Washington e George Soros servono a Dilma Rousseff una polpetta avvelenata: Marina Silva, sfidante della presidentessa alle presidenziali.
Oggi non esiste, in occidente, miglior antidoto per il ‘cittadino medio semi-colto’ della sicurezza insita nel politicamente corretto, nell’essere ambientalisti, ecologisti, nell’essere pacifisti a tutto tondo nei riguardi dei finti nemici e delle finte minacce di turno. Non c’è amico migliore, per il cittadino medio semi-colto, di una visione della sinistra (occidentale) interamente imbastita sulla deviante china della ‘svendita totale’. Cessione di valori, tradizioni, sovranità nazionale, monetaria, energetica: la negazione totale della nazione a vantaggio della più farsesca recita sull’ineluttabilità dei valori e dei diritti umani di privata e padronale creazione. L’Open Society del ‘filantropo’ George Soros è la fucina per eccellenza di questa dottrina distorta della (cosiddetta) sinistra (in salsa yankee), fatta di progressismo, dirittoumanismo di facciata, disfacimento totale di qualsivoglia realtà, particolarità e iter governativo legati alle nazioni. In Soros si rispecchiano le politiche ‘progressiste e di sinistra’ dei governi occidentali e di quelle degli USA. Politiche subdole che utilizzano strumenti come il pauperismo fine a se stesso per indottrinare le persone (vedesi il caso di Pepe Mujica in Uruguay, perfetto esempio di progressismo buonista cucinato da Washington) oppure molto utilizzata è la bandiera dell’ecologismo radicale e del ‘greenismo’. Il quale, ovviamente, è giusto SOLO per ‘gli altri’: per le superpotenze -non allineate- che, nelle logiche imperialistiche di Soros e di Washington, dovrebbero ritornare allo stato di terre coloniche sottosviluppate atte alla re-conquista. Israele, l’Open Society di Soros, gli USA e le potentissime sette evangeliche operanti in America Latina (legate a doppio filo con le potenti lobby sionistiche statunitensi) stanno adesso concentrando tutti i loro sforzi sulla candidata presidenziale brasiliana Marina Silva (candidata verde ed ecologista del Partito Socialista Brasiliano-PSB-): la carta ultima e disperatissima per impedire alla presidente Dilma Rousseff di essere rieletta alle elezioni di ottobre; la leader brasiliana, leader di spicco del Partito dei Lavoratori, rappresenta una dolorosissima spina nel fianco per gli speculatori finanziari, i padroni di Washington, gli squali del liberismo e, soprattutto, per Israele che, dai governi brasiliani degli ultimi 10 anni (Lula prima, Rousseff adesso) è stato trattato come si confà a un Paese che violi i più elementari diritti umani. Con la morte tragica e strana del mediocre candidato presidenziale Edoardo Campos si è aperta la strada per la progressista Marina Silva, la signora dalla faccia gentile e buona, che vanta riconoscimenti da madrina dei diritti umani da ‘società’ come la Goldman Insurance Company, di migliore pensatrice globale 2010′ dalla Kissinger Associates, etc. La signora Marina ha dichiarato tra l’altro di aver preso parte ai convegni del B’nai B’rith (lobby sionista) e del Congresso Mondiale Ebraico, appoggiati, in America Latina, dalle sette evangeliche e protestanti (di cui la Silva fa parte) in grande espansione nell’intera America del Sud. Il governo di Dilma Rousseff rappresenta oggi un freno potente a tutto questo; la sua opera di governo, in 10 anni (insieme a Lula) ha sottratto alla miseria oltre 40 milioni di brasiliani, e l’analfabetismo va scomparendo; le politiche nazionalistiche in ambito militare, energetico, industriale, alimentare, monetaristico non devono essere sostituite dalla ‘bolgia sinistrata’ della decrescita, delle svendite selvagge, delle privatizzazioni e delle cessioni di sovranità propugnate dalla signora Marina Silva, la quale mira anche a indebolire il Mercosur, le alleanze brasiliane con i Paesi non allineati dell’area (Argentina, Venezuela, Bolivia e Ecuador) oltre che i rapporti con gli altri BRICS, per rinsaldare, di conseguenza, rapporti e alleanze con gli USA e l’UE. La riconferma di DILMA ROUSSEFF a presidente non significa solamente stabilità e prosperità per il Brasile, ma soprattutto speranza e crescita per l’intera America Latina.
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