Insieme a Thoreau,le anime che hanno influenzato di più il possibile risveglio umano
Preso da qui, ma solo una parte http://www.peacelink.it/storia/a/32805.html
2 - Come Gandhi conosce Tolstoj
«Tolstoj fu certamente l’autore non indiano che più influenzò la formazione di Gandhi» (G. Sofri, in Bori-Sofri, p. 45)
Gandhi, dopo il 1890 (quando ha 31 anni), legge gli scritti di Tolstoj su droghe, alcol, tabacco. Nel 1894 legge Il Regno di Dio è dentro di voi, pubblicato l’anno precedente, e dice: «Mi entusiasmò. (…) Mi fece una impressione incancellabile». Ha per Tolstoj la stessa ammirazione che ebbe per il Sermone della montagna nei vangeli.
Dirà poi (nel 1928): «A quel tempo io credevo nella violenza. La sua lettura mi guarì dal mio scetticismo, e fece di me un fermo credente nell’ahimsa» (non è ancora il satyagraha). (Sofri, p. 45-46). Rileggerà quel libro di Tolstoj nel 1908 e lo regalerà a varie persone. Tra il 1894 e il 1896 legge altri libri di Tolstoj, tra cui Breve esposizione del Vangelo. Nell’appendice bibliografica a Hind Swaraj (1909) cita sei libri di Tolstoj sui 20 complessivi citati.
Gandhi non lesse mai i grandi romanzi di Tolstoj, Guerra e pace; Anna Karenina. Forse, ma non è certo, lesse con commozione La morte di Ivan Il’ič, Resurrezione, La sonata a Kreutzer.
Conosceva i racconti popolari di Tolstoj e ne pubblica alcuni nel 1905 su Indian Opinion. Nello stesso anno 1905 riassume in brevi frasi didascaliche, su Indian Opinion, l’insegnamento di Tolstoj:
«In questo mondo l’uomo non dovrebbe accumulare beni.
Per quanto male una persona possa arrecarci dovremmo sempre farle del bene. Questo è il comandamento di Dio e anche la sua legge.
Nessuno dovrebbe combattere.
È peccato esercitare il potere politico, poiché questo causa tanti dei mali del mondo.
L’uomo è nato per compiere il suo dovere verso il Creatore; dovrebbe perciò prestare più attenzione ai suoi doveri che ai suoi diritti.
L’agricoltura è la vera occupazione dell’uomo. È perciò contrario alla legge divina costruire grandi città, dar lavoro a centinaia di migliaia di persone che si occupano dei macchinari delle industrie così che i pochi sguazzano nel denaro. Se lo possono permettere sfruttando gli indifesi e la povertà della maggioranza». (in La forza della verità p. 118 e in Sofri-Bori p. 48).
Nel 1910, presentando la traduzione inglese di Hind Swaraj, Gandhi scrive: «Tolstoj è stato uno dei miei insegnanti per molti anni» (La forza della verità, p. 257). E in una lettera del 21 maggio dello stesso anno, egli dice di Tolstoj: «Ciò che ha predicato, come del resto tutti i maestri del mondo, è che ogni uomo deve obbedire alla voce della propria coscienza, deve essere maestro di se stesso e cercare il Regno di Dio dentro di sé. Secondo lui non esiste governo in grado di controllarlo senza la sua approvazione. Tale uomo è superiore ad ogni governo» (ivi, p. 280).
A sua volta, il pensiero indiano e orientale influì su Tolstoj, che attinge alle sapienze antiche, e in nome dell’induismo incoraggia gli indiani alla nonviolenza (cfr Bori, in Bori-Sofri, pp. 149-159). Nel periodo tra i 50 e 60 anni (1878-1888) non è citato il pensiero indiano nelle letture di Tolstoj (Bori, L’altro Tolstoj, p. 146).
Gandhi legge altri autori del filone anarco-religioso, dell’evangelismo sociale, tra cui il più importante per lui è Ruskin (autore inglese, tra i riformatori sociali e religiosi citati da Gandhi in appendice a Hind Swaraj), che legge nel 1904 in Sudafrica; quindi traduce-sintetizza il suo libro principale Unto This Last in gujarati col titolo Sarvodaya (Il benessere di tutti). Legge Thoreau nel 1907, lo ammira, ma ne critica i limiti. Legge Carpenter nel 1909. Qui è l’inizio, per Gandhi della critica radicale della civiltà moderna che culminerà in Hind Swaraj, nel 1909.
«Tolstoj fu certamente l’autore non indiano che più influenzò la formazione di Gandhi» (G. Sofri, in Bori-Sofri, p. 45)
Gandhi, dopo il 1890 (quando ha 31 anni), legge gli scritti di Tolstoj su droghe, alcol, tabacco. Nel 1894 legge Il Regno di Dio è dentro di voi, pubblicato l’anno precedente, e dice: «Mi entusiasmò. (…) Mi fece una impressione incancellabile». Ha per Tolstoj la stessa ammirazione che ebbe per il Sermone della montagna nei vangeli.
Dirà poi (nel 1928): «A quel tempo io credevo nella violenza. La sua lettura mi guarì dal mio scetticismo, e fece di me un fermo credente nell’ahimsa» (non è ancora il satyagraha). (Sofri, p. 45-46). Rileggerà quel libro di Tolstoj nel 1908 e lo regalerà a varie persone. Tra il 1894 e il 1896 legge altri libri di Tolstoj, tra cui Breve esposizione del Vangelo. Nell’appendice bibliografica a Hind Swaraj (1909) cita sei libri di Tolstoj sui 20 complessivi citati.
Gandhi non lesse mai i grandi romanzi di Tolstoj, Guerra e pace; Anna Karenina. Forse, ma non è certo, lesse con commozione La morte di Ivan Il’ič, Resurrezione, La sonata a Kreutzer.
Conosceva i racconti popolari di Tolstoj e ne pubblica alcuni nel 1905 su Indian Opinion. Nello stesso anno 1905 riassume in brevi frasi didascaliche, su Indian Opinion, l’insegnamento di Tolstoj:
«In questo mondo l’uomo non dovrebbe accumulare beni.
Per quanto male una persona possa arrecarci dovremmo sempre farle del bene. Questo è il comandamento di Dio e anche la sua legge.
Nessuno dovrebbe combattere.
È peccato esercitare il potere politico, poiché questo causa tanti dei mali del mondo.
L’uomo è nato per compiere il suo dovere verso il Creatore; dovrebbe perciò prestare più attenzione ai suoi doveri che ai suoi diritti.
L’agricoltura è la vera occupazione dell’uomo. È perciò contrario alla legge divina costruire grandi città, dar lavoro a centinaia di migliaia di persone che si occupano dei macchinari delle industrie così che i pochi sguazzano nel denaro. Se lo possono permettere sfruttando gli indifesi e la povertà della maggioranza». (in La forza della verità p. 118 e in Sofri-Bori p. 48).
Nel 1910, presentando la traduzione inglese di Hind Swaraj, Gandhi scrive: «Tolstoj è stato uno dei miei insegnanti per molti anni» (La forza della verità, p. 257). E in una lettera del 21 maggio dello stesso anno, egli dice di Tolstoj: «Ciò che ha predicato, come del resto tutti i maestri del mondo, è che ogni uomo deve obbedire alla voce della propria coscienza, deve essere maestro di se stesso e cercare il Regno di Dio dentro di sé. Secondo lui non esiste governo in grado di controllarlo senza la sua approvazione. Tale uomo è superiore ad ogni governo» (ivi, p. 280).
A sua volta, il pensiero indiano e orientale influì su Tolstoj, che attinge alle sapienze antiche, e in nome dell’induismo incoraggia gli indiani alla nonviolenza (cfr Bori, in Bori-Sofri, pp. 149-159). Nel periodo tra i 50 e 60 anni (1878-1888) non è citato il pensiero indiano nelle letture di Tolstoj (Bori, L’altro Tolstoj, p. 146).
Gandhi legge altri autori del filone anarco-religioso, dell’evangelismo sociale, tra cui il più importante per lui è Ruskin (autore inglese, tra i riformatori sociali e religiosi citati da Gandhi in appendice a Hind Swaraj), che legge nel 1904 in Sudafrica; quindi traduce-sintetizza il suo libro principale Unto This Last in gujarati col titolo Sarvodaya (Il benessere di tutti). Legge Thoreau nel 1907, lo ammira, ma ne critica i limiti. Legge Carpenter nel 1909. Qui è l’inizio, per Gandhi della critica radicale della civiltà moderna che culminerà in Hind Swaraj, nel 1909.
3 – Con la Lettera a un indù Tolstoj conquista Gandhi
Decisiva per l’influsso di Tolstoj su Gandhi è la Lettera a un indù, dello scrittore russo, nel 1908-1909.
Il 24 maggio 1908 un giovane indiano estremista ed esule politico, Taraknath Das, scrive a Tolstoj: «Voi odiate la guerra, ma la fame in India è più spaventosa di qualsiasi guerra … non per penuria di alimenti, ma a causa del depredamento della popolazione e della spoliazione del paese da parte del governo britannico» (Sofri-Bori, p. 107).
Tolstoj riceve la lettera il 7 giugno e lo stesso giorno comincia quella risposta che diventerà la Lettera a un indù, dopo sei mesi di lavoro e 27 (!) stesure successive, per 413 fogli diversi. Il 14 dic. 1908 annota: «Ho finito la lettera a un indù. È debole. Ci sono ripetizioni». Il 2 maggio 1909 corregge la traduzione inglese. Estratti della lettera sono già apparsi su due riviste russe.
Das riceve la risposta di Tolstoj, che ormai è una lettera aperta, e la pubblica nel marzo-aprile 1910, con una sua replica, in cui dice che è disposto ad adottare la resistenza passiva, ma anche ad abbandonarla quando si rivela vana (dunque è nonviolento pragmatico, relativo, tattico).
*
Questa Lettera a un indù è in Bori-Sofri (pp. 181-197). Bori (pp. 163-168) illustra la lettera con varie citazioni dei contemporanei Diari di Tolstoj e da altri suoi scritti.
Facciamo qui una sintesi-schema del testo della Lettera a un indù:
- quali sono le cause dell’oppressione di pochi oziosi sulla maggioranza del popolo lavoratore?
- 200 milioni di Indiani sono assoggettati da una piccola cricca di estranei, incomparabilmente inferiori dal punto di vista etico-religioso
- la causa è l’assenza di insegnamento religioso razionale che illumini la legge della vita, sostituito da principi pseudoreligiosi e pseudoscientifici; questi causano effetti immorali chiamati civiltà
- la storia è sempre stata dominio di pochi su molti
- sia i dominatori che i dominati ritengono il dominio necessario per la convivenza (cfr Hobbes)
- nonostante ciò, c’è la religione universale dell’amore: è un pensiero inerente alla natura umana ed è verità
- ma questa verità è deformata e ostacolata da chi ha il potere, con una religione stabilita dal potere. Questo è accaduto ovunque
- c’è una contraddizione: gli uomini accettano contemporaneamente la legge dell’amore e l’opposizione al male con la violenza, perché accettano l’organizzazione sociale basata sulla violenza
- ma col tempo si è indebolita la fede nel diritto divino dei monarchi
- ci si attenderebbe ora che ci si liberi dalla sottomissione all’autorità, che ha perso il diritto divino
- e invece viene un nuovo inganno: la classe dei governanti che, col pretesto di governare il popolo, vive del suo lavoro
- si pretende dare un fondamento “scientifico” ai nuovi poteri, come prima si dava “religioso”
- la violenza viene presentata e giustificata 1) come legge perpetua della storia 2) come selezione naturale nella lotta per l’esistenza 3) e anche come volontà del popolo (nelle forme rappresentative di governo)
- intanto, l’infelice maggioranza degli oppressi accetta queste stupidità scientifiche, come prima quelle religiose, e continua a sottomettersi ai nuovi sovrani altrettanto crudeli, ma alquanto più numerosi
- la superstizione scientifica prende piede anche in oriente
- alla tesi violenta di Das – resistenza all’aggressione non è solo giustificabile, ma è un imperativo; la non-resistenza offende sia l’altruismo sia l’egoismo – Tolstoj replica: l’amore è l’unico modo di cui l’uomo dispone per salvarsi da tutte le calamità
- questo fondamento religioso della vita è tipico dell’India dall’antichità, ma ora l’India si contraddice se sostiene la resistenza al male con la violenza
- voi dite che gli inglesi vi hanno asservito perché non avete resistito, ma è vero il contrario: gli indiani sono sottomessi perché hanno creduto alla violenza come principio e fondamento dell’ordine sociale, perché hanno accettato la legge della violenza
- non sono stati gli inglesi, ma gli Indù stessi a ridursi in schiavitù
- dovete non collaborare al male (amministrazione, tribunali, tasse, esercito) e nessuno vi ridurrà in schiavitù
- l’umanità, come una persona che cresce, passa da un’età all’altra e deve assumere una guida adeguata alla nuova età
- ora è questo passaggio ad una nuova età
- occorre superare la contraddizione tra la legge benefica dell’amore e il sistema violento
- la legge della vita è l’amore
- occorre la completa liberazione di questa verità dalle superstizioni religiose e scientifiche, dalle credenze che oscurano la verità
- una sola cosa è necessaria: la legge dell’amore è la legge della vita
- questa è verità connaturata ad ogni uomo e presente in tutte le religioni del mondo
- emergendo quella verità, scomparirà tutto il male da cui ora l’umanità è afflitta
Decisiva per l’influsso di Tolstoj su Gandhi è la Lettera a un indù, dello scrittore russo, nel 1908-1909.
Il 24 maggio 1908 un giovane indiano estremista ed esule politico, Taraknath Das, scrive a Tolstoj: «Voi odiate la guerra, ma la fame in India è più spaventosa di qualsiasi guerra … non per penuria di alimenti, ma a causa del depredamento della popolazione e della spoliazione del paese da parte del governo britannico» (Sofri-Bori, p. 107).
Tolstoj riceve la lettera il 7 giugno e lo stesso giorno comincia quella risposta che diventerà la Lettera a un indù, dopo sei mesi di lavoro e 27 (!) stesure successive, per 413 fogli diversi. Il 14 dic. 1908 annota: «Ho finito la lettera a un indù. È debole. Ci sono ripetizioni». Il 2 maggio 1909 corregge la traduzione inglese. Estratti della lettera sono già apparsi su due riviste russe.
Das riceve la risposta di Tolstoj, che ormai è una lettera aperta, e la pubblica nel marzo-aprile 1910, con una sua replica, in cui dice che è disposto ad adottare la resistenza passiva, ma anche ad abbandonarla quando si rivela vana (dunque è nonviolento pragmatico, relativo, tattico).
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Questa Lettera a un indù è in Bori-Sofri (pp. 181-197). Bori (pp. 163-168) illustra la lettera con varie citazioni dei contemporanei Diari di Tolstoj e da altri suoi scritti.
Facciamo qui una sintesi-schema del testo della Lettera a un indù:
- quali sono le cause dell’oppressione di pochi oziosi sulla maggioranza del popolo lavoratore?
- 200 milioni di Indiani sono assoggettati da una piccola cricca di estranei, incomparabilmente inferiori dal punto di vista etico-religioso
- la causa è l’assenza di insegnamento religioso razionale che illumini la legge della vita, sostituito da principi pseudoreligiosi e pseudoscientifici; questi causano effetti immorali chiamati civiltà
- la storia è sempre stata dominio di pochi su molti
- sia i dominatori che i dominati ritengono il dominio necessario per la convivenza (cfr Hobbes)
- nonostante ciò, c’è la religione universale dell’amore: è un pensiero inerente alla natura umana ed è verità
- ma questa verità è deformata e ostacolata da chi ha il potere, con una religione stabilita dal potere. Questo è accaduto ovunque
- c’è una contraddizione: gli uomini accettano contemporaneamente la legge dell’amore e l’opposizione al male con la violenza, perché accettano l’organizzazione sociale basata sulla violenza
- ma col tempo si è indebolita la fede nel diritto divino dei monarchi
- ci si attenderebbe ora che ci si liberi dalla sottomissione all’autorità, che ha perso il diritto divino
- e invece viene un nuovo inganno: la classe dei governanti che, col pretesto di governare il popolo, vive del suo lavoro
- si pretende dare un fondamento “scientifico” ai nuovi poteri, come prima si dava “religioso”
- la violenza viene presentata e giustificata 1) come legge perpetua della storia 2) come selezione naturale nella lotta per l’esistenza 3) e anche come volontà del popolo (nelle forme rappresentative di governo)
- intanto, l’infelice maggioranza degli oppressi accetta queste stupidità scientifiche, come prima quelle religiose, e continua a sottomettersi ai nuovi sovrani altrettanto crudeli, ma alquanto più numerosi
- la superstizione scientifica prende piede anche in oriente
- alla tesi violenta di Das – resistenza all’aggressione non è solo giustificabile, ma è un imperativo; la non-resistenza offende sia l’altruismo sia l’egoismo – Tolstoj replica: l’amore è l’unico modo di cui l’uomo dispone per salvarsi da tutte le calamità
- questo fondamento religioso della vita è tipico dell’India dall’antichità, ma ora l’India si contraddice se sostiene la resistenza al male con la violenza
- voi dite che gli inglesi vi hanno asservito perché non avete resistito, ma è vero il contrario: gli indiani sono sottomessi perché hanno creduto alla violenza come principio e fondamento dell’ordine sociale, perché hanno accettato la legge della violenza
- non sono stati gli inglesi, ma gli Indù stessi a ridursi in schiavitù
- dovete non collaborare al male (amministrazione, tribunali, tasse, esercito) e nessuno vi ridurrà in schiavitù
- l’umanità, come una persona che cresce, passa da un’età all’altra e deve assumere una guida adeguata alla nuova età
- ora è questo passaggio ad una nuova età
- occorre superare la contraddizione tra la legge benefica dell’amore e il sistema violento
- la legge della vita è l’amore
- occorre la completa liberazione di questa verità dalle superstizioni religiose e scientifiche, dalle credenze che oscurano la verità
- una sola cosa è necessaria: la legge dell’amore è la legge della vita
- questa è verità connaturata ad ogni uomo e presente in tutte le religioni del mondo
- emergendo quella verità, scomparirà tutto il male da cui ora l’umanità è afflitta
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