Gli inglesi, rifiutando il dominio tedesco e spernacchiando l’ordine di Obama di sottomettersi alla Ue, danno tre lezioni alle Caste.
Primo: i popoli hanno un’anima e difendono la loro identità. Secondo: decidono loro e non più le tecnocrazie (quindi va ricontrattato Maastricht, causa di disastri sociali). Terzo: i politici devono sottomettersi alla sovranità popolare e non alle potenti (e devastanti) élite “illuminate”.
Per questo il premier britannico Cameron – dopo l’esito del referendum – si è dimesso, sebbene nessuno lo chiedesse e non vi fosse tenuto. Oltretutto lui – diversamente da Renzi – era stato eletto e presiede un governo scelto dal popolo.
Consideriamo invece il Matteo nostro dopo il suo naufragio elettorale di domenica.
Il governo del Pd è stato totalmente delegittimato dal voto, ma – per non prenderne atto – si prepara a delegittimare il popolo stesso con una legge elettorale (l’Italicum) e una riforma costituzionale che – di fatto – istituzionalizzano il dominio di una minoranza. E’ la democratura (democrazia-dittatura).
Del resto, se si vedono le reazioni della Casta al referendum inglese, sembra che la democrazia sia ormai considerata un intoppo destabilizzatore da limitare o imbrigliare più possibile, anche da punire (se decreta l’uscita dalla Ue) o, in Italia, da relegare al massimo ai municipi.
Eppure i nostri elettori sono stati risoluti nel mandare l’avviso di sfratto al governo Renzi. Per capirlo basta ricordare la situazione italiana che è stata “rimossa” dai giornali (sempre “carini” col Matteo nostro).
UNA STORIA SURREALE
Le elezioni del 2013 furono pareggiate perché il centrosinistra prese il 29,5 per cento dei voti e il centrodestra il 29, 1 per cento, mentre il Movimento 5 stelle conquistò il 25,5 per cento da solo (classificandosi come primo partito d’Italia, perché il Pd era al 25,4).
Questo risultato fu però viziato (grazie al famoso Porcellum) da un premio di maggioranza esorbitante che, per pochi decimali in più (lo 0,3 per cento), assegnò al centrosinistra 345 seggi alla Camera, mentre al centrodestra (che aveva pressoché la stessa percentuale) ne andarono 125 e al M5S, che pure era il primo partito, 109.
Il fatto determinante è che il 4 dicembre 2013 la Corte Costituzionale ha dichiarato “incostituzionale” la legge elettorale detta “Porcellum”, giudicando “distorsivo” quell’enorme premio di maggioranza, perché “foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione” non imponendo “il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista”.
Tale sentenza non era una delegittimazione automatica, per via giuridica, del Parlamento appena eletto, ma una delegittimazione politica sì.
Però a Palazzo hanno fatto spallucce. E hanno evitato di fare la sola cosa giusta e democratica: cambiare il Porcellum, togliendo quell’esorbitante “premio”, e ridare la parola agli elettori.
Anzi, abbarbicati alle poltrone, hanno aggravato l’illegittimità politica dei governi che hanno raffazzonato, perché al “vulnus” rappresentato dai seggi “incostituzionali”, si sono aggiunte una serie di operazioni che sono uno sberleffo per gli elettori e per la sovranità popolare: la trasmigrazione verso il Governo di una quantità di parlamentari che erano stati eletti contro la coalizione del Pd. Mentre Sel, che alle elezioni era in coalizione col Pd di Bersani e ha usufruito del premio del Porcellum, è andata all’opposizione.
Così la “maggioranza parlamentare” non ha più nulla a che vedere col voto del 2013, è continuamente cambiata e sono cambiati pure i ministri e il Capo del governo. Tutto senza voto popolare.
Proprio perché non ha la legittimazione degli italiani il governo Renzi sta al guinzaglio della Merkel e di Obama: cerca ed ha da loro una legittimazione “coloniale”.
Diventato premier senza aver mai partecipato alle elezioni, con un Pd che non è nemmeno il primo partito d’Italia e una coalizione che stava alla pari col centrodestra e che ora sta sotto per la rottura con Sel, il Matteo nostro, col “premio” di parlamentari dichiarati “incostituzionali” dalla Corte e con quelli “transfughi”, ha addirittura cambiato la Costituzione, con un’abolizione del Senato che non abolisce il Senato, ma solo il voto degli elettori per il Senato.
E ha cambiato la legge elettorale con un’invenzione – l’Italicum – che un domani potrebbe permettere a un partito come il PD, al 25 per cento, di diventare padrone assoluto del Paese (cioè anche delle istituzioni di garanzia).
BASTA
La tranvata di domenica si è abbattuta proprio su questo regimetto incostituzionale. Il M5S ha infatti vinto, il centrodestra – pur non avendo leadership – tiene e addirittura vince nuovi comuni in Toscana. Mentre il Pd tracolla perdendo una quantità di amministrazioni, fra cui le grandi città: Roma, Napoli e Torino.
Dunque il Pd, che non aveva mai vinto le elezioni politiche, e Renzi, che non le ha mai nemmeno fatte, non sono più legittimati a (s)governare il Paese.
E tanto meno a spadroneggiare facendosi una Costituzione e una legge elettorale su misura, votate da una raffazzonata “maggioranza di Palazzo” che non esiste nel Paese (domenica si è anche appurato che i cespugli di centro, determinanti in Parlamento, nel Paese sono inesistenti).
Più di due terzi degli elettori sono contro il governo Renzi. L’impietosa sentenza delle urne boccia pure l’Italicum perché ormai l’Italia è ufficialmente tripolare e sarebbe folle consegnare “tutto” il potere a chi rappresenta un terzo del Paese.
Se dunque Cameron, che era stato eletto dal popolo e che ha una maggioranza legittima, si dimette, a maggior ragione deve farlo Renzi.
E non mi si venga a dire “chi ci mettiamo?”. I libri di storia e i cimiteri sono pieni di personaggi “indispensabili”. Se perfino Luigi XV – che annunciava “dopo di me il diluvio” – se n’è andato senza nemmeno una grandinata, l’umanità può fare a meno pure di Renzi e dei suoi ministri.
Un nuovo governo deve solo cambiare la legge elettorale ed eventualmente fare la legge di bilancio. D’altronde per avere un governo che – come l’esecutivo Renzi – riesce a far aumentare al tempo stesso le tasse e il debito pubblico (mentre il petrolio è bassissimo e il costo del denaro è al minimo) non bisogna faticare tanto. Chiunque è capace di farlo.
Poi si torna al voto. Questa è la democrazia.
Antonio Socci
Da “Libero”, 26 giugno 2016
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