostenitore dell’accoglienza degli immigrati alla Merkel. Quando lo si lascia parlare un po’, tuttavia, le gaffe fioccano. Parlando della Guyana francese, per esempio, ha detto che si tratta di un’isola (quando è in realtà un territorio al confine con Brasile e Suriname). Andando in Guadalupa, ha detto che è abitata da “espatriati” (quando si tratta di un dipartimento d’oltre mare che è, a tutti gli effetti, territorio francese). Nel corso di un’intervista, ha espresso al meglio le sue idee su quale debba essere l’orizzonte valoriale della gioventù: “Servono giovani francesi che abbiano voglia di diventare miliardari”. Nel corso di un discorso, si è trovato a leggere una frase priva di senso, per ammettere: “Non so cosa voglia dire, leggo quello che mi scrivono”. Diverse volte si è lasciato andare a veri e propri scatti di razzismo sociale, come quando ha definito “illetterati” gli operai dei mattatoi Gad o quando ha stigmatizzato l’alcolismo e il tabagismo degli abitanti di un bacino minerario. Ma, in fondo, tutto questo cosa conta, a fronte del suo faccino d’angelo?
Adriano Scianca
Roma, 24 apr – “Non esiste una cultura francese. Esiste una cultura in Francia: essa è diversa, multipla”. Sono queste le idee, espresse nel corso di un comizio, del futuro presidente di Francia, Emmanuel Macron, che diventerà tale con i voti delle destre e delle sinistre riunite, contro il pericolo mortale rappresentato da Marine Le Pen, che appena qualche giorno fa parlava di “anima millenaria del nostro popolo”. Racine, Corneille, Hugo? Scrittori non francesi, dunque, ma solo di passaggio nell’Esagono. Una considerazione che non stupisce, in bocca a questo esponente della finanza cosmopolita, a questo figlio dell’ipercapitalismo che non conosce culture, popoli, civiltà. Ma, in Italia come in Francia, si parlerà poco di questo, riconducendo tutto il personaggio alle solite parole vuote sui “giovani”, “l’innovazione”, la “riforme”, insomma quella retorica che crea storytelling sul nulla. O magari si parlerà della “favola” di un liceale che si innamora della prof di francese e infine la sposa, anche se ha 23 anni più di lui, anche se l’effetto estetico dei due insieme è grottesco e, anzi, dà proprio l’idea esatta di un saputello bamboccione comandato ancora a bacchetto dall’anziana prof. Emmanuel Macron nasce il 21 dicembre 1977 ad Amiens. Appassionato di pianoforte e savate (la boxe francese), egli è un tipico frutto dell’Ena, l’alta scuola per quadri amministrativi da cui è uscita gran parte dell’élite politica transalpina. In varie interviste ha dichiarato un precoce impegno a sinistra. Ha anche detto di aver composto, in ambito accademico, uno scritto sulla filosofia del diritto di Hegel sotto la direzione del filosofo marxista Étienne Balibar, che tuttavia ha dichiarato di non averne alcuna memoria (chissà chi dei due ha mentito). La virata verso il settore bancario, sempre a sentir lui, è stata dovuta alla delusione per l’elezione di Nicolas Sarkozy a Presidente della Repubblica. Inizia quindi la sua carriera nella banca Rothschild. Nel 2012 dirige l’acquisto di una filiale della Pfizer da parte di Nestlé, un affare da 9 miliardi di euro che gli permette di diventare milionario.
Difficile enucleare una sorta di Macron-pensiero: il personaggio, benché scaltro, poggia su enormi basi di fuffa. Giova comunque ricordare che poche settimane fa ha proposto un attacco militare contro Assad e che si è sempre rifiutato di esprimersi sul tema del riconoscimento dello Stato palestinese. È inoltre un sostenitore dell’accoglienza degli immigrati alla Merkel. Quando lo si lascia parlare un po’, tuttavia, le gaffe fioccano. Parlando della Guyana francese, per esempio, ha detto che si tratta di un’isola (quando è in realtà un territorio al confine con Brasile e Suriname). Andando in Guadalupa, ha detto che è abitata da “espatriati” (quando si tratta di un dipartimento d’oltre mare che è, a tutti gli effetti, territorio francese). Nel corso di un’intervista, ha espresso al meglio le sue idee su quale debba essere l’orizzonte valoriale della gioventù: “Servono giovani francesi che abbiano voglia di diventare miliardari”. Nel corso di un discorso, si è trovato a leggere una frase priva di senso, per ammettere: “Non so cosa voglia dire, leggo quello che mi scrivono”. Diverse volte si è lasciato andare a veri e propri scatti di razzismo sociale, come quando ha definito “illetterati” gli operai dei mattatoi Gad o quando ha stigmatizzato l’alcolismo e il tabagismo degli abitanti di un bacino minerario. Ma, in fondo, tutto questo cosa conta, a fronte del suo faccino d’angelo?
Adriano Scianca
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