mercoledì 5 dicembre 2018

David Icke a Maastricht nel 2017: la Matrix non è un luogo, ma una fonte di informazione che decodifichiamo

Scritto da Cristina Bassi
Sintetizzo in traduzione questo recente filmato (lo trovate a fine testo) di una intervista fatta a David Icke in un suo tour in Olanda, nel novembre del 2017. Sono degli spunti molto importanti per cogliere Matrix, concetto ora (anche grazie la film) molto piu’ diffuso di un tempo. Forse ancora non facile per molti cogliere in concetto dei campi informazionali che compongono la realtà che noi decodifichiamo nel nostro cervello; la realtà/Universo è frequenza e vibrazione, come anche Tesla già suggeriva… e non materia solida. 


Cos’è la matrix? E’ la natura della realtà che ci impediscono di conoscere, ovvero impediscono di conoscere questa verità: non c’è solidità. 
La conoscenza è fondamentale, se la vieti alle persone le tieni in una prigione percettiva. La realtà è come il nostro computer che prende informazioni in modi molto diversi da quelli che si vedono sul video e poi li decodifica per il video che vediamo.
Il campo di cui facciamo esperienza, è un campo informativo che NOI decodifichiamo. Cio’ che vedi sul video e che chiamiamo internet, esiste solo sul video, in tutto il resto ci sono solo cavi, elettronica, codici, circuiti elettronici
Allo stesso modo il mondo di cui stiamo facendo esperienza ora, è un campo informativo che NOI stiamo decodificando, proprio come nel principio del computer. Se osservi come è il mondo dei 5 sensi… questi raccolgono informazioni in forma di onde.
Prendiamo l’udito. Ora mente parlo non ci sono parole che passano tra me e te, ma c’è un campo informativo vibrazionale. Il tuo orecchio intercetta l’onda sonora, la trasforma in un segnale elettrico che comunica con il cervello, che sente cosi le parole.
Tutto cio’ che percepiamo come esterno a noi, in realtà è nella nostra testa. Uno dei maggiori exploit per me è stato quando è uscito il film Matrix perché costoro diedero il ritratto visivo di ci’ di cui sto parlando.
Ora se questo è il processo attraverso cui creiamo la realtà (e ci sono tantissime implicazioni per questo, buone e non) chiunque sia che controlla le informazioni che riceviamo e che decodifichiamo… sta dettando le direttive del mondo in cui viviamo.
Quindi ciò’ che chiamiamo Matrix o la realtà simulata, non è un luogo o un mondo, è una fonte informazionale (da cui provengono informazioni).
Questo (il “nostro”) è un campo informativo che è stato creato perché noi lo decodificassimo e credessimo di essere in un mondo “naturale”, in un mondo emerso o creato “per caso” (che scherzo!)  attraverso un dio delle religioni, per esempio, dipende dal sistema di credenze che segui, ma in realtà è una fonte di informazione che decodifichiamo.
La tua realtà percettiva  viene confinata da questa fonte e tutte le informazioni che ricevi vengono fornite da questa fonte. Poiché sei in questo mondo simulato e non hai altre fonti di informazione. Questa fonte di informazione ti alimenta di questa realtà Matrix, secondo il suo volere.
E la Verità vi renderà Liberi - Libro   L'Imbroglio della Realtà e l'Inganno della Percezione - Libro  Figli di Matrix
Quanti programmi vedi e senti nel mainstream che mettono in discussione la realtà, cosi come è formata e si costituisce?
Quel che noi chiamiamo risveglio è quando permetti alla tua mente di espandersi, oltre le frequenze , perché questo è quel che è: una banda di frequenze di informazioni, come un canale TV per esempio, un canale tv olografico, illusoriamente fisico.
Una volta che hai iniziato ad espandere la tua mente oltre questi muri, sei ora in grado di accedere a livelli di Coscienza della Realtà, che non sono parte di questa simulazione, è dove il mondo appare molto diverso da quel che è la realtà sensoriale.
Sei in questo mondo, nel senso che il tuo corpo sta interagendo e decodificando queste onde informative,   ma la tua Coscienza sta attingendo ad un punto di osservazione che non è di questo mondo, ed è lì dove le persone iniziano a vedere la Verità
E che succede a questo punto? La maggioranza ancora “nel programma”, vede come pazzo e fuori di testa,  un disturbato mentale, chiunque si sia mosso oltre quel programma, chiunque veda da un altro punto di vista.
Dal filosofo greco Platone abbiamo un meraviglioso esempio, con la sua allegoria della caverna, mentre parla della realtà simbolica, su come prigionieri in catene nella caverna vedono un muro; dietro di loro ci sono incendi, ma non potevano vederli, quel che potevano solo vedere erano le ombre sul muro. Quindi per loro, delle ombre sul muro sono la realtà. Platone parla anche di come un prigioniero uscì, vide che le ombre sul muro non erano la realtà , vide quel che c’era fuori e rientrò dicendolo ai compagni… che non furono felici di questo .
L’allegoria è sempre questa…quando un prigioniero apre la porta per uscire dalla cella, tutti gli altri prigionieri cercano di riportarlo dentro. E’ la questione della intimidazione delle persone per mezzo della arroganza della ignoranza, come la chiamo io. E’ una forma di fascismo psicologico.
Un’altra parte interessante della analogia della caverna, è che alcuni di questi prigionieri divennero esperti  delle ombre sul muro. Come gli accademici del giorno d’oggi, che sono persone molto dotte ma dentro una illusione, molto dotte su come percepiamo quello che è… che poi invece non è.
Questa mentalità che è nella matrix e fuori di essa, è cio’ che chiamiamo intelletto, che non è la Coscienza. Tutta l’educazione scolastica è relativa all’intelletto e non alla espansione della mente, non è per avere dei pensatori critici. “E non ti prendi buoni voti se non dice che quello che vedi è quello che noi diciamo che è”. Un programma che va avanti tutta la vita.
Quindi la Matrix è una fonte di informazione, come fosse un campo wifi, che noi decodifichiamo. Perché noi siamo dentro e fuori di questa. Penso che la stragrande maggioranza delle persone (per fortuna le cose stanno cambiando) non abbia mai avuto un pensiero originale nella propria mente, che non sia venuto da questa fonte di informazione matrix, a parte forse solo i giovanissimi.
Perché se guardi gli studenti.. che fanno? Non fanno che ripetere. Non esplorano, non indagano. Un esame del resto è ripetere cio’ che viene loro detto. Come quello che fa un giornalista, ripetere 24h su 24.
Per rispondere alla tua domanda… le persone si stanno svegliando per una serie di ragioni:
Ho cominciato il mio viaggio per il mondo nel 2016 e quel che ho visto è una marea di gente infelice per come sono le cose nel modo e la loro condizione. Quando le persone sono come in uno stato di transizione, da un lato hanno abbandonato l’attaccamento al programma, alla versione della realtà proposta del sistema, in cui si sentono molto a disagio… qualcosa sta cominciando a muoversi. Se possono accedere a quell’altra versione, a quella informazione che dice, perchè non si sentono bene e perchè devono non sentirsi a loro agio … hanno un momento di risveglio in cui dicono che tutto cio’ ha piu’ senso. Ecco che quindi il loro risveglio continua e cominciano a mettere in discussione altre cose.
Quando le persone hanno raggiunto il punto in cui vedono che quel qualcosa in cui “credevano” non è affatto cio’ che credevano, ecco allora che il cancello (della mente) si spalanca… verso nuove percezioni e verità

 Fonte https://www.thelivingspirits.net

martedì 27 novembre 2018

Francia, giubbotti gialli: “nazionalismo” contro “sovranismo”

Fonte https://scenarieconomici.it
Dopo una settimana di proteste, i gilets jaunes, come volevasi dimostrare, stanno ancora manifestando oggi in tutto il paese. E non si fermeranno. Fanno sul serio. Hanno creato un movimento. Le loro rivendicazioni? Meno tasse e via Macron. Qualcuno parla di tornare alle urne.

Alcuni sindacati di polizia si sono schierati con il popolo, dichiarando il loro imbarazzo per le azioni di repressione che alcuni di loro sono stati portati a compiere. Grazie all’intervento “fortunato” dei black-blocks infatti, Macron, ha colto l’occasione per uscire da un silenzio stampa tanto assordante quanto cinico e sordo per ribadire le sue accuse alle violenze dei manifestanti che poi sono solo quelle di qualche BB felicemente infiltrato (https://www.huffingtonpost.fr/2018/11/24/macron-dit-sa-honte-face-a-la-violence-des-gilets-jaunes_a_23599408/).
Vi chiederete: come mai tanta ostinazione (e sto parlando del pupazzo di Parigi) nel non volere ascoltare le trippe del popolo? Semplice, la finanza internazionale, di cui lui è il fantoccio, malata di narcisismo patologico, ha un sogno: quello di potere venire allo scoperto e di potere apertamente prevaricare i popoli della terra senza doversi più nascondere, ma come in un gioco sadomaso, che la cosa sia richiesta e apprezzata dal popolo, che esso la ringrazi, e ne chieda ancora!
Purtroppo non tutti amano il sadomasochismo, c’è ancora una parte di umanità sana che dice no. Ogni volta che la casta monecratica mette i suoi emissari, come Macron, il malcontento sale nonostante i potentissimi mezzi di corruzione di cui dispone per corrompere tutta la società: lo strumento monetario fiat e debito.
Oggi egli è troppo occupato a fare dichiarazioni vacue su Brexit ed Europa mentre la sua casa brucia e quella europea si scalda.
Alcuni si chiederanno. Ma la Francia, avendo il trattamento privilegiato da parte delle politiche europee, di cui abbiamo parlato in alcuni articoli, come mai brucia?
Vorrei pertanto sottolineare l’importanza fondamentale della distinzione tra, da una parte, la sovranità di uno Stato – che può sfociare come nel caso francese in nazionalismo e prevaricazione dei popoli di altri paesi – e dall’altra la sovranità di un popolo, di ognuno di noi. In un mondo normalmente democratico la sovranità del popolo dovrebbe dipendere in qualche modo anche dalla sovranità di un paese, perché le sue istituzioni dovrebbero essere la fedele rappresentazione del volere di un popolo, ma sappiamo che così non è.
In Francia la sovranità del paese, che è nazionalismo, è squilibrata, neocoloniasta, prepotente, sfocia nel volere di una elite depravata e psicopatica che sta usando le istituzioni della République a suo uso e consumo arrivando a tracimare al punto da schiacciare la seconda sovranità, quella del popolo, quella di ognuno di noi.
Nel paese che più di tutti al mondo è vissuto nella dicotomia e nella propaganda ipocrita, inculcata sin da piccini, di presentarsi al mondo come la culla dei diritti universali fino a quando il comitato d’affari misto pubblico privato al vertice della République aggrediva “solo” altri continenti, e drogava il popolo francese con aiuti e sovvenzioni a non finire, tutto ok Madame la Marquise. Ma il popolo francese è per l’appunto, e grazie al cielo, un popolo viziato, abituato al guanto di velluto di Mitterand che non disdegnava di utilizzare specie con le colonie il pugno di ferro fuori.
E non è solo la goccia del caro benzina ad avere fatto traboccare il vaso, in Francia. E’ qualcosa nelle trippe, un cortocircuito tra mente e viscere che è saltato: un popolo crassamente manipolato a pensare di essere la culla dei diritti umani, non può neanche lontanamente sopportare il trattamento che gli è riservato dall’élite, non può rassegnarsi a capire che è stata tutta propaganda menzognera. Donde la determinazione dei nostri vicini: è la propaganda di cui il loro dna è fatto che si ritorce come un boomerang.
Purtroppo la massa critica non è ancora arrivata all’idea che “sovranismo” nel mondo senza Stati, che è quello che la casta mondialista ha in mente di propinarci, significherebbe che ognuno fosse libero di organizzarsi in comunità e fosse sovrano. Essere sovrani significa che la moneta che hai in tasca, l’hai in virtù del fatto che un essere umano ha diritto ipse facto di vivere dignitosamente, come ci insegna proprio quella Dichiarazione dei diritti dell’uomo di cui la Francia si fa a parole campionessa, senza costringerti a prostituirti e soprattutto è tua e non è debito nei confronti di nessuna casta di privati. Ecco perché la casta dei falsari monetari odia il sovranismo, non sopporta il populismo, e li fa coincidere con nazionalismo e fascismo. Perché un popolo che si sa sovrano, non accetta più la legge fallace del do ut des, e del mors tua vita mea, rivendica la sua sovranità riprendendosi la moneta e riprendendosela, sia chiaro, non in quanto singolo cittadino ma in quanto comunità organica.
“Sovranismo” non è nazionalismo. Nazionalismo è spingere per la sovranità di una nazione, fatta di Stato, popolo, territorio nei confronti degli altri Stati, trarre il proprio benessere dal predominio e lo sfruttamento delle risorse appartenenti ad altri popoli, come fa per l’appunto la Francia con il CFA. Sovranismo è un fatto interno, è spingere per la sovranità dei cittadini, cioè degli uomini e delle donne, all’interno dello stesso paese, ed è un fatto universale. Nazionalismo invece è una conseguenza dell’internazionalismo apolide, quello che spinge per il globalismo perché è proprio con la complicità di alcune nazioni, USA, Francia, Norvegia, Olanda, Danimarca, Gran Bretagna, Cina, più “sovrane” di altre e con il sofisma che il loro nazionalismo sarebbe “patriottismo” legittimo che si perpetua il neocolonialismo finanziario in tutte le sue forme.
Un cittadino sovrano ha il dovere di difendersi dalla casta organizzandosi in COMMUNITAS, perché solo uniti potremo esercitare la nostra sovranità, e fino a quando tale communitas è lo Stato, dobbiamo farne la nostra casa e la nostra cassa, con una compartecipazione agli utili che esso accentra da trasferire ad anonimi creditori, che creano la moneta che prestano, con un gioco di scrittura contabile.
Lo Stato in poche parole va depersonalizzato e strumentalizzato a nostro servizio e non viceversa come è successo da quando abbiamo dato la personalità giuridica a società per azioni ed enti pubblici.
Infine, quando Macron dice che patriottismo non è nazionalismo, lo fa come al solito per rovesciare le parole, lo fa per giustificare quel nazionalismo insano e neocoloniale della Francia nel mondo, che ai francesi hanno inculcato come “rayonnement” nel mondo, per far loro accettare il nazionalismo spietato del loro paese, chiamato, in modo “mignon” “chauvinisme”.
Se così non fosse, il popolo francese parlerebbe come Marine Le Pen che alla domanda di che cosa ne pensasse della parità fissa tra CFA ed euro ha dichiarato:
“E’ un dramma per le colonie africane, già è un dramma per noi (l’euro). Tiene l’economia africana in asfissia. E’ un modo per uccidere economicamente l’Africa, quindi io sono fondamentalmente contraria a questo modo di fare. Condanno questa moneta perché è impossibile farcela.
Considero che Tutte le nazioni hanno il diritto di avere la loro moneta, la moneta è uno degli elementi della sovranità. Sono coerente, non considero che alcuni paesi abbiano dei diritti e non degli altri, quello che rivendico lo chiedo per il mio paese e il mio popolo e anche per tutti i paesi e per tutti i popoli.” (tratto da https://www.youtube.com/watch?v=zw1DKcVBXUw&feature=share )
Nforcheri 25/11/2018
14 Stati africani costretti a pagare il signoraggio alla Francia
La zona Franco: appannaggio del signoraggio coloniale della Francia
https://nicolettaforcheri.wordpress.com/2018/06/13/francia-africa-ipocrisia-vomitevole/

sabato 3 novembre 2018

Smartphones, social e tutto il resto. La fine dell’umanità così come è sempre stata.

Fonte https://www.andreabizzocchi.it
Ho sempre avuto una istintiva repulsione, o come minimo diffidenza, nei confronti della tecnologia. Ovviamente la tecnologia presenta, come qualunque altra cosa al mondo, una commistione di caratteri sia negativi che positivi. Ma presenta anche delle caratteristiche ben precise: ad esempio la tecnologia non è tanto l’oggetto tecnologico che ha prodotto, quanto un certo tipo di mentalità e una certa “visione della vita” che quell’oggetto sono arrivati a concepire. Per dire: i popoli della natura non si sono mai sviluppati da un punto di vista tecnico-tecnologico non perché non avessero sufficienti capacità intellettive, ma semplicemente perché l’idea di progresso/sviluppo era del tutto alieno ad una mentalità che viveva “nel tempo” (e non del tempo) e nel “Tutto” (generalizzando, l’unione simbiotica con la Natura e il cosmo, la capacità di immedesimarsi in un animale, in una foglia che cade, in un fiume che scorre, eccetera). Più semplicemente questi popoli “freddi” (come li chiamava Levy Strauss) non hanno mai avuto smanie di “progresso” di alcun genere (tanto meno tecnologico) perché stavano bene così come stavano. A differenza nostra, che ci “agitiamo” a progredire e svilupparci proprio perché non stiamo bene.
Ma veniamo a noi. Ho scritto queste poche righe qualche mese fa seduto su una panca del terminal GreyHound di Port Autorithy (Newark) dopo aver passato quasi due giorni per aeroporti (Bologna, Parigi, Atlanta, Orlando, New York). Ovunque ho visto solo persone a testa bassa smanettare sul loro smartphone; e nessuno, dico nessuno, ridere/scherzare/giocare/parlare con il proprio compagno, con il proprio figlio, con l’amico o con lo sconosciuto vicino di sedia (che una volta era cosa assolutamente normale). Eppure ancora solo dieci anni addietro le cose stavano diversamente, e quando ho cominciato a viaggiare da solo per il mondo (una trentina d’anni fa, che non sono pochi ma non sono nemmeno un’altra era geologica) il viaggio era la quintessenza del conoscere persone e dell’intessere relazioni. Anzi, direi che si viaggiava soprattutto per questo. Ma oramai è così ovunque e la sostanza del discorso è che questi aggeggi che si sono impossessati delle nostre vite (unitamente a tutto il resto è ovvio), sono un formidabile strumento di distruzione del tessuto sociale e di rapporti. E una società che piuttosto che delle molteplici e drammatiche realtà che sta vivendo a diversi livelli si preoccupa del numero dei like della pizza che sta mangiando e condivide in tempo reale su qualche social, è una società che ha poche speranze di combinare qualcosa di buono. Ed è anche una società in cui cooperazione, mutuo aiuto, condivisione, senso di solidarietà, eccetera, scompaiono progressivamente. Perché i valori (si fa per dire) diventano altri.
Che fare? Non credo ci siano soluzioni perché le operazioni di ingegneria sociale (cioè di trasformazione della società dirette dall’alto) sono molteplici e portate avanti in maniera scientifica e impercettibile (vedi tra le altre cose la distruzione della famiglia tradizionale, promozione di genderismo e gravidanze via uteri in affitto, ecc).
Siamo tutti in riprogrammazione e non ce ne rendiamo conto. Siamo, antropologicamente parlando, in una fase di transizione che ci scaricherà direttamente nel postumano. Eppure pochi paiono capirlo. Antropologicamente parlando, non siamo già più esseri umani, che ci piaccia o meno ammetterlo. Qui non si tratta di “salvare l’uomo”, ma di vivere con dignità e semmai di non essere complici di coloro che “l’uomo” lo stanno distruggendo.
Mi sento solo di dire: rendiamoci conto di dove, come umanità, stiamo andando, e mettiamo giù questi strumenti, non usiamoli o quantomeno il meno possibile. La realtà, la vita, l’amore e il cuore, che sono ciò di cui abbiamo bisogno per vivere bene, stanno da un’altra parte. Torniamo alla nostra umanità, che sarà pure molto imperfetta ma che nel suo farci ridere e piangere, gioire e soffrire, amare e a volte anche “odiare”, è pur sempre reale e soprattutto ci fa sentire ed essere “vivi” e non morti come quegli oggetti tecnologici con cui ci relazioniamo costantemente (anche qui si fa per dire. Non ci si può relazionare con qualcosa di morto).
Perché come “a stare con lo zoppo si impara a zoppicare”, a relazionarsi con ciò che è morto ci si spegne e poi si muore. Anche
se si è “vivi”.

domenica 28 ottobre 2018

Alan Watts: il potere e la fiducia nell’Universo

Scritto da Cristina Bassi  fonte https://www.thelivingspirits.net
Alan Watts (1915-1973), nativo inglese naturalizzato poi americano, fu autore, filosofo e docente di successo. Divenne celebre in tutto il mondo, negli anni ’60,  come ponte di collegamento fra la cultura occidentale e quella orientale.
Il video che qui presento e sintetizzo in traduzione, ha per oggetto il potere che deriva nel riporre fiducia nell’Universo; questo mi ricollega per un attimo al linguaggio della medicina energetica, in relazione ai meridiani polmone-colon quello della stagione autunnale: quando in equilibrio e armonia, esprime Fiducia e Fede (non in un dogma) quando in disarmonia e squilibro, manifesta fanatismi, -ismi vari, guru, ossessioni perfezionistiche, mancanza di ispirazione, stato caotico, ossessività.
Ma torniamo alla lezione di Alan Watts:
Lao Tzè diceva: “Il Grande Tao fluisce in ogni luogo, sia a destra che a sinistra. Ama  e nutre tutto, ma non si sovraccarica e quando raggiunge l’obbiettivo, non erige templi”.
Tao, la Via della Liberazione - Libro
Fidarsi dell’altro, dice, rende piu’ potenti, ma non perché si controlli tutto, ma perché ci si fida del lavoro di tutti: gli altri lo eseguono per voi.
“E’ per questo che potete andare a dormire la notte, fidandovi che il vostro sistema nervoso vi svegli la mattina. Gli potete persino dire di svegliarvi alle 6 e lo farà! Sembra un paradosso, ma raggiungere un senso di Unità con tutto il resto dell’Universo, non è cercare di ottenere potere sul resto dell’universo. Questo lo disturberà solo e anzi creerà antagonismo”.
L’unico modo per essere Uno con l’Universo, ci ricorda, è avere fiducia nell’Universo stesso.
Le persone diventano ansiose quando devono prendere una decisione.
C’è un aneddoto per questo, ci racconta:
“ un coltivatore aveva bisogno di aiuto e ingaggiò’ un ragazzo che fece un lavoro incredibilmente veloce e perfetto nel mettere un recinto. Ma in un giorno il lavoro era terminato e quindi l’agricoltore dovette ingegnarsi sul cosa fargli fare.
Lo chiamò e gli disse: “qui ci sono patate, ti chiedo di dividerle in tre gruppi: quelle che vendiamo, quelle che conserviamo per fare semenza, quelle che buttiamo”.
L’aiutante si ripresentò a fine giornata di lavoro, dicendo: “mister, io finisco qui”.
“Come – rispose sorpreso e allarmato l’agricoltore- : ti aumento lo stipendio, faccio cio’ che desideri, una cosa del genere non mi è mai capitata…“No – disse il lavoratore-  tutto questo dover scegliere …è troppo”.
Quando decidiamo siamo sempre preoccupati: ho preso in considerazione abbastanza dati? Però se ci riflettete, vedrete che non potrete mai prendere in considerazione abbastanza dati, perché i dati a disposizione per una data situazione sono infiniti. Cosi pensate a cosa fare e poi quando arriva il tempo di agire… date i numeri.
Fortunatamente dimentichiamo le variabili che potrebbero intervenire ed è incredibile come funzioni. I guerrieri sono coloro che pensano a tutte le variabili al di là del loro controllo, cosi quando prendono la decisione, funziona. E penso che questo abbia poco a che fare con il vostro intento cosciente e il controllo.
Se delegate autorità, svolgete le cose piu’ armoniosamente. I veri grandi businessmen sono coloro che sono in grado di delegare autorità, si fidano che gli altri lavorino per la cosa. Cio’ accade perché costoro sviluppano un business sulla base della stessa struttura fondamentale di un organismo vivente, ovvero delegando autorità.
Funziona cosi: tanto più’ lasciate andare e vi fidate come se fossero altri piuttosto che voi stessi a fare la cosa, tanto piu vi rendete conto della inseparabile identità del sé e dell’altro. Al contrario, se cercate di trovare l’identità del sé e dell’altro, sottomettendo l’altro al sé… non andate da nessuna parte. Se date il sé, che è controllo, all’altro, riponendo fiducia in questo, potete fare un errore, fare una cattiva scommessa, ma a lungo andare agite con un principio, che ha sostenuto l’evoluzione.
Cosi funziona la evoluzione biologica: costante delega di autorità. Per questo la democrazia è superiore alla monarchia. Perché in democrazia è all’opera la sinergia politica. La sinergia è l’intelligenza di un sistema altamente complesso, la cui natura è spesso ignota all’individuo singolo”.
La Cultura della Controcultura - Libro
Watts teneva le sue lezioni negli anni 60, che non sono oggi. Lo faceva da anglosassone, che non è la cultura Latina-italica. Tuttavia trovo ci sia una grande verità e saggezza, ma per essere colta e praticata, oggi occorre a mio avviso epurare l’esperienza da –ismi, emozionalità, illusioni… tutto cio’ che è stato spesso fuorviante in questi decenni,  con ciò’ che è circolato sotto il cappello “new age”, con i suoi mantra classici: “lasciare andare”, “vai dove ti porta il cuore”, “attrai chi ti pare” etc etc.
Il rapporto è intimo e personale con l’Ente, l’Universo, l’Uno, l’Esistente, il Tutto cio’ che è e sarà, o come volete chiamarlo, anche Dio se non lo collegate ad un dogma di una istituzione terrena. In questa accezione, “l’abbandono”, la Fiducia, il lasciare andare non sono una risposta emozionale. E’ un collegamento interiore, con l’Intelligenza che crea la Vita.
Sarebbe probabilmente meno complicato se potessimo fare il tutto immersi in un ritmo “ di natura “, se non fossimo in un paese pesantemente in crisi e oppresso, soprattutto da quelli a cui “emozionalmente” gli Italians si sono “affidati” con ingenuità e opportunismo. MA: qui siamo, in questa realtà e qui dobbiamo cercare le nostre soluzioni e risposte.
Il Tao della Filosofia - Libro
Continua Watts: “quando entriamo in un nuovo ambiente, non sappiamo mai esattamente cosa sia, perché l’unico che conosciamo è quello “passato. Attaccare la spina, collaborare con il flusso della Natura, rende le cose più’ facili e le fa accadere. Non più’ autosacrificio e virtuosismi, quindi: nulla di tutto questo. Lasciare andare il controllo sugli altri, rinunciare a dominare è diventata la politica piu’ difficile da attuare.”
Nel qui e ora…va da sé che venga da osservare quale sia l’esito della strategia politica e geopolitica del grande colosso occidentale da cui dipendiamo, per vedere come “il controllo” sia diventato esasperante sulle nostre vite (creando l’inevitabile caos), ben diverso da un “ordine delle cose” (metodo e disciplina) .
Prosegue Alan Watts  nella sua lezione:
“Parallelamente in questo nostro momento storico, imparare come godere della vita  è diventata la pratica piu’ difficile. E’ sacrosanto dovere imparare a farlo. Perchè in un’epoca di tempo libero, le persone veramente devono apprendere come divertirsi. Se le persone non lo fanno, tutto il futuro della razza umana sarà distrutto.
Quindi ‘utopia è diventata non tanto una sorta di sogno ma una necessità urgente… non possiamo farne a meno, se cercassimo di farlo, quello che accadrebbe è che porremmo fine alla nostra razza umana in un mutuo massacro di capri espiatori.
L’attuale paranoia presente negli Stati Uniti, è che tutti stanno pensando a capri espiatori e quanto grande sarebbe demolirli. Tutta questa storia di destra e sinistra è diventata irrilevante [Watts è morto nel 1973], perché ora abbiamo l’opportunità di avere fiducia nella nostra intelligenza, la nostra tecnologia, e correre il rischio di fare ciò’ che vogliamo, cosa che funzionerà fintanto che ciò’ che io voglio, sostanzialmente è cio’ che tu vuoi.
Ma io non so cosa vuoi. Quindi arriviamo al punto della questione: “cosa voglio?” E la risposta è “non so”.
Buddismo - Libro
Quando al Bodhidharma fu chiesto “chi sei?”, che è un’altra forma della stessa domanda, egli rispose “non lo so”. Il Bodhidharma dice non so. E quando non sai cosa vuoi, hai raggiunto lo stato dell’assenza di desiderio.
C’è uno stadio iniziale del non sapere, poi c’è uno stadio finale del non sapere. Nella fase iniziale, non sai cosa vuoi perché non ci hai pensato, o lo hai fatto in modo superficiale. Ma quando qualcuno ti costringe a pensarci, allora fai un po’ di selezione…”si penso mi piace, questo, quello…”: questa è la fase intermedia.
Quando vai oltre questa, e giungi al “cosa veramente voglio”, finisci col dire alla fine “no, non penso sia quello”. “Potrei essere soddisfatto per un po’, non volterei le spalle a questo, ma non è cio’ che voglio”. Perché non sai veramente cio’ che vuoi?  Due le ragioni per questo:
  1. Lo hai già
  2. Non conosci te stesso, perché non sei mai nella condizione per farlo.
Cosi come il coltello non taglia se stesso o il fuoco non brucia se stesso, la luce non illumina se stessa: è sempre un mistero infinito, verso se stessa. Questo “non lo so” non è altro che l’interiorità dello spirito. Questo “non lo so”, è la stessa cosa che “io amo, lascio andare, non cerco di forzare, o controllare, è la stessa cosa dell’umiltà.
Le Upanishad dicono : “ se pensi di comprendere Brahma, non comprendi. Devi ricevere ulteriori istruzioni. Se sai che non comprendi, allora comprendi veramente. Poiché Brahma è sconosciuto.
Il non attaccamento a sè e l’accesso al potere
Il principio è che ogni volta che lasci andare il controllo volontariamente, in altre parole cessi di essere attaccato a te stesso, hai un accesso al potere.  Perché per tutto il tempo perdi energia nell’autodifesa, cercando di gestire le cose, cercando di forzare le cose perché si adattino alla tua volontà, nel momento in cui smetti di fare tutto questo, quella energia sprecata, diventa disponibile. Quindi ce l’hai a disposizione e sei Uno con il Principio Divino, hai l’energia.
Ma quando cerchi  di agire come se fossi Dio, ovvero non hai fiducia di nessuno  e sei il dittatore che deve tenere a bada tutti, perdi quella energia divina, perché quel che stai facendo è semplicemente difenderti. Quindi il principio è : tanto piu’ dai via, doni, tanto piu’ torna indietro.
Ora dirai che non hai il coraggio di darlo via. Mi spiace. Puoi superare quell’ostacolo solo rendendoti conto che è meglio che tu lo faccia, perché non puoi trattenerlo in nessuno luogo.
Il senso è che tutto si dissolve costantemente, crolliamo tutti, siamo in un processo di morte continua, e che quel mondo su cui pensavamo le persone avrebbero messo il loro cuore, diventa polvere oppure prospera come la neve nei deserti… le torri avvolte dalle nubi, i gloriosi palazzi, tutto il globo…si dissolveranno e quando questa sfilata inconsistente svanisce, non c’è nulla che viene lasciato indietro … tutto crolla.
Questo è di grande assistenza per te: vedere che tutto è in decadenza, questo ti aiuta. Ti permette di non dover lasciar andare, perché non c’è piu’ niente da trattenere. Quando sei veramente in questo… ti rendi conto improvvisamente di avere potere, ovvero di avere un grandissimo accesso a questa energia.
Ma non è un potere che viene a te perché lo hai afferrato, al contrario esso è arrivato in un modo completamente opposto. E quando arriva in questo modo, nel modo opposto, è un potere di cui ti puoi fidare”.
“Tu stesso sei eterna energia, come è questo universo. Non sei venuto IN questo mondo, ma sei uscito DA questo mondo. Come l’onda dall’oceano”
Concludo con altre citazioni dalle sue lezioni  (purtroppo dimenticando di prendere nota del link al video):
“Se dovrai svegliarti, dovrai farlo. Se sei pronto per svegliarti lo farai, diversamente no e fingerai di essere solo il “me poverino”
Allora… quando sei sul percorso per risvegliarti, e scoprire chi veramente sei, quel che fai è cio’ che sta facendo tutto l’universo in un luogo che chiami qui ed ora
Sei qualcosa che tutto l’universo sta facendo allo stesso modo in cui un’onda è qualcosa che tutto l’oceano sta facendo.
Il vero te stesso non è un pupazzo che la vita spinge a destra e a manca. l vero te stesso, che sta nelle tue profondità, è tutto l’universo
Quindi quando muori, non è che deve sopportarti un’ eterna non esistenza, perchè non sarà questa l’esperienza. Molti hanno paura che quando moriranno, finiranno con l’essere chiusi in eterno dentro una stanza buia “

martedì 2 ottobre 2018

La fatica fa bene: rende meno stupidi. Non fatevela rubare dalle macchine

di Claudio Risé - 01/10/2018
La fatica fa bene: rende meno stupidi. Non fatevela rubare dalle macchine
Fonte: Claudio Risé Fonte https://www.ariannaeditrice.it


Sudore e responsabilità sono parte della vita fin dal travaglio della nascita.
Quando tentano di sbarazzarsene uomini e società si indeboliscono e si
disfano. Lo avevano già capito Cesare Augusto e i monaci benedettini.

La più antica delle fake news, la più dura a morire? Quella che ci assicura
che liberarci della fatica è uno straordinario affare. Anzi il più importante di
tutti. Trasferire la fatica ad altri, a qualcuno o qualcosa che la faccia al nostro
posto è l'antico sogno del pigro che sonnecchia dentro di noi, mentre
lavoriamo. È anche il messaggio di gran parte della pubblicità. Ma si tratta di
una sciocchezza, praticabile per poco tempo.
È questa, ad esempio, la storia (raccontata dai racconti popolari in tutto il
mondo, in modi diversi ma con la stessa morale) del Principe che scambia la
sua situazione con il povero per liberarsi delle sue fatiche principesche e
vedere la vita da un altro punto di vista. Proposta subito accolta dall'altro, ben
contento di liberarsi delle fatiche da povero. Dopo qualche peripezia però,
ognuno scopre gli inaspettati fastidi della nuova posizione, finisce nei guai, e
deve ritornare velocemente sui suoi passi. L'avventura gli ha comunque
mostrato che la fatica ti aspetta in ogni situazione, anzi è semplicemente la
vita.
Un insegnamento che comincia da subito, con la nascita. Che come si sa,
può avvenire in due modi, con il parto naturale, o con il più veloce cesareo.
Molto amato dalle donne italiane (che lo richiedono ormai in oltre il 38% dei
casi, primato europeo e mondiale per regioni dove è ancora più alto:
Campania, Sicilia e Puglia), perché dura pochi minuti e c'è meno fatica. Ma
oltre a costare un bel po' ha i suoi svantaggi per il bambino, alcuni dei quali
possono rientrare subito, ma altri, soprattutto quelli psichici e cognitivi, si
rivelano invece più tardi (una delle ragioni che ha valso all'Italia il richiamo
dell'Organizzazione Mondiale di Sanità). Già alla nascita, comunque, il bimbo
si trova un bel po' disorientato: uscire da un rifugio caldo dove sei rimasto 9
mesi richiederebbe un tempo più lungo, "umano" appunto, non costruito dalla
tecnica chirurgica. Nel migliore dei casi, comunque, la fatica che il bambino
non ha fatto alla nascita dovrà poi farla più tardi, spesso con un terapeuta,
per mettersi pienamente nel mondo e abbandonare le aspettative di facilità e
perfezione suscitate nel profondo da un modo di nascere "facile", ma da
adottare solo quando indispensabile. Le ricerche mediche condotte nel
mondo illustrano ampiamente i costi dell'eliminazione della fatica alla nascita.
Più in generale, Il fatto è che senza fatica l'uomo resta (o torna) bambino, e la
società si imbarbarisce e si disfa. Quando i romani cominciarono a trasferire
agli schiavi le loro fatiche, compresa (in parte) la generazione dei figli, Cesare
Augusto si accorse che questa vita più comoda stava indebolendo il carattere
e le forze dei cittadini, sia nella loro vita privata che in quella pubblica. Per
contrastare la decadenza promulgò allora, negli anni attorno alla nascita di
Cristo, le Leges Iuliae, sulla famiglia e sul rispetto delle tradizioni degli
antenati (mos maiorum).
Fu in sostanza una legislazione sulla necessità del tornare a fare fatica,
abolendo le scorciatoie e assumendosi le proprie responsabilità Gli adultèri
furono proibiti e puniti con l'esilio. Ci si doveva sposare non troppo tardi, chi
non si sposava e non aveva figli era multato. Si doveva tornare a lavorare la
campagna, come facevano gli antenati con le loro esistenze laboriose e
discrete. Qualcuno non fu d'accordo, come Giulia la figlia di Augusto, da lui
molto amata, ma poi condannata all'esilio a Ventotene per la vita lussuriosa e
aver complottato contro il padre. Intellettuali come Virgilio furono invece
spronati (da Mecenate, consigliere di Augusto) a cantare la bellezza della
natura e il significato profondo della fatica che essa richiede per dare i suoi
frutti. Fu anche per il loro impulso e sostegno che Virgilio scrisse le
Georgiche, un poema che mostra l'anima di quell' Impero che trovava la forza
nella eroica fatica umana, coltivata ed educata giorno per giorno sulla terra,
la coltivazione dei campi, la cultura degli alberi, delle api, l'allevamento del
bestiame. È in quella pace operosa fatta di intelligenza e fatica che nasce un
Paese forte. L'Eneide, dove il mitico eroe Enea progenitore di Roma porta
l'eredità greca, nasce su questo stesso impianto etico dove la fatica non è
una disgrazia (come pensano oggi anche molte psicologie e pedagogie), ma
una prova indispensabile alla costruzione di un pensiero e una morale,
personale e collettiva. Dopo le leggi di Cesare Augusto i cittadini romani
tornarono a fare figli e l'Impero romano durò altri quattro secoli.
Quando l'Impero cedette alle pressioni di popoli più forti, il monachesimo fece
poi della fatica e della sua ricchezza formativa del fisico e del morale la
struttura portante delle sue Regole. Si tratta di quelle norme e usanze che (a
partire da quella scritta da Benedetto da Norcia, inorridito dalla decadenza
romana), contribuirono alla bonifica e fondazione dell'Europa e della sua
ricchezza e cultura (come lo Sguardo Selvatico ha raccontato qualche
numero fa). Ancora oggi, l'ispirata e sapiente ospitalità dei conventi
rappresenta un'oasi di silenzio e ristoro indispensabile per migliaia di europei
di ogni condizione e età.
Dallo sviluppo industriale in poi però, la fatica è stata direttamente sfidata da
quelle correnti del pensiero tecnico e scientifico che vogliono non più aiutare
l'uomo nelle difficoltà (come accaduto fin dall'antichità, per esempio con lo
strumento tecnico del bastone), ma trasferire alle macchine operazioni,
fisiche e mentali, proprie dell'uomo. Per poi gradualmente sostituirlo, come
sta già accadendo nella procreazione.
Anche perché a quel punto l'uomo potrebbe essere ormai inutile. Infatti come
dice il principio base delle neuroscienze, il cervello "o lo usi o lo perdi". Se
non lo usi più, sostituendolo con macchine, si smonta, e diventi
"svanito" (come si diceva una volta, stando bene attenti a evitarlo). Nell'attesa
di essere sostituito dalle macchine (e dopo che farà, e di cosa vivrà?), l'uomo
diventa più stupido e si ammala in vari modi (l'ho raccontato in Sazi da
Morire. Malattie dell'abbondanza e necessità della fatica. San Paolo ed).
Come ha detto Vivek Haldar, uno dei geni di Google: "Strumenti brillanti,
menti ottuse": più macchine intelligenti usi, più diventi stupido.
Le neuroscienze hanno ormai ampiamente spiegato come (ad esempio) i
navigatori automobilistici tolgano progressivamente ogni senso
dell'orientamento, disattivando le aree cerebrali che se ne occupano. I più
furbi li attivano solo per percorsi impegnativi e in casi di fretta assoluta. Così
come molti si sono accorti di quanto la televisione non stop peggiori i
processi cerebrali degenerativi degli anziani, e quindi dosano, sondano le
possibilità offerte invece dalla musica dal vivo, dall'aria aperta... Intere
pedagogie poi, come quella steineriana, adottate da tempo dalle classi agiate
in Occidente, hanno bandito ogni tecnologia dalla scuola e dalla vita dei
ragazzini, che imparano a scriversi i libri da soli.
Perché la fatica, poi, è anche divertente. Come scopre l'anziano a cui viene in
mente l'intero "5 maggio" del Manzoni, mandato faticosamente a memoria
secoli prima, o il ragazzino quando impara finalmente bene qualsiasi cosa
utile a farne un'altra, dallo smontare e rimontare una moto, a creare un orto, o
insegnare qualcosa a un amico che non la sa. Non siamo, infatti, né solo
accumulatori di soldi, né solo consumatori, né solo edonisti, ma sempre
anche molto altro. Scoprire cosa, costa soprattutto fatica, con passioni e
anche delusioni. Ma rinunciare a farla ci rende meno umani, e più deboli e
stupidi. Non è il caso.

sabato 1 settembre 2018

Privatizzare acqua, luce, gas, treni: inglesi rapinati e beffati


La maniera in cui le nostre compagnie ferroviarie, dell’energia e dell’acqua sono state gestite da quando sono state privatizzate dai conservatori è uno scandalo assoluto. L’impegno del Manifesto dei Laburisti a riprendere il controllo dell’acqua e delle ferrovie, e ad intervenire per correggere il mercato dell’energia, è decisamente emozionante e porterà a un vero cambiamento. Quando queste industrie furono privatizzate da Margaret Thatcher, ci fu promesso che l’efficienza sarebbe aumentata, che la proprietà si sarebbe allargata e che il processo avrebbe generato investimenti. Ma è accaduto l’esatto contrario. E anziché imparare dai propri errori, i governi conservatori hanno venduto anche il Servizio Postale per una frazione del suo valore, danneggiando i contribuenti ed estendendo ulteriormente l’influenza delle compagnie private e della finanza sulla vita di tutti i giorni. A quasi trent’anni dalla vendita della gestione dell’acqua, la proprietà delle azioni è oggi saldamente in mano a un piccolo gruppo di investitori internazionali – molti dei quali hanno sede in paradisi fiscali. Nel frattempo, i prezzi sono aumentati del 40% e più di un quarto di quanto i consumatori pagano in bolletta finisce a ripagare gli interessi sui debiti delle società private e in dividendi agli azionisti.
I nuovi investimenti sono stati finanziati con nuovo debito anziché coi soldi degli azionisti. Quando l’acqua è stata privatizzata, il governo si è generosamente fatto carico di tutto il debito del settore – 4,9 miliardi di sterline – in modo da lasciare i nuovi proprietari senza debiti. I nuovi proprietari ne hanno approfittato, accumulando sino al 2016 l’incredibile ammontare di 46 miliardi di sterline di debiti. Mentre accumulavano debiti a discapito dei contribuenti, le compagnie private dell’acqua pagavano miliardi agli azionisti in dividendi. Il totale di 18,8 miliardi di profitti al netto delle tasse degli ultimi 10 anni è  stato tutto distribuito agli azionisti, salvo 700 milioni di sterline. Ciò significa che più di 18 miliardi di sterline sono entrati nelle tasche degli azionisti anziché essere utilizzati per diminuire le bollette e migliorare i servizi. Tre società hanno addirittura pagato più dividendi di quanto siano stati i loro profitti al lordo delle tasse. Si tratta di una situazione semplicemente insostenibile.
Questa rapina alla luce del sole sta avvenendo anche nel settore energetico. Nel 2016-17, la Rete Nazionale ha ottenuto un profitto di 1,9 miliardi di sterline sulla distribuzione dell’elettricità e del gas. Circa 660 milioni sono stati usati per pagare dividendi, cosa che rappresenta un costo nascosto per i consumatori del 12%. I benefici promessi grazie alla concorrenza del mercato non si sono mai visti: le grandi “sei sorelle” dell’energia hanno sfruttato i consumatori, addebitando agli utenti nel 2015 ben 2 miliardi di sterline. Le persone non vogliono essere costrette a vagliare le diverse opzioni per trovare un contratto decente; vogliono soltanto energia sicura e a un prezzo accessibile. Dobbiamo fare cambiamenti drastici nel nostro sistema energetico entro pochi anni se vogliamo avere la possibilità di affrontare i cambiamenti climatici. Trasferendo la proprietà e la responsabilità delle nostre utilities a organismi di proprietà pubblica e alle comunità locali che devono rispondere ai cittadini, saremo in grado di creare un sistema energetico sostenibile e a basso utilizzo di carbone, adatto al ventunesimo secolo.
Più importante ancora, la proprietà pubblica metterebbe fine al flusso di denaro dei contribuenti che va a sostenere i profitti privati delle società e dei loro azionisti, mentre i prezzi aumentano, i servizi peggiorano, e i debiti si accumulano. Riportare le utilities sotto controllo pubblico rimetterebbe i profitti nelle tasche dei cittadini e nei servizi stessi, abbassando la bolletta media di 220 sterline all’anno per famiglia e consentendo di investire altri risparmi nelle infrastrutture e per migliorare i servizi. Inoltre, ponendo un freno agli aumenti dei biglietti dei treni – che sono aumentati del 27% a partire dal 2010 – i laburisti farebbero risparmiare ai passeggeri una media di 1.014 sterline all’anno sui biglietti. Si è molto parlato di quanto costerebbe tutto questo, ma i commentatori, pronti a sparare grandi cifre, mostrano tutta la loro ignoranza in economia, e anche in storia. Quando nel 1977 l’industria della costruzione navale venne nazionalizzata, questo fu fatto scambiando le azioni con titoli di Stato – una mossa che non ebbe alcun effetto sull’erario.
Nel mondo negli ultimi anni c’è stata un’inversione del processo delle privatizzazioni. Negli Stati Uniti, l’85% delle forniture di acqua proviene dal settore pubblico, e l’80% della rete di distribuzione elettrica tedesca è ora posseduta e gestita dalle autorità regionali e locali.
Una delle più grandi beffe della privatizzazione britannica – che fu dettata da una profonda perdita di fiducia nella capacità dello Stato di gestire queste cose – è che molti dei nostri tesori nazionali sono finiti nelle mani di società pubbliche straniere. I piani di rinazionalizzazione dei laburisti assicureranno la supervisione democratica locale sui servizi, mettendo il potere nelle mani delle comunità. Al di là delle chiacchiere sul rigore dei conti, i conservatori sono più interessati ad aiutare i ricchi evasori a fare soldi facili di quanto non lo siano a fermare l’emorragia di soldi del popolo britannico. Come ho recentemente sottolineato durante un dibattito con Damian Green all’Andrew Marr show, questa posizione ha qualcosa a che fare con il fatto che molti finanziatori dei conservatori, ed effettivamente anche alcuni parlamentari e ministri conservatori, hanno ottenuto profitti dalle privatizzazioni. E’ tempo di mettere fine a questa truffa dei conservatori. I laburisti chiuderanno il rubinetto che versa miliardi di sterline nelle tasche degli azionisti e si assicureranno che questi servizi vitali siano gestiti nell’interesse della maggioranza, non di pochi.
(John McDonnell, “La privatizzazione dei servizi pubblici nel Regno Unito: storia di un fallimento”, dall’“Independent” del 6 giugno 2017; articolo tradotto e riproposto da “Voci dall’Estero”).
La maniera in cui le nostre compagnie ferroviarie, dell’energia e dell’acqua sono state gestite da quando sono state privatizzate dai conservatori è uno scandalo assoluto. L’impegno del Manifesto dei Laburisti a riprendere il controllo dell’acqua e delle ferrovie, e ad intervenire per correggere il mercato dell’energia, è decisamente emozionante e porterà a un vero cambiamento. Quando queste industrie furono privatizzate da Margaret Thatcher, ci fu promesso che l’efficienza sarebbe aumentata, che la proprietà si sarebbe allargata e che il processo avrebbe generato investimenti. Ma è accaduto l’esatto contrario. E anziché imparare dai propri errori, i governi conservatori hanno venduto anche il Servizio Postale per una frazione del suo valore, danneggiando i contribuenti ed estendendo ulteriormente l’influenza delle compagnie private e della finanza sulla vita di tutti i giorni. A quasi trent’anni dalla vendita della gestione dell’acqua, la proprietà delle azioni è oggi saldamente in mano a un piccolo gruppo di investitori internazionali – molti dei quali hanno sede in paradisi fiscali. Nel frattempo, i prezzi sono aumentati del 40% e più di un quarto di quanto i consumatori pagano in bolletta finisce a ripagare gli interessi sui debiti delle società private e in dividendi agli azionisti.
I nuovi investimenti sono stati finanziati con nuovo debito anziché coi soldi degli azionisti. Quando l’acqua è stata privatizzata, il governo si è generosamente fatto carico di tutto il debito del settore – 4,9 miliardi di sterline – in modo da lasciare i nuoviJohn McDonnellproprietari senza debiti. I nuovi proprietari ne hanno approfittato, accumulando sino al 2016 l’incredibile ammontare di 46 miliardi di sterline di debiti. Mentre accumulavano debiti a discapito dei contribuenti, le compagnie private dell’acqua pagavano miliardi agli azionisti in dividendi. Il totale di 18,8 miliardi di profitti al netto delle tasse degli ultimi 10 anni è  stato tutto distribuito agli azionisti, salvo 700 milioni di sterline. Ciò significa che più di 18 miliardi di sterline sono entrati nelle tasche degli azionisti anziché essere utilizzati per diminuire le bollette e migliorare i servizi. Tre società hanno addirittura pagato più dividendi di quanto siano stati i loro profitti al lordo delle tasse. Si tratta di una situazione semplicemente insostenibile.
Questa rapina alla luce del sole sta avvenendo anche nel settore energetico. Nel 2016-17, la Rete Nazionale ha ottenuto un profitto di 1,9 miliardi di sterline sulla distribuzione dell’elettricità e del gas. Circa 660 milioni sono stati usati per pagare dividendi, cosa che rappresenta un costo nascosto per i consumatori del 12%. I benefici promessi grazie alla concorrenza del mercato non si sono mai visti: le grandi “sei sorelle” dell’energia hanno sfruttato i consumatori, addebitando agli utenti nel 2015 ben 2 miliardi di sterline. Le persone non vogliono essere costrette a vagliare le diverse opzioni per trovare un contratto decente; vogliono soltanto energia sicura e a un prezzo accessibile. Dobbiamo fare cambiamenti drastici nel nostro sistema energetico entro pochi anni se vogliamo avere la possibilità di affrontare i cambiamenti climatici. Trasferendo la proprietà e la responsabilità delle nostre utilities a organismi di proprietà pubblica e Margaret Thatcheralle comunità locali che devono rispondere ai cittadini, saremo in grado di creare un sistema energetico sostenibile e a basso utilizzo di carbone, adatto al ventunesimo secolo.
Più importante ancora, la proprietà pubblica metterebbe fine al flusso di denaro dei contribuenti che va a sostenere i profitti privati delle società e dei loro azionisti, mentre i prezzi aumentano, i servizi peggiorano, e i debiti si accumulano. Riportare le utilities sotto controllo pubblico rimetterebbe i profitti nelle tasche dei cittadini e nei servizi stessi, abbassando la bolletta media di 220 sterline all’anno per famiglia e consentendo di investire altri risparmi nelle infrastrutture e per migliorare i servizi. Inoltre, ponendo un freno agli aumenti dei biglietti dei treni – che sono aumentati del 27% a partire dal 2010 – i laburisti farebbero risparmiare ai passeggeri una media di 1.014 sterline all’anno sui biglietti. Si è molto parlato di quanto costerebbe tutto questo, ma i commentatori, pronti a sparare grandi cifre, mostrano tutta la loro ignoranza in economia, eIl leader laburista Jeremy Corbynanche in storia. Quando nel 1977 l’industria della costruzione navale venne nazionalizzata, questo fu fatto scambiando le azioni con titoli di Stato – una mossa che non ebbe alcun effetto sull’erario.
Nel mondo negli ultimi anni c’è stata un’inversione del processo delle privatizzazioni. Negli Stati Uniti, l’85% delle forniture di acqua proviene dal settore pubblico, e l’80% della rete di distribuzione elettrica tedesca è ora posseduta e gestita dalle autorità regionali e locali. Una delle più grandi beffe della privatizzazione britannica – che fu dettata da una profonda perdita di fiducia nella capacità dello Stato di gestire queste cose – è che molti dei nostri tesori nazionali sono finiti nelle mani di società pubbliche straniere. I piani di rinazionalizzazione dei laburisti assicureranno la supervisione democratica locale sui servizi, mettendo il potere nelle mani delle comunità. Al di là delle chiacchiere sul rigore dei conti, i conservatori sono più interessati ad aiutare i ricchi evasori a fare soldi facili di quanto non lo siano a fermare l’emorragia di soldi del popolo britannico. Come ho recentemente sottolineato durante un dibattito con Damian Green all’Andrew Marr show, questa posizione ha qualcosa a che fare con il fatto che molti finanziatori dei conservatori, ed effettivamente anche alcuni parlamentari e ministri conservatori, hanno ottenuto profitti dalle privatizzazioni. E’ tempo di mettere fine a questa truffa dei conservatori. I laburisti chiuderanno il rubinetto che versa miliardi di sterline nelle tasche degli azionisti e si assicureranno che questi servizi vitali siano gestiti nell’interesse della maggioranza, non di pochi.
(John McDonnell, “La privatizzazione dei servizi pubblici nel Regno Unito: storia di un fallimento”, dall’“Independent” del 6 giugno 2017; articolo tradotto e riproposto da “Voci dall’Estero”).

giovedì 16 agosto 2018

"Egli non cerca" (dallo Shodoka)

Fonte http://www.lameditazionecomevia.it/shodoka1.htm
Lo Shodoka (Il canto del risveglio) di Yoka Daishi (VII sec.) inizia con questi versi:
"Caro amico, vedi
quest'uomo saggio,
che ha smesso con la dottrina
ed è inattivo?
Egli non cerca più di reprimere
i pensieri illusori e non cerca la verità.
La vera natura della nostra ignoranza
è in realtà la natura del Buddha;
il nostro corpo vuoto e illusorio
è il corpo del Dharma.
Quando si comprende il corpo del Dharma,
non c'è più niente di fronte a noi.
La Fonte originaria,
da cui ha origine la nostra natura
è l'autentico Buddha".

Chi si attacca a una dottrina non può essere definito saggio: lui stesso ne è consapevole, in quanto cerca nella sua dottrina la verità, la cartina geografica della sua vita, le risposte alle sue innumerevoli questioni. Cosa devo fare? Vediamo cosa dice la dottrina al riguardo. Ecco, l'uomo saggio non si pone su questo sentiero. Appunto, è questo il fatto: l'uomo saggio non si pone in nessun sentiero. Il suo stesso camminare lungo il sentiero è diventato il sentiero medesimo. L'ha intrapreso, certo, e infatti c'è scritto che "ha smesso". Se ha smesso, prima aveva a che fare con una dottrina. È stato necessario, ma ora l'ha abbandonata. Ha avuto una sua funzione, ma ora è inutile, chiusa, settaria, è rischiosa: pensi di essere sulla luna e invece sei aggrappato al dito che la indica; ti dici libero e invece agisci continuamente con il vademecum sotto braccio. Misuri la realtà attraverso il metro di giudizio che ti proviene dalla tua dottrina: non vedi più la realtà, la giudichi, la sezioni, ti privi del godimento, della fruizione piena di essa.
La dottrina dice: fai questo e non fare quello. Anche in certi testi zen ci sono molte indicazioni in questa direzione. Medita in un certo modo, comportati seguendo certe regole, usa il tuo corpo con una certa disciplina, ecc. Ma si deve andare oltre: non abbiamo a che fare con un manuale di istruzioni. Per alcuni sarebbe consolante agire secondo i suggerimenti di un prontuario, ma continuerebbero a vivere sempre nella solita gabbia. Magari dorata, ma sempre gabbia. Il saggio invece è andato al di là: non c'è più esercizio, non c'è più pratica. Dire esercizio e pratica significa dire dualismo: qui c'è un esercizio e qui c'è il resto della vita; qui pratico e poi questa sera esco con gli amici. Che terribile situazione! Che faticoso impegno! Pensare che ci siano delle cose che vanno bene e altre che sono da estirpare, pensieri da pensare e pensieri da rifiutare: è tutto così illusorio. È uno zen da soldati! Da fanatici.
Il saggio supera il dualismo, anche quello tra ignoranza e saggezza, tra illusione e verità. Cercare la verità: questa è la più terribile malattia della mente di un "ricercatore spirituale". Già il nome stesso: ricercatore! Ma cosa cerchi? Non vedi? Accattone! In questo senso il saggio è inattivo: non si dà proprio alcuna pena. Non c'è più nessun obiettivo da perseguire: è presente nel qui e ora, è consapevole, è lucido. Cosa ci sarebbe da aggiungere?
È un dato di fatto: non può che essere così. Sei sei in cerca di qualcosa che chiami verità, evidentemente ritieni che ci sia qualcosa che non sia tale. E viceversa: se vedi da qualche parte illusione o ignoranza, non potrai che cercare qualche verità da altre parti. In ogni caso, sei già caduto: sei nel dualismo. Il saggio invece ha superato verità e illusione, e se non c'è più la coppia verità-illusione, c'è solo la buddhità. Già qui, già ora, nel campo dei nostri pensieri illusori - proprio quelli che qualche sprovveduto vorrebbe eliminare - c'è la natura del Buddha. Ignoranza è buddhità, illusione è dharma (la realtà-verità). È questa la (non-)via naturale. E ardua: perché siamo tutto tranne che naturali...

martedì 7 agosto 2018

«Burioni: genio imbattibile»? Vaccinate Vittorio Feltri per cortesia

Pubblicato
Marcello Pamio
Come non dare ragione al grande e soprattutto “libero” giornalista Vittorio Feltri, che dirige il quotidiano ovviamente «Libero» di Silvio Berlusconi.
Ha proprio ragione, ma il vaccino per il cervello e l’intelligenza dovrebbe farlo lui e tutti i suoi pennivendoli.
Pure il direttore è caduto nella voragine dell’ignoranza che stando alle dichiarazioni è sempre più profonda.
«Chi non li vuole obbligatori - scrive nell’editoriale di martedì 7 agosto 2018 - non è detto che sia cretino, ma sicuramente è ignorante come un tamburo rotto».
Bontà sua. Però su una cosa non concordo: i cretini sono in crescita e scrivono a vanvera.
«Anche i sassi dovrebbero aver imparato che se uno si immunizza non si ammala, viceversa rischia addirittura la pelle».
Qua purtroppo il tamburo si è sfracellato al suolo. Vittorio Feltri, esattamente come la banda di raglianti megafoni del Sistema, è convinto che la vaccinazione sia sinonimo di immunità.
Se uno si immunizza non si ammala? Caro direttore, ha scritto una immensa fregnaccia che deriva probabilmente dal fatto che attinge a piene mani le sue informazioni dai guru dello scientismo tout court, come il povero Bubù nazionale.
Se studiasse invece di fare il copia-incolla, forse capirebbe che vaccinare NON sempre implica immunità, e proprio per questo motivo la medicina descrive i cosiddetti «no-responder» o i «bad-responder», cioè quei bambini e adulti vaccinati regolarmente che NON presentano gli anticorpi, e quindi non sono immunizzati. La percentuale è variabile e dipende dal tipo di vaccino.
Ma il nostro va avanti con la sua analisi che rasenta il ridicolo.
«La scienza favorisce il benessere, chi nega ciò, ovvero l’evidenza, è un povero troglodita indegno di far parte del consorzio umano». Chi mette in dubbio una pratica MEDICA rischiosa, perché di questo si tratta, sta forse mettendo in discussione il benessere raggiunto anche grazie alla scienza?
E’ proprio vero che l’età associata al caldo e alla perdita di idratazione cellulare, se non correttamente compensate, bloccano lo scambio sinaptico neuronale…
«La collettività ha il dovere di proteggersi».
Se questo è vero allora caro direttore di «Libero» ci potrebbe far sapere contro quali malattie lei è immunizzato? Quando è stata l’ultima volta che ha fatto dei vaccini «contro i morbi pericolosi»? E non mi riferisco all’influenza. Visto che si riempie la bocca di protezione, collettività, salute, ecc. inizi a dare l’esempio. Lei, i suoi quattro figli e nipoti, avete nel sangue gli anticorpi contro la poliomielite, difterite, morbillo, rosolia, varicella, meningite, ecc.?
Quand’è stata l’ultima volta che ha dosato i titoli anticorpali per verificare se è immunizzato o meno?
Lei come tutti gli altri siete solo «chiacchiere e distintivi».
«Vuoi che tuo figlio vada a scuola? Evita di renderlo veicolo di schifezze che uccidono e rovinano la salute».
Caro Feltri, la scuola e quindi il diritto allo studio è concepito non solo dalla Costituzione italiana, ma anche da tutti i Trattati internazionali sui Diritti dell’Uomo.
Forse dovrebbe prendere in mano la «Dichiarazione universale dei Diritti» promossa dalle Nazioni Unite nel 1948. Tutti quanti noi nasciamo liberi (articolo 1) e «ogni individuo ha diritto all’istruzione» (articolo 26). Semplice, chiara e diretta.
La Dichiarazione non dice infatti che il bambino ha diritto all’istruzione soltanto se viene bucato da dieci (più quattro) vaccini. Solo una legge da mentecatti (119/2017) presentata da un ministro cerebralmente claudicante e votata da un parlamento di ignoranti, può imporre una simile aberrazione che viola ogni diritto universale.
Infine caro Vittorio, se vuole veramente bene a tuo figlio, evita di riempirlo di schifezze pregne di sostanze chimiche come quelle contenute nel cibo spazzatura venduto dalla GDO, Grande distribuzione organizzata. Queste, assieme all’inquinamento ambientale stanno devastando la salute dei nostri figli. E’ ora di svegliarsi.
Secondo lei i bambini italiani stanno morendo di morbillo, pertosse o varicella? Non stiamo ancora camminando - come si augura qualcuno - sui cadaveri….
Invece i bambini oggi stanno morendo di cancro, leucemie, linfomi. La situazione è gravissima e l’Italia è al primo posto in Europa per tumori in età pediatrica. Qualcuno se ne sta occupando?
Sono questi i problemi seri da risolvere, non la paura delle malattie esantematiche che hanno accompagnato l’uomo da sempre. Paure ben fomentate da quelli come Burioni, definito nel suo editoriale come un «genio imbattibile nel suo ramo».
Imbattile nelle offese e nell’arroganza lo è di certo. Non avrei mai immaginato che un medico potesse arrivare a un così basso livello di moralità e deontologia.
Termina (per fortuna) il suo intervento ricordando il caso della signora «deficiente che ha scritto su un social (riferendosi a Burioni) spero affoghi. A noi pare che sia già affogata lei nella sua stupidità».
Riprendendo il titolo «Vaccinatevi il cervello», va specificato che non tutti però posso farlo, perché a qualcuno manca proprio la materia prima…

venerdì 13 luglio 2018

: Juncker ubriaco, emblema di un’Europa che crolla

Vedere quelle immagini produce tristezza. Un vecchio che oscilla, incapace di reggersi sulle proprie gambe, ridanciano e scomposto nei gesti, articolando parole che, immagino, siano sconnesse come i suoi pensieri. Ad alcuni, compresi primi ministri, provoca involontaria risata, soffocata dall’imbarazzo. Perché questo indecoroso spettacolo pubblico non è elargito da un barbone in una qualunque stazione dei treni italiana. Questa scena imbarazzante è proposta in mondo visione da un signore che, degli italiani, ha spesso formulato giudizi critici, sprezzanti, al limite dell’offesa e del buon gusto. Questo signore è il presidente della Commissione Europea, Juncker, cioè il vertice del governo che decide sulla vita di noi tutti, cittadini europei, italiani baffi neri e mandolino, mafia e spaghetti compresi. Quando tu, Juncker, dicevi ancora recentemente che gli italiani dovrebbero recuperare competitività, lavorare di più, essere meno corrotti e non accusare l’Europa dei propri mali, parlavi come presidente di tutti noi, sudditi spreconi della nostra vita. Ma noi non siamo tutti mafiosi e non balliamo come cicale aspettando che le operose formiche del nord Europa lavorino per noi. Se non altro, noi camminiamo eretti sulle nostre gambe, e non abbiamo bisogno di nessuno che ci sostenga.
Ti ricordo, presidente, che il bilancio dell’Italia nei confronti dell’Unione Europea è a credito per decine di miliardi, a differenza di quanto la tua vergognosa narrazione (e quella dei tuoi tanti servili cortigiani) tende a far credere. Da creditore, Juncker sorretto al vertice Nato del 12 lugliopertanto, sono a dirti esattamente l’opposto di quanto affermi. L’Italia lavora in ore medie lavorate pro capite più di tanti altri paesi del nord, Germania compresa. La nostra inefficienza, te lo scrivo da economista, è dovuta a una moneta senza Stato, che in un sistema a cambi fissi e in un modello predatorio ha avvantaggiato gli uni e penalizzato altri. Ti dirò di più; è stato fatto per quello. Solo che questo popolo ora si è stancato di vedere imprenditori suicidarsi in onore delle vostre presunte “riforme”. Questo popolo si è stancato di tagliare le pensioni per far quadrare bilanci che non possono quadrare, perché sono gli interessi sul debito verso banche private e non più pubbliche a mangiarli. Questo popolo si è stancato di perdere posti di lavoro in onore della vostra “produttività”, che si dovrebbe chiamare come è: deflazione salariale.
Questo popolo si è stancato di tagliare la spesa pubblica per gli anziani non autosufficienti, per i malati di cancro negli ospedali, per i posti di lavoro dei giovani disperati costretti ad emigrare, mentre voi organizzate spostamenti di massa tra continenti per abbassare la competitività salariale, con una lotta tra poveri. Questo popolo si è stancato di credere alla favola dello spread e dei “mercati”, perché ha capito che una banca centrale, se vuole, può metterli a tacere per il bene del popolo, comprando i titoli dello Stato oggetto di speculazione privata. E a chi mi dice che questa sia demagogia, caro signore, da economista rispondo con un garbato “vaffanculo”. Lo faccio in memoria degli imprenditori suicidi di Stato, dei risparmiatori Jean-Claude Junckertruffati dal bail-in, dei poveri senza lavoro e speranza. Quella scena di te che oscilli tra i grandi delle Terra rimarrà indelebile nella memoria di milioni di persone. Quella resterà nei libri di storia, te lo dico oggi, come una pagina memorabile.
Il tuo oscillare, dopo tanti anni di sicumera ed arroganza, dopo aver offeso un intero popolo, rimarrà ad imperitura memoria della caduta del vostro potere. Tu sei il simbolo cadente, Juncker, di un potere decadente. Ti possono sostenere membri della corte compiacenti, come nei penosi filmati che circolano in rete tutto il mondo ha potuto vedere. Non ti potranno sostenere in eterno, perché la rabbia del popolo oppresso è inarrestabile, e colma ne è la misura. La tua traballante camminata, su quel tappeto rosso, produce ilarità. Bene lo spiegava Pirandello – un grande italiano, sai? – nel fatto che l’imprevisto provoca il riso. Ma dopo quel riso, la riflessione è amara è ineluttabile. Tu sei il simbolo, insostenibile e indifendibile, della barcollante tenuta di un sistema oligarchico di potere che, irrispettoso del bene e del volere del popolo, lo ha oppresso per vent’anni.Valerio MalvezziPotrete offenderci con le parole; potrete chiamarci demagoghi o populisti, retrogradi o qualunquisti, razzisti o nazionalisti. Non potrete fermare l’ineluttabilità degli eventi, come non si può sorreggere un corpo senza più energia dalla forza di gravità.
L’Unione Europea dei burocrati, dei prevaricatori, dei legislatori che pretendono di sfuggire al giudizio popolare non potrà reggersi a lungo, perché priva delle gambe della moralità. Un’Europa che ha anteposto alla legge del cuore quella del portafoglio non può andare lontano. Un’Europa che si preoccupa più dei mercati che dei suoi cittadini non potrà coesistere con le loro speranze. Un’Europa che antepone la finanza alla morale non ha più futuro. Io ti dico oggi che la tua incerta e indecorosa camminata, in un traballante contesto ufficiale, non è altro che la simbolica anticipazione di un’ineluttabile caduta di un intero centro di potere illiberale, non democratico e oligarchico. Quel tipo di Europa cadrà, prima o poi. E io sarò lì a vederlo e a segnarlo sui libri di storia, come tanti miei concittadini italiani, donne e uomini dalle gambe salde e dal cuore puro. Ti manderemo un biglietto in tanti, quando quella Europa, la vostra e non certo la nostra, cadrà. Lo faremo ricordando un verso in endecasillabi di un altro grande Italiano, un poeta che ricordava che esiste l’inferno, ma poi c’è il paradiso. “E cadde come corpo morto cade”. Sul mittente di quella missiva leggerai: un italiano come tanti.
(Valerio Malvezzi, “Quando l’Europa barcolla, spettacolo Juncker”, da “Scenari Economici” del 13 luglio 2018).

martedì 10 luglio 2018

La lezione della Thailandia


Fonte http://www.dolcevitaonline.it
Amo profondamente la Thailandia per tanti motivi, ma soprattutto per il suo popolo. Se negli ultimi anni questa nazione è diventata un punto di riferimento nel mio vagare per il mondo, è proprio perché mi piace avere a che fare con i thailandesi. E osservando il modo in cui stanno gestendo la situazione dei bambini e l’allenatore intrappolati nelle grotte del nord, ho capito 5 cose:
1. Se questo episodio fosse successo in Italia, l’allenatore (un ragazzo di 25 anni) sarebbe stato fatto a pezzi dai media e dalla gente prima ancora di rivedere la luce del sole. Le persone lo avrebbero giudicato colpevole senza uno straccio di prova, qualcuno avrebbe detto di lasciarlo là sotto e altri avrebbero chiesto il carcere non appena fuori. Ripeto: senza nemmeno sapere come sono andate realmente le cose. Questo in Thailandia non succede: per molti è persino un eroe perché sta insegnando ai ragazzini a meditare per mantenere la calma in quella situazione estrema. Tutte le energie dei thailandesi sono concentrate sul salvataggio, ci sarà tempo per stabilire eventuali colpe. Non hanno quell’ossessione molto italiana nel voler sempre trovare il colpevole, anche quando non c’è.
2. Bisogna accettare che a volte nella vita le cose vanno storte. I thailandesi sono maestri in questa consapevolezza, anche per questioni religiose e culturali. Mi ha colpito moltissimo una frase della moglie del sommozzatore morto durante i soccorsi: di fronte alle telecamere, con occhi lucidi ma fieri, ha detto che “non possiamo sapere quando moriremo o quando se ne andranno i nostri cari e per questo motivo dovremmo essere sempre grati di essere vivi, ogni giorno“.
3. Leggo commenti assurdi sulla pericolosità di portare ragazzini di 12 anni dentro alle grotte. Prima di tutto, erano aperte al pubblico. In secondo luogo, siamo solo noi così apprensivi verso i bambini: “non fare quello, non ti sporcare, fai attenzione, non ti allontanare…”. La vita va vissuta e i rischi vanno presi, perché i pericoli sono enormemente sopravvalutati. Fatevi un giro sul traghetto che attraversa Bangkok: vedrete donne incinte, bambini e novantenni saltare su e giù con un’agilità che io posso solo sognare. E la persona che fa i biglietti cammina sul bordo dell’imbarcazione come un gatto sul cornicione. Solo qui pensiamo che una gita in mezzo alla natura sia qualcosa di rischioso e solo qui diamo la colpa a un povero cristo di 25 anni che voleva far divertire i “suoi” ragazzi. Come detto, a volte le cose vanno storte. Chiudersi in una bolla non è vita, è sopravvivenza.
4. In questo periodo si parla tanto di nazionalismo nel nostro paese. Si urlano slogan come “l’Italia agli italiani” e “prima gli italiani”. Bene, a tanti esaltati suggerirei di guardare ai thailandesi per capire cosa significa davvero essere nazionalisti. Perché per noi il nazionalismo è soggettivo: prima di supportarti voglio sapere se sei di destra o di sinistra, se sei ricco o povero, se sei uomo o donna, quanti anni hai e perché sei in difficoltà. Ricordo bene il caso delle due ragazze rapite da estremisti islamici in Medio Oriente qualche anno fa. L’odio nei loro confronti e gli insulti pronunciati (anche da politici) mi fecero vergognare di essere italiano. In Thailandia (come in tanti altri paesi asiatici) se tu sei mio connazionale, avrai sempre il mio aiuto. Senza se e senza ma.
5. Milioni di thailandesi stanno pregando per ore ogni giorno. Puoi anche non credere in Dio, è naturale in questa società che ci spinge a razionalizzare tutto, anche l’amore. E forse la spiritualità non fa alcuna differenza nei soccorsi, ma aiuta a creare il giusto clima, a unire le persone in un momento di grande difficoltà. Trasforma il problema di pochi nel problema di tanti. Così il peso è sulle spalle di tutti, ma è più facile da sopportare.

sabato 30 giugno 2018

DOV’E’ LA VITTORIA? (Ci ha porto la chioma)

Conte è stato sconfitto? È  stato raggirato  da Merkel e Macron, come dice la Meloni? Non ha ottenuto niente, anzi meno di quel che ottenevano Gentiloni e Renzi, secondo Minniti?
La vittoria, se la vogliamo guardare in faccia, c’è. Evidente e  chiara. Consiste nel prendere coscienza che  non esiste “soluzione europea”  al problema dei migranti. E nemmeno a nessun altro problema che  ci riguardi. Che l’”Europa”non è che una accolta di furbastri che,  mentre tu tratti duramente ma lealmente, fanno accordi sottobanco in piccole riunioni bilaterali di cui non ti dicono nulla. Dunque ecco la vittoria: capire che la cosiddetta Unione Europea è un sistema metodico di arbitrio, prepotenza, slealtà ed oppressione.
La  Grecia  ha accettato, poveretta , di accogliere i migranti “secondari”, che la Baviera caccerà,  perché la Merkel  consente a Tsipras – in cambio   – di rimandare sine die il rincaro dell’IVA  che la BCE, e Bruxelles, gli imponevano con tanta insistenza (come lo impongono a noi). Tsipras spera così di vincere le elezioni. Quanto a Sanchez, ha accettato di prendersi i profughi cacciati dalla Germania perché il debito pubblico e  privato della Spagna è stato contratto con l’estero – è schiacciata dalla Negative International InvestmentPosition (NIIP), dunque dipende dalla  Germania molto più di noi, che gran parte del nostro debuito pubblico lo abbiamo in Italia, e debito privato quasi non ne abbiamo.
Con questi espedienti degradanti  – per i servi – la Merkel ci “ha isolato”  e forse raggirato. Per salvare il suo governicchio.

La UE non esiste, e si è visto


Se Merkel e Macron ti raggirano, non c’è istanza superiore a cui possa appellarti: dunque non esiste l’Unione. Esiste la  cosca dei due paesi in combutta per spogliare l’Italia e riempirla di negri, tutto qui. Basta prenderne atto. Noterete che, durante la trattativa, Juncker è scomparso. La Mogherini  non è scomparsa, perché non c’è mai stata – il suo robot è stato visto  in Albania e Macedonia, dove il teatrino di carta chiamato Bruxelles vuole far entrare anche questi due. Scomparsi tutti a Bruxelles. Vittoria! S’è scoperto il trucco.  Che “Bruxelles” non esiste se non come teatrino di carta della Germania e degli arbitrii di Macron, un teatrino che al bisogno viene ripiegato e sparisce in un cassetto.  C’è chi risponderà che questo è avvenuto  perché il vertice è un incontro intergovernativo,  per questo è stato un inganno,  e che  ciò dimostra che ci vuole “più  Europa”,  cedere  altra sovranità. Spero che nessuno ci caschi, ormai. Non c’è soluzione europea, e dobbiamo fare da soli, prendere in Libia le iniziative  per fermare i migranti, come già abbiamo cominciato a fare:
http://www.analisidifesa.it/2018/06/le-iniziative-italiane-in-libia-per-fermare-i-flussi-illegali/
E’ chiaro che in Europa, abbiamo dei nemici. Nemici veri, da stato di guerra. Come era  stato previsto: l’euro, invece di avvicinare i popoli, li avrebbe resi  ostili l’uno all’altro. In questo stato di guerra – ibrida, naturalmente,  come si fa oggi: senza dichiarazione leale, senza justus hostis,  dove gli alleati sono i nemici, usano i civili come arma,  dove ti strangolano con  la finanza prima di  bombardarti  le fabbriche – e non le bombardano, le comprano gratis –   non è che siamo messi benissimo. Ciò perché non abbiamo un esercito ( mi ricordo la gioia di  tutti, finalmente niente leva! La democrazia morì allora), niente banca centrale  indipendente  – dipendiamo dalla banca centrale nemica – niente moneta; e in più ci siamo legati dalle mille pastoie  con cui l’Europa ci ha legato come  in catene, persino il Regno Unito non riesce ad uscire. Rendiamoci conto che dobbiamo cominciare la lotta di liberazione, e sarà dura e forse sanguinosa.
Il Muro costruito in Turchia contro i profughi siriani, che la Merkel ci fa pagare 3 miliardi a Erdogan. Dopo il vertice Merkel ha invocato “uno sforzo nazionale” per “accelerare le espulsioni”.
http://www.spiegel.de/international/world/death-strip-on-border-between-turkey-and-syria-a-1124706.html
Ma restare nella prigione dei popoli, sarà peggio: una spoliazione continua senza prospettive, fino alla morte del paese sotto la demografia africana.
La prossima spoliazione l’ha già descritta l’eurodeputato Marco Zanni: avete visto che DeutscheBank è prossima al collasso – e sarà un enorme buco per tutti . “Guarda caso”, scrive Marco Zanni, proprio adesso “la Germania chiede di usare il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) come  fondo unico di risoluzione delle banche”.
Il MES, detto il Fondo Salva-Stati, deve diventare il Fondo Salva-Deutsche Bank. In altre parole, Berlino vuol farci pagare il salvataggio del  suo buco nero, come atto di solidarietà europea. Come abbiamo già fatto quando abbiamo “salvato la Grecia” ossia le banche francesi e tedesche che avevano prestato incautamente troppo ad Atene, spendendoci 40 miliardi dei contribuenti italiani.  Adesso, il MES andrà rifinanziato: ha “salvato”  (leggi: indebitato)  Irlanda, Portogallo, Spagna , e “rischiava di esaurirsi solo per garantire i depositi  di una banchetta cipriota” di cui non si ricorda il nome. Per salvare la Deutsche, quanto ci vorrà?  Basta leggere  i testi: “Uno stato della zona euro, in difficoltà finanziaria, può richiedere un prestito a questo fondo. E chi ce lo mette il contante? Secondo il trattato, ogni stato aderente al MES dovrà corrispondere una certa quota di capitale allo stesso: si va dai 190 miliardi della Germania, passando per i 142 della Francia, fino ai 125 dovuti dall’Italia”.
L’Italia a cui l’Europa chiede di non spendere in investimenti, perché deve pagare i suoi debiti,  in questo caso può allegramente garantire 125 miliardi: che non ha. Niente di male, ce li prestano, e pagheremo gli interessi sul nuovo debito. Sicché poi Berlino ci rimprovererà di  avere un debito pubblico eccessivo,di vivere sopra i nostri mezzi, quindi tagliare e tagliare, svendere, obbedire al vincolo esterno…Non vi basta ancora? Pagherete per la Deutsche Bank?

Vogliono farci pagare per Deutsche Bank

Nei sacri statuti, se la Germania vuole attingere al MES per salvare la Deutsche Bank, come minimo dobbiamo ricordare (e ricordarle) che quando uno stato si rivolge al MES, deve accettare  la Troika, l’agente pignoratore per l’amministrazione controllata.
Vi sembra che Berlino accetterà la Troika? Berlino che non ha accettato di sottoporre alla sorveglianza della BCE  le sue banche regionali in dissesto enorme, occulto e opaco?
Però  il governo italiano, dovrà pretenderlo: aiuti dal MES? Allora la Troika a Berlino! Come Berlino minaccia per noi!  Reciprocità!
Ovviamente  ci sputeranno in faccia, rifiuteranno con arroganza e derisione, fra i cachini di gioia dei nostri nemici interni. Bene, è la vittoria: la prova che nella UE la legge non è uguale per tutti. Che  è l’orwelliana Fattoria degli Animali, dove tutti gli animali sono uguali, ma i maiali sono più uguali degli altri. Vedete in che situazione ci siamo cacciati: credevamo di entrare nella civiltà, e ci hanno incastrato in una dittatura oscura senza nome, di cui non conosciamo neppure i limiti, perché probabilmente limiti non ha. Il dispotismo orientale del Califfo, era più civile, conosceva qualche limite, almeno si poteva provare ad ottenere giustizia con la supplica alla Sublime Porta.
La vittoria consiste in questo. Nel capire che dobbiamo far da soli  anche in regime monetario, perché non c’è “soluzione europea” del nostro debito pubblico, perché l’Europa non ci proporrà mai altro che punizione,  recessione e deflazione permanente, disoccupati di massa e di lunga durata.
Una volta realizzato che  dobbiamo far da soli  – l’Italia è contributore netto presso  della UE, mica ha bisogno –   la vittoria  italiana è a portata di mano.
Possiamo farcela perché:
1 Gli italiani hanno una ricchezza finanziaria pro capite superiore ai tedeschi
2  Abbiamo un trilione di euro in conti  bancari e 3 trilioni in attivi liquidi
3  L’Italia ha un attivo primario di  2,6% del Pil,  E tutto ciò, si badi, senza aver fatto le vere riforme strutturali che dobbiamo fare.
Ciò significa, secondo il chief investment officer Manish Singh (già  UBS e Societé Générale), che “L’Italia non solo può sopravvivere all’Italexit, ma prosperare”.  Manish Singh è uno dei tanti investitori  internazionali che, se l’Italia esce dall’euro e opera con una sua moneta svalutata, sono pronti ad investire, ossia a indebitarci di nuovo, perché siamo ridiventati solvibili. E’ l’industria francese che sarà schiacciata dal nostro export in lire.
Anche  il Nobel Stigliz  illustra (per l’ennesima volta) la convenienza d’Italia di uscire dall’euro, in un articolo apparso su”Politico”  del 26 giugno:
https://www.politico.eu/article/opinion-italy-germany-how-to-exit-the-eurozone-euro-reform/
Di fronte all’ostinazione tedesca di non riformare l’euro, l’Italia  ha la possibilità di fare una scelta diversa dalla Grecia. I benefici per l’Italia di abbandonare l’euro sono chiari, diretti e considerevoli”.
“Il cambio basso consentirà all’Italia di esportare di più. I consumatori adotteranno beni fatti in Italia invece di beni importati. I turisti troveranno il Paese ancora più attraent, per i suoi prezzi bassi. Tutto ciò stimolerà la domanda e accrescerà gli introiti dello Stato. La crescita prenderà piede, e con essa l’alto livello di disoccupazione (11,3%, quella giovanile al 33,1%) scenderà”.
E Stigliz ci spiega anche come fare: l’Italia può creare “script”, titoli di  debito pubblico, con cui permetterà di pagare le tasse e i mutui.  La perdita di valore di questi “script”   sarà  l’equivalente di una svalutazione,  con il che l’Italia recupera la sua politica monetaria efficace” . E’ il piano B.
Naturalmente, continua Stigliz, “la creazione di una moneta infomale sarà accolta da urli e strilli da parte degli altrimembri della zona euro. Sicuramente una moneta parallela  infrange  le regole e lo spirito dell’eurozona. A questo punto, l’Italia lascerà agli altri membri dell’eurozona di espellerla”.
https://www.politico.eu/article/opinion-italy-germany-how-to-exit-the-eurozone-euro-reform/
Non vi sfugga l’ironia. Gli altri membri che ci espellono, si sparano sull’alluce da soli.  Pensate solo come si troverebbe l’industria francese, a restare sola con l’euro ormai tedesco, rivalutato del 30%. Sarebbe schiacciata. Macron avrebbe i giorni contati.  E già ora, la Le Pen sta superandolo nei sondaggi.
Vedete che si può vincere. Occorre coraggio e polso fermo,  come in guerra. I miei dubbi non sono su questo governo. Sono sulle quinte colonne che invocano lo straniero perché ci punisca, e  stringa le nostre catene.
Perché sono loro che strillano che Conte è stato sconfitto; e Gentiloni dice che  gli europei “si vendicheranno sulle nostre banche”. Ma le ONG sono di un parere contrario, visto che sono molto,molto arrabbiate.
Per Haaretz, ad essere isolata è la Mutti:
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Merkel has gone from leader of Europe to near isolation | Analysis
Ed anche Le Figaro ritiene che Conte non abbia perso, perché “L’Italia può  continuare la sua politica di fermezza migratoria,  avendo ottenuto una specie di carta bianca da parte del consiglio europeo. Politicamente è una vittoria”:

Prendere in parola: carta bianca. Fermezza. Senza bisogno di fare pubblicità, molto si può  fare in “fermezza”.

Scritto da Cristina Bassi Ripropongo un vecchio articolo da Raptitude.com perchè ha a che fare con il senso della realtà, che è cosi tanto c...