domenica 7 dicembre 2025

L’illusione della realtà

di Donald Hoffman: Quando la Percezione Inganna,,, fontehttps://www.italianetizen.it/lillusione-della-realta/ Immagina di svegliarti un giorno e scoprire che ciò che hai sempre creduto essere la realtà non è altro che una serie di illusioni. Un po’ come quando il protagonista di Matrix prende la famosa pillola rossa e svela una verità inaspettata: tutto ciò che percepiamo non è altro che una costruzione, un inganno creato per facilitarci la sopravvivenza. In L’illusione della realtà Donald Hoffman porta questa idea da un campo puramente filosofico a un terreno scientifico e multidisciplinare, cambiando per sempre il nostro modo di vedere il mondo. Hoffman, infatti, non si limita a raccontare una storia affascinante; unisce diverse discipline come la filosofia, la teoria della percezione, la selezione naturale, e perfino il marketing e la teoria dei giochi, per spiegare come la percezione che abbiamo del mondo non sia affatto un riflesso della realtà, ma una costruzione utile alla nostra sopravvivenza. In sostanza, ciò che vediamo e percepiamo è stato “progettato” dalla selezione naturale per aiutarci a prendere decisioni che ci permettano di sopravvivere e riprodurci, non per comprenderne la vera natura. Questo concetto potrebbe sembrare sorprendente, ma Hoffman lo dimostra in modo sorprendentemente semplice, usando metafore come quelle delle icone sul desktop di un computer. Le icone, pur essendo delle rappresentazioni distorte di ciò che rappresentano realmente (un programma, un file, una cartella), sono incredibilmente utili per navigare nel sistema operativo. Allo stesso modo, i nostri sensi – che ci mostrano una versione “semplificata” e “distorta” del mondo – sono strumenti evolutivi che ci permettono di interagire con l’ambiente in modo vantaggioso. Non è la verità che guida la nostra percezione, ma la necessità di fare scelte che aumentano le probabilità di sopravvivenza. Hoffman prende come punto di partenza la teoria evolutiva di Darwin, che suggerisce che la selezione naturale agisce favorendo quei tratti che migliorano la nostra capacità di vivere e riprodurci. Così, i nostri sensi si sono evoluti non per mostrarci il mondo come è davvero, ma per guidarci nelle azioni che ci tengono in vita. La nostra vista, ad esempio, è perfetta per evitare pericoli – come una macchina che arriva ad alta velocità – ma non è affatto progettata per rivelarci la vera natura della macchina stessa o della strada. In altre parole, vediamo solo ciò che ci serve per agire con successo nel nostro ambiente, ma non vediamo la realtà nel suo stato puro. L’idea di Hoffman scuote il nostro concetto di “realtà” e ci costringe a riflettere su come la selezione naturale ci abbia modellato in modo da vivere in un mondo che non è altro che una costruzione adattativa. Ciò che ci appare come “realtà” è, in effetti, una sorta di “illusione evolutiva” che ci consente di navigare la vita con successo, ma che non ci offre alcuna garanzia di una rappresentazione fedele del mondo in cui viviamo. Uno degli aspetti più affascinanti del libro è proprio il modo in cui Hoffman interconnette varie discipline per costruire la sua teoria. Dai meccanismi della percezione, all’evoluzione darwiniana, fino all’analisi delle dinamiche sociali e comportamentali (suggerendo che anche il marketing e la pubblicità operano in modo simile, creando illusioni per influenzare le nostre scelte), il libro offre un quadro ampio e multidisciplinare che spinge a interrogarsi su tutto ciò che crediamo di sapere. In un’epoca in cui la tecnologia e la filosofia stanno rapidamente convergendo (come dimostra Matrix), L’illusione della realtà offre un’opportunità unica per riflettere su come la nostra percezione potrebbe essere la chiave per capire non solo noi stessi, ma anche il mondo che ci circonda. E se ciò che vediamo non è la verità, allora cosa resta? Forse, la vera “realtà” è qualcosa che non possiamo percepire, eppure è fondamentale per la nostra evoluzione come specie. In conclusione, L’illusione della realtà è un libro che sfida le nostre convinzioni più radicate e ci invita a guardare il mondo con occhi nuovi. Donald Hoffman non offre risposte facili, ma solleva domande cruciali sulla natura della percezione, sulla nostra esistenza e sul nostro posto nell’universo. È un’opera che farà riflettere chiunque abbia mai messo in discussione la realtà che vive ogni giorno. E se, come suggerisce Hoffman, siamo solo il prodotto di una lunga serie di illusioni evolutive, allora forse è il momento di mettere in discussione ogni certezza che abbiamo.

mercoledì 3 dicembre 2025

Quando mi guardi – Robert Adams

Quando mi guardi cos’è che vedi? Tu vedi tutto ciò che sei stato programmato a vedere. Non vedi realmente, vedi i tuoi programmi. Ad esempio, se sei cristiano sarai tentato a dire “Però, Robert è una sorta di Cristo”; se sei stato educato all’agnosticismo, dirai “Non so che diamine è Robert”; se la tua formazione è giudaica, dirai “Robert è veramente un gran rabbino”; se è buddista, dirai “Robert è un Bodhisattva”; se sei stato allevato in una famiglia di ladri, dirai “Robert è un raggiratore”. Tu stai soltanto guardando te stesso, i tuoi programmi, il modo in cui sei stato educato a pensare da quando eri un/a ragazzino/a. Tutto questo è falso. In realtà Robert non è né questo né quello, né su é giù, né indietro né avanti; e in questo modo, lo stesso, sei che anche tu. In altre parole, noi tutti siamo niente. Ma che cos’è questo niente? È veramente niente? Nessuna cosa? Davanti a noi vediamo il mondo intero, e il mondo intero è soggetto alla legge di mutamento. Ogni cosa cambia continuamente, incessantemente. Ma ciò che è reale non può mai essere cambiato. Allora cos’è il reale? Dov’è la realtà? Non c’è nessuna realtà. Non c’è proprio niente che cambia. C’è solo quello che è. Robert Adams

giovedì 30 ottobre 2025

Le molte cose fanno povero il Papalagi

Discorso di un capo polinesiano,su noi cosiddetti civili,chiamati Papalagi E anche in questo riconoscerete il Papalagi, perché tenta di convincerci che noi siamo poveri e miserevoli e abbiamo bisogno di molto aiuto e compassione perché non possediamo le cose. Lasciate che vi dica, miei cari fratelli delle molte isole, che cos'è una cosa. La noce di cocco è una cosa, il panno, la conchiglia, lo scacciamosche, l'anello che porti al dito, la ciotola in cui mangi, gli ornamenti che porti in capo. Tutte queste sono cose. Ma ci sono due generi diversi di cose. Ci sono le cose fatte dal Grande Spirito, senza che noi lo vediamo, e che a noi uomini non costano né denaro, né fatica alcuna, come la noce di cocco, appunto, la conchiglia, la banana; e ci sono cose fatte dagli uomini, che costano lavoro e fatica, come gli anelli, la ciotola o lo scacciamosche. Il signore intende quindi le cose che egli può fare con le sue stesse mani, le cose dell'uomo, e sono queste che ci mancano; poiché non può certo riferirsi alle cose del Grande Spirito. Gettate intorno lo sguardo, fino all'orizzonte, dove l'estremità della terra sostiene l'immensa volta azzurra. Tutto è pieno di grandi cose: la foresta con le sue colombe selvatiche, i colibrì e i pappagalli; la laguna con i suoi frutti, le conchiglie, le aragoste e gli altri animali d'acqua; la spiaggia con il suo volto chiaro e la morbida pelliccia della sua sabbia; la grande acqua, che può mostrarsi irata come un guerriero o sorridere dolcemente come una vergine del villaggio; la grande volta azzurra, che si trasforma a ogni ora del giorno e porta grandi fiori che ci danno luce d'oro e d'argento. Perché dovremmo essere tanto stolti da aggiungere a queste altre cose, da mettere cose dell'uomo accanto a quelle sublimi del Grande Spirito? Non potremmo mai comunque uguagliarlo, poiché il nostro spirito è troppo piccolo e debole di fronte alla potenza del Grande Spirito; e anche la nostra mano è troppo debole in confronto alla sua, grande e possente. Tutto ciò che possiamo fare è soltanto poca cosa e non vale la pena di parlarne. Possiamo rendere più lungo il nostro braccio per mezzo di una clava, possiamo allargare la nostra mano per mezzo di una ciotola di legno, ma non c'è mai stato un samoano e neppure un Papalagi che abbia fatto una palma o una radice di kava. Naturalmente il Papalagi crede di poter fare queste cose, crede di essere forte come il Grande Spirito. E mille e mille mani non fanno altro che preparare cose, dal levarsi al cadere del sole. Cose dell'uomo, di cui non conosciamo lo scopo, di cui non vediamo la bellezza. E il Papalagi pensa sempre nuove cose, continuamente. Le sue mani tremano di febbre, il suo volto diventa grigio come la cenere e la schiena gli s'incurva; ma lui brilla di gioia quando riesce a costruire una cosa nuova. E subito tutti vogliono avere la cosa nuova, e la ammirano, si mettono davanti a essa e la cantano nella loro lingua. O miei fratelli, se voi voleste credermi: io sono riuscito a entrare nel pensiero del Papalagi e ho visto la sua volontà, come s'egli fosse illuminato dal sole di mezzogiorno. Poiché là dove egli arriva, distrugge le cose del Grande Spirito, e vuole poi riportare in vita con il proprio potere ciò che uccide, e con ciò far credere a se stesso di essere lui il Grande Spirito perché sa fare tante cose. Fratelli, pensate se fra un'ora venisse la grande tempesta e sradicasse la foresta e portasse via le montagne con tutti gli alberi e tutte le foglie e trascinasse via con sé tutte le conchiglie e gli animali della laguna e non ci fosse più neppure un fiore di ibisco con cui le nostre fanciulle potessero adornarsi i capelli. Se tutto, tutto ciò che vediamo scomparisse e non restasse altro che sabbia, e la terra somigliasse a una nuda mano tesa o a una collina su cui è scivolata la lava incandescente, come piangeremmo sulle palme, sulle conchiglie, sulla foresta, su tutto. Là dove si trovano le molte capanne del Papalagi, nei luoghi ch'egli chiama città, là però la terra è nuda come una mano tesa, e per questo il Papalagi si smarrisce nella follia e gioca a fare il Grande Spirito: per dimenticare ciò che non possiede. Poiché egli é così povero e la sua terra così triste, afferra le cose, le raccoglie come il pazzo raccoglie le foglie secche e con esse riempie la sua capanna. Per questo però ci invidia e vorrebbe che noi diventassimo poveri come lui. Grande povertà è quando l'uomo ha bisogno di tante cose: perché così egli dimostra di essere povero di cose del Grande Spirito. Il Papalagi è povero perché desidera tanto ardentemente le cose. Non può vivere senza di esse. Quando con il dorso di una tartaruga si costruisce un arnese per lisciarsi i capelli, quando vi ha messo dell'olio, fa ancora una pelle per l'utensile, una piccola cassa per la pelle e una cassa più grande per quella più piccola. Mette tutto in pelli e in casse. Ci sono casse per panni inferiori e superiori, per panni da lavare, panni da bocca e altri panni, casse per le pelli da mani e per le pelli da piedi, per il metallo rotondo e per la carta pesante, per le provviste di cibo e per il Libro Sacro, per tutto e per ogni cosa. Di tutte le cose ne fa tante, quando una sola basterebbe. Vai in una cucina europea e vedi moltissime ciotole per il cibo e altri strumenti per cucinare che non vengono mai usati. E per ogni cibo c'è una diversa ciotola: una per l'acqua diversa da quella per la kava europea, una per la noce di cocco diversa da quella per la colomba. Una capanna europea ha tante cose, che se anche tutti gli uomini di un villaggio delle Samoa se ne caricassero completamente le mani e le braccia non basterebbero a portarle tutte. In una sola capanna ci sono un tal numero di cose, che tanti capi bianchi hanno bisogno di molti uomini e donne che non facciano altro che mettere tutte queste cose al loro posto e ripulirle della sabbia. E persino la più nobile vergine consuma molto del suo tempo a contare le molte cose, a sistemarle e a pulirle. Fratelli, voi sapete che io non mento e vi dico tutto come io in verità ho veduto, senza nulla togliere o aggiungere. Così, credetemi, in Europa ci sono persone che si puntano la canna da fuoco alla fronte e si uccidono perché preferiscono morire piuttosto che vivere senza cose. Poiché il Papalagi inebria in mille maniere il suo spirito e così si convince di non poter vivere senza le cose, come nessun uomo può vivere senza cibo. Per questo non ho mai trovato in Europa una capanna dove potessi stendermi bene sulla mia stuoia senza che qualcosa urtasse le mie membra quando mi allungavo. Tutte le cose mandavano lampi o gridavano forte con la bocca del loro colore, così che non potevo chiudere gli occhi. Mai riuscii a trovare un giusto riposo e mai provai maggior nostalgia per la mia capanna delle Samoa, nella quale non ci sono cose, se non la mia stuoia e il rotolo per poggiare la testa, e dove nulla arriva all'infuori del dolce aliseo che viene dal mare. Chi possiede poche cose si considera povero e ne soffre. Non c'è Papalagi che canti e abbia uno sguardo lieto quando non ha nulla all'infuori della sua stuoia e della sua ciotola, come accade a ciascuno di noi. Gli uomini e le donne del mondo bianco piangerebbero di malinconia nelle nostre capanne, si affretterebbero a correre nella foresta per prendere legno e cercare il guscio della tartaruga, vetro, filo di ferro o pietre colorate o molte altre cose ancora, e continuerebbero da mattina a sera a tenere in moto le loro mani, fino a quando la loro casa delle Samoa si fosse riempita di cose grandi e piccole. Tutte cose che facilmente si rompono, che ogni piccolo fuoco e ogni pioggia tropicale possono distruggere e spazzar via, e che devono perciò essere continuamente rifatte. Quanto più un uomo è un vero europeo, tanto maggiore è il numero delle cose di cui ha bisogno. Per questo le mani del Papalagi non stanno mai ferme, non riposano mai: per il gran fare le cose. Per questo i volti dei bianchi sono spesso così stanchi e tristi, e per questo pochissimi fra di loro arrivano a vedere le cose del Grande Spirito, a giocare sulla piazza del villaggio, a dire e cantare liete canzoni o, nei giorni di sole, a danzare nella luce e a rallegrarsi come a noi tutti è dato di fare. Loro devono fare cose. Devono custodire le loro cose. Le cose stanno loro addosso e strisciano loro intorno come le formichine della sabbia. Compiono con gelido cuore qualsiasi delitto, per ottenere le cose. Si fanno la guerra fra di loro, non per l'onore dell'individuo, o per misurare le loro vere forze, ma solo per amore delle cose. Tuttavia, tutti loro sanno la grande povertà della loro vita, altrimenti non ci sarebbero tanti Papalagi che godono di grande onore perché passano tutta la loro vita a intingere ciuffi di peli in succhi di ogni colore, e con essi gettano belle immagini su bianche stuoie. Scrivono così tutte le belle cose di Dio, tanto variopinte e liete quanto loro riesce di fare. Con la terra molle danno forma a creature senza panni, fanciulle con i bei movimenti liberi di una vergine del villaggio Matautu, oppure a figure maschili che levano la clava, che tendono l'arco e spiano nella foresta la colomba selvatica. Creature di argilla alle quali il Papalagi costruisce intorno capanne a festa, dove la gente arriva da lontano per contemplarle e godere della loro bellezza e santità. Stanno davanti a esse avvolti fittamente nei loro molti panni e rabbrividiscono. Io ho visto il Papalagi piangere di gioia davanti a tanta bellezza, che lui stesso ha perduto. Ora gli uomini bianchi vorrebbero portare a noi i loro tesori, perché anche noi diventiamo ricchi delle loro cose. Ma queste cose non sono che frecce avvelenate, di cui si muore quando colpiscono il petto. «Dobbiamo creare loro dei bisogni», ho udito dire da un uomo bianco che conosce bene la nostra terra; e bisogni vuol dire cose. «Allora diventeranno desiderosi di lavorare», diceva ancora quell'uomo sapiente. E intendeva dire che dovremmo impiegare anche noi la forza delle nostre mani per fare le cose. Cose per noi, ma in primo luogo per il Papalagi. Anche noi dobbiamo essere stanchi e grigi e curvi. Fratelli delle molte isole, dobbiamo vegliare e stare all'erta, perché le parole del Papalagi sembrano dolci banane, ma sono piene di lance segrete che vogliono uccidere in noi la luce e la gioia. Non dimentichiamo mai che a noi occorre ben poco, all'infuori delle cose del Grande Spirito. Egli ci ha dato gli occhi per vedere le sue cose. E ci vuole più di una vita per vederle tutte. E non c'è mai stata menzogna più grande sulle labbra dell'uomo bianco di questa: che le cose del Grande Spirito non sono di utilità mentre le sue sarebbero molto più utili. Le sue cose sono così grandi in numero, che brillano e scintillano, e cercano in mille modi di conquistarci; non hanno però mai fatto un Papalagi più bello nel corpo, né i suoi occhi più brillanti o i suoi sensi più forti. Quindi anche le sue cose non servono a nulla, e dunque ciò che egli dice e vuol spingerci a fare appartiene al cattivo spirito e il suo pensiero è imbevuto di veleno

sabato 27 settembre 2025

Volete una prostata in salute? State lontani dal PSA e dai medici

Marcello Pamio - 9 settembre 2025 La medicina interventista, dalla metà degli Ottanta ha iniziato a dosare nel sangue una proteina specifica detta PSA (Antigene Prostatico Specifico). Il valore soglia - deciso dagli urologi amerikani per alzata di mano - è 4 ng/mL, anche se da anni stanno spingendo per fare la biopsia con PSA > 2,5! Siamo alla follia. Stiamo parlando di 4 miliardesimi di grammo per millesimo di litro di sangue! Una quantità infinitesimale, anche per le apparecchiature più sofisticate! Ai medici sfugge (per ignoranza o malafede, questo non lo so) che il livello del PSA varia moltissimo con l’età, con le dimensioni della ghiandola; a causa di una banale infiammazione (prostatite) e dipende da stimoli meccanici (sforzi fisici, attività sessuale, lo sfregamento della sella della bici o della moto, ecc.). L'apoteosi della presa per il culo è che il tumore prostatico ci può essere anche con PSA inferiore a 1! Quindi affidabilità pari al ridicolo. Vogliamo parlare della biopsia? Un intervento chirurgico serio che viene invece banalizzato. Con un 𝘢𝘨𝘩𝘦𝘵𝘵𝘰 lungo 18 cm si prelevano campioni di tessuto (buchi) anche fino a 30 punti diversi, entrando dall'ano quindi perforando l'intestino retto! Sapete perché così tanti prelievi? La ghiandola viene bucata dappertutto per aumentare statisticamente la probabilità di "beccare" le cellule tumorali! Avete capito? La vita sessuale e non solo di un uomo, dipende dal culo o dalla sfiga del medico di pizzicare le cellule atipiche! Che sia per questo che la Natura ha nascosto la prostata in un punto non accessibile? Comunque sia, bucherellarla qua e là fa aumentare il reale rischio di degenerazione tissutale... L'altro dato interessante è l’aumento del cancro dopo l’introduzione dell’esame del PSA, avvenuto nel 1986. Guarda caso, con l'inizio del test il numero di tumori è raddoppiato e poi decollato. Lo screening infatti NON riduce la mortalità, ma AUMENTA il rischio di sovradiagnosi. Il reale rischio di morire per cancro alla prostata è il 3%, e questo significa che il 97% (sovradiagnosi) degli uomini avrà molti più danni che benefici! Dati confermati dal New England Journal of Medicine: lo screening prostatico non ha alcun effetto sulla mortalità! C'è infine il problema della specificità: gli screening hanno moltissimi falsi positivi che indurranno a biopsie non necessarie ma con conseguenti effetti collaterali gravi (impotenza, incontinenza, dolore, sanguinamento, ecc..). Se dopo quanto detto farete ancora il PSA, beh, si chiama karma! Io morirò quando arriverà la mia ora, come tutti, ma state pur certi che sarò integro con tutte le ghiandole al loro posto... Tratto dal libro "Giù le mani dalla prostata" ORDINA IL LIBRO fonte https://disinformazione.it/

giovedì 28 agosto 2025

Vivere nel nostro corpo Daniel Odier

fonte https://www.danielodier.com/ Nessun luogo, nessuna dimora ci porterà mai una gioia comparabile a quella di vivere nel nostro corpo. Per arrivare a questa presenza a sé stessi, bisogna comprendere che il corpo è, prima di tutto, uno stato emozionale. Quando le emozioni sono fluide, il corpo si apre. Lo sport, lo yoga, possono aiutarci a rilassare il corpo, ma l'essenziale è arrivare ad uscire dalla tensione emotiva. Come fare? VIVERE LE EMOZIONI ATTRAVERSO IL CORPO Per rilassarsi bisogna arrivare a vivere le emozioni attraverso il proprio corpo, piuttosto che attraverso il mentale. Il corpo ha la meravigliosa capacità di assorbire le emozioni e di rilasciarle rapidamente. Non sa conservare. Non sa raccontare una storia, ma ha la capacità meravigliosa di vivere pienamente l'emozione e lasciarla uscire. Il mentale, lui, ci racconterà una storia, e soprattutto ce la ripeterà condizionando il corpo a risentire ciò che aveva sentito. La nostra vita mentale è estremamente ripetitiva. La ripetizione crea un caos emozionale. Appena si presenta un'emozione, restiamo connessi al corpo seguiamo il suo periplo e osserviamola dissolversi e scomparire. LIBERARSI DALLE CERTEZZE La seconda pratica discende dalla prima. Le certezze creano una grande reattività e la reattività contrae il corpo. Abbandonare le certezze ci mette in uno stato di freschezza, di creatività, di stupore. Non sappiamo nulla, guardiamo, ascoltiamo, come se fosse la prima volta. Un'impressione di innocenza che crea l'attenzione, la presenza a sé e agli altri. Non sapere libera il mentale e fa nascere la gioia che emerge dal silenzio interiore. RESPIRARE COME UN NEONATO I neonati e i mammiferi respirano rilassando il ventre all'inspiro. È la respirazione più naturale, la più pacificante. La colonna vertebrale accompagna il movimento del ventre, il diaframma si libera e ritrova l'ampiezza del suo movimento. I muscoli profondi del ventre si rilassano. Il corpo percepisce le onde benefiche del soffio, i sensi si aprono, lo sguardo vede il mondo. RITROVARE LA LENTEZZA La lentezza è la cosa che ci manca maggiormente. La nostra vita è a singhiozzo, sottoposta ad un ritmo infernale, che ci fa uscire dalla presenza. Respirare ci riporta alla presenza, rallentare il ritmo dei movimenti tranquillizza la mente. I muscoli si rilassano, il contatto è più profondo ed evitiamo una gran parte della fatica, dovuta ad una tensione eccessiva. Un gesto un po' più lento e creatore di armonia apporta al corpo una soddisfazione profonda e calma il mentale. Più lento, il nostro gesto è più preciso e più efficace. Ritroviamo la vita, il contatto con gli oggetti e con gli esseri. SVILUPPARE LA PRESENZA Facendo un piccolissimo sforzo di presenza, di durata molto breve, dieci o quindici secondi, il nostro corpo registra più rapidamente che la presenza gli dà piacere. Trenta volte al giorno, scivoliamo in una presenza breve, che metterà il corpo in uno stato di ricettività. Molto rapidamente sarà il corpo stesso a chiederci maggiore presenza per meglio godere del mondo ed abitare quella dimora meravigliosa che ci porterà la gioia, ovunque saremo. Traduzione a cura di Laura Villa

lunedì 28 luglio 2025

L"amico americano

Fonte: Fausto Gianelli Arianna editrice Sul campo da golf in Scozia di Trump (i servi si ricevono come consuetudine tra una partita e l'altra) la peggiore presidente possibile di quel carrozzone che è diventato l'Unione Europea, ha accettato dazi generali sui propri prodotti al 15% (al 50% su acciaio e alluminio), impegnandosi investire 600 miliardi negli Stati Uniti (i soldi si sa ci avanzano), a una spesa aggiuntiva di 750 miliardi per l’acquisto di gas liquido USA (a prezzi folli) che porterà al tracollo e alla delocalizzazione di parecchie imprese europee. L'UE non applicherà nessuna tariffa reciproca, si impegna a cancellare la digital service tax sulle multinazionali del settore statunitensi e conferma l'acquisto di 300 miliardi annui di armi dagli USA (la guerra in Ucraina continuerà e dovremo pagarla tutta noi). Che l'Unione dei Paesi vassalli d"Euroa fosse destinata a una fine ingloriosa lo si sapeva, che il tracollo sarebbe stato di questa portata era difficile immaginarlo.

domenica 22 giugno 2025

COMPRENDERE È REALIZZARE

Battute magistrali degli insegnamenti di Ranjit Maharaj Titolo originale dell’Opera; UNDERSTANDING IS REALIZING Master Strokes of Shri Ranjit Maharaj’s Teachings 2003 – Shri Sadguru Siddharameshwar Adhyatma Knedra Traduzione di ISABELLA DI SORAGNA Prefazione Questo libretto è una collezione delle inestimabili parole del mio Maestro Shri Ranjit Maharaj, che sono semplici, chiare e che penetrano il cuore del sincero ricercatore o Sadhak. Ranjit Maharaj nacque a Bombay il 4 gennaio 1913 e incontrò il suo Maestro Shri Siddharamshwar Maharaj quando aveva solo 12 anni. Dalla nascita Maharaj era un bambino malaticcio, ma intensamente devoto a Krishna, che venerava giornalmente. Lui stesso però diceva che il giorno che incontrò Siddharameshwar Maharaj:- Vidi il mio Maestro che mi conquistò: da quel giorno dimenticai Krishna.- Maharaj aveva 24 anni quando Siddharameshwar Maharaj lasciò il suo corpo. Non si sposò mai e la maggior parte della sua vita lavorò come contabile in varie ditte, fino alla pensione, a 80 anni. Cominciò ad insegnare solo all’età di 70 anni, causa il crescente numero di ricercatori, che lo visitavano nella sua unica stanzetta che serviva anche da ufficio. Lasciò il suo corpo il 15 novembre 2000. L’insegnamento di Maharaj, come quello del suo Maestro, è basato su una semplice e diretta trasmissione di Conoscenza. Egli dice:- A causa delle parole sei diventato schiavo, grazie alle parole puoi essere libero. L’ignoranza è arrivata con l’ascolto, deve sparire con l’ascolto. Le parole sono false, solo il significato che indicano è vero. benché tutto sia un’illusione, per capire l’illusione, l’illusione è necessaria.- Maharaj sottolinea l’importanza della comprensione del nostro vero Sé, quello che sono e quello che non sono. Ci rende immediatamente ‘liberi’ dicendo:- Dimentica questo (Corpo/illusione) e tu sei QUELLO. Semplice e chiaro.- Egli dice che quello che vedi, percepisci, pensi e senti, non è vero! Tutto ciò che non è permanente non è reale. Allora dov’è il corpo, la mente, l’intelletto, l’ego e questo mondo? Se non sono tutte queste cose, allora che cosa sono? Poi dice ancora:- Quando l’IO non c’è, allora dove sei ‘Tu’? Se tu non esisti, il mondo non esiste, è ovvio. Allora dimentica tutto e QUELLO è presente.- È assai raro trovare un vero Maestro come Shri Sadguru Ranjit Maharaj, relativamente poco conosciuto, in mezzo all’odierno enorme mercato di maestri spirituali e Guru ‘new age’. Questi sedicenti Maestri propongono mille e un metodo, rendendo complicata la spiritualità e facendo sembrare irraggiungibile la Realizzazione per una persona ordinaria. Ma Maharaj senza nessuno ‘show’ (spettacolo), parlando in un semplice inglese, ci ha dato la conoscenza che il suo Maestro gli diede. Dopo averlo incontrato, egli dedicò tutta la sua vita al suo beneamato Maestro. – Quello che Egli è, te lo fa diventare.- Ecco tutto.- Maharaj soleva dire che i membri dell’illusione sono tanti e l’illusione non ama perdere nessun membro, quindi ti farà tornare indietro ancora e ancora per non permetterti di vivere la Realtà. Allora un vero maestro è necessario per spingerti oltre e si deve aver fede in quel Maestro e ripensare ancora e ancora a quanto egli dice. Sono grato a tutti quelli che mi hanno aiutato per rendere bello questo libretto che è un regalo. Sono senza parole adatte per la gratitudine a Maharaj per la comprensione che mi ha dato e gli dedico questo libro ai suoi piedi con amore e devozione. Kishor Chopda ………………………………………………………….. NON SONO IL CORPO Eri una goccia quando eri nell’utero materno e un giorno ridiventerai di nuovo una goccia. Ti mettono in una tomba e tutto sparisce. Perché ami questo (corpo)? Non amarlo, ma ama il tuo Sé che mai non muore. Percepisci il corpo e dici che sei questo o quello, ecco la più grande ignoranza. Il corpo muore, tu non morirai. E il corpo non muore nemmeno diventa parte dello stesso Parabrahman. Tutto è Quello, Oltre Quello Non vi è nulla. Molti santi dicono:- Oh, devi mangiare verdura, poi potrai venir da me.- Che fare? Mangi cetrioli no? Devi tagliarli. Essi hanno vita anche se non lo vedi. Poi l’aria e i batteri arrivano, ma puoi evitare che essi arrivino? Anche se continui a pulire, ci sono ancora. Nella nostra mitologia dicono che se vuoi vivere, devi mangiare la vita. Uno deve mangiare la vita. Inspiri e espiri no? Senza respirare non puoi essere. Respirare significa che vuoi avere aria che contiene tanti microbi. Li mangi tutti. D.: Era l’insegnamento del mio maestro precedente, ossia che essere vegetariano era utile per le vibrazioni del corpo, è vero? M.: Supponi che mangi cibo non-vegetariano, non puoi capire? Queste sono solo questioni del corpo. Se prendi solo cose buone, diventi buono? Tutta questa gente si realizza forse, tramite questo? Per scaricare il libro in formato pdf andare al sito di Isabella di Soragna

di Donald Hoffman: Quando la Percezione Inganna,,, fontehttps://www.italianetizen.it/lillusione-della-realta/ Immagina di svegliarti un gio...