Sembra proprio di sì: in una recente
indagine condotta dal Centro di Ricerca per la Pubblica Opinione di
Tutte le Russie, l’indice di gradimento di Putin è salito ad uno
strabiliante 86 per cento, il doppio di quello di Obama quando lasciò
l’incarico nel 2016. E quel che è più sorprendente è che la popolarità
di Putin ha resistito nonostante una grave crisi economica e quasi due
decenni in carica. A differenza della maggior parte dei politici, la cui
popolarità dura tra i 4 e gli 8 anni, l’ammirazione del pubblico per
Putin è cresciuta sempre di più nel tempo.
E il fenomeno non è limitato alla
Russia: secondo una recente indagine condotta dal sito di sondaggi
YouGov, “Putin è il terzo uomo più ammirato in Egitto, il quarto in
Cina, Arabia Saudita e Marocco e il sesto uomo più ammirato in Germania,
Francia e Svezia”. E non parliamo nemmeno della Siria, dove impazza la
moda di chiamare i neonati come il presidente russo.
Putin ha vinto anche il prestigioso premio della rivista Time – Uomo dell’Anno
nel 2007, e nell’ultimo decennio è rimasto tra i primi dieci di quella
lista. L’unico paese in cui Putin non è popolare sono gli Stati Uniti,
dove viene ininterrottamente demonizzato dai media come “sgherro del
KGB” o “nuovo Hitler”. Secondo un sondaggio Gallup del 2017, solo “il
22% degli Americani ha un’opinione favorevole di Putin” mentre “il 72%
ha un’opinione sfavorevole di lui”.
Non c’è dubbio che gli attacchi
personali dei media a Putin abbiano drammaticamente influenzato la sua
popolarità. La domanda che le persone con una mentalità aperta devono
farsi è se il loro parere su Putin sia il risultato di una propria
ricerca, o se le loro opinioni siano state plasmate dalla scorrettezza
dei media corporativi, che denigrano tutti coloro che ostacolano le
ambizioni geopolitiche di Washington? Il mio consiglio a queste persone è
semplicemente di leggere le parole di Putin da soli, e trarre le
proprie conclusioni.
I media occidentali sostengono che Putin
è responsabile di una serie di reati, tra cui l’uccisione di noti
giornalisti e rivali politici. Ma è vero? L’uomo che è tanto venerato
dalla grande maggioranza dei Russi, è un comune sicario mafioso che
elimina i suoi nemici senza battere ciglio?
Non posso rispondere, ma dopo aver
seguito la carriera di Putin (e letto molti dei suoi discorsi) da quando
ha sostituito Boris Eltsin nel dicembre 1999, credo che sia molto
improbabile. La spiegazione più probabile è che la politica estera della
Russia ha creato ostacoli insormontabili a Washington in luoghi come
l’Ucraina e la Siria, così Washington ha ordinato al suo ministero della
propaganda (alias – i media) di ritrarre Putin come un malvagio tiranno
e un bandito. Almeno questo è il modo in cui i media si sono comportati
in passato.
La classe politica statunitense amava
ovviamente Eltsin, perché Eltsin era un buffone compiacente che ha
sventrato lo stato e ha ceduto a tutte le richieste delle corporazioni
occidentali. Non così Putin, che ha compiuto grandi passi avanti nella
ricostruzione del paese mediante la nazionalizzazione di una parte
dell’industria petrolifera, affermando la sua autorità sugli oligarchi e
ripristinando il potere del governo centrale.
Cosa più importante, Putin ha
ripetutamente condannato la bellicosità unilaterale di Washington in
tutto il mondo, infatti il presidente russo è diventato il leader de
facto di un crescente movimento di resistenza il cui obiettivo primario è
fermare le destabilizzanti guerre di Washington e ricostruire la
sicurezza globale sul principio fondamentali della sovranità nazionale.
Ecco come Putin ha riassunto tutto questo al Club Valdaj:
“Non ci sono dubbi che la sovranità sia
la nozione centrale dell’intero sistema delle relazioni internazionali.
Il rispetto di essa e il suo consolidamento contribuiranno a rinforzare
la pace e la stabilità sia a livello nazionale che internazionale… In
primo luogo, occorre garantire una sicurezza uguale e indivisibile per
tutti gli Stati” (Riunione del Club di Discussione Internazionale
Valdaj, Il Futuro in Corso: Dare Forma al Mondo di Domani, Dall’Ufficio
del Presidente della Russia)
Questo è un tema familiare di Putin, e
risale al suo famoso manifesto di Monaco nel 2007, un discorso che
chiunque abbia il minimo interesse per gli affari esteri dovrebbe
leggere integralmente. Ecco un estratto:
“Stiamo assistendo ad un disprezzo
sempre più grande per i principi fondamentali del diritto
internazionale. E le norme giuridiche indipendenti stanno, di fatto,
diventando sempre più simili al sistema giuridico di un singolo Stato.
Uno Stato, il più importante, gli Stati Uniti ovviamente, che ha
superato in ogni modo le proprie frontiere nazionali. Questo è visibile
nelle politiche economiche, politiche, culturali ed educative che impone
ad altre nazioni. Beh, a chi piace questo? Chi è felice di questo?…”
“Sono convinto che abbiamo raggiunto
quel momento decisivo in cui dobbiamo pensare seriamente
all’architettura della sicurezza globale. E dobbiamo cercare un
ragionevole equilibrio tra gli interessi di tutti i partecipanti al
dialogo internazionale” (“Le Guerre non Diminuiscono”: l’iconico
discorso di Putin del 2007 a Monaco di Baviera, YouTube)
Il discorso di Monaco venne fatto
quattro anni dopo che Washington lanciò la sua sanguinosa invasione
dell’Iraq, un’invasione alla quale Putin si oppose duramente. Il
discorso mostra la maturità di pensiero di Putin che, a differenza degli
altri leader mondiali, non è svelto a giudicare né a trarre conclusioni
affrettate. Al contrario, si prende il suo tempo, analizza una
situazione accuratamente e poi agisce di conseguenza. Una volta che si è
fatto un’idea, raramente tentenna. Non è un voltagabbana.
L’opposizione di Putin al dominio
mondiale unipolare, ovvero la politica autoritaria di Washington e tutti
coloro che la appoggiano, non è un segno di antiamericanismo, ma di
pragmatismo. L’aggressione che dura da 16 anni di Washington in Asia
Centrale, Nord Africa e Medio Oriente ha solo intensificato le crisi,
alimentato l’instabilità, coltivato il terrorismo e incrementato morte e
distruzione. Non ci sono state vittorie nella Guerra al Terrore, solo
violenza infinita e montagne di cadaveri. E soprattutto (come dice
Putin) “Nessuno si sente al sicuro”.
Ecco perché Putin ha tracciato una linea
nella sabbia in Siria e in Ucraina. Il presidente russo ha ora inviato
truppe e aerei per fermare il comportamento aggressivo di Washington.
Ancora una volta, questo non perché odia l’America o cerca lo scontro,
ma perché il sostegno di Washington agli estremisti violenti richiede
una risposta ferma. Non c’è altro modo. Allo stesso tempo, Mosca
continua a cercare attivamente una soluzione pacifica per entrambe le
crisi. Ecco ancora Putin:
“Solo dopo aver posto fine ai conflitti
armati e assicurato lo sviluppo pacifico di tutti i paesi saremo in
grado di parlare del progresso economico e della risoluzione dei
problemi sociali, umanitari e di altro tipo…
È essenziale fornire condizioni per il
lavoro creativo e la crescita economica ad un ritmo che porrebbe fine
alla divisione del mondo tra vincitori permanenti e perdenti permanenti.
Le regole del gioco dovrebbero dare alle economie in via di sviluppo
almeno una possibilità di raggiungere coloro che riteniamo economie
sviluppate. Dovremmo lavorare per equilibrare il ritmo dello sviluppo
economico e rafforzare i paesi e le regioni in ritardo, in modo da
rendere il frutto della crescita economica e del progresso tecnologico
accessibile a tutti. In particolare, ciò contribuirebbe a porre fine
alla povertà, uno dei peggiori problemi contemporanei.
Un’altra priorità è la sanità globale…
Tutte le persone del mondo, non solo le élite, dovrebbero avere il
diritto a vita sana, lunga e piena. Questo è un obiettivo nobile. In
breve, dobbiamo costruire oggi le basi per il mondo futuro investendo in
tutte le aree prioritarie dello sviluppo umano” (Riunione del Club
Internazionale Valdaj)
Ecco perché penso che le storie di Putin
che uccide i giornalisti sono assurdità. Sembra veramente improbabile
che un uomo che crede nell’assistenza sanitaria universale, nel lavoro
creativo, nel mettere fine alla povertà e nell’“investire in tutte le
aree prioritarie dello sviluppo umano”, abbia ucciso allo stesso tempo
rivali politici come un comune gangster. Lo trovo estremamente difficile
da credere.
La parte più interessante del discorso
di Valdaj di Putin è la sua analisi degli sconvolgimenti sociali che
hanno attraversato l’UE e gli Stati Uniti, con conseguente diffuso
rifiuto dei candidati politici tradizionali e dei loro partiti. Putin ha
osservato attentamente questi sviluppi e ha espresso una grande
quantità di pensieri. Ecco quello che dice:
“Con l’agenda politica già eviscerata
così com’è e con le elezioni (americane) che hanno smesso di essere uno
strumento per il cambiamento, ma che costituisce invece un’occasione per
creare scandalo e gettare fango… E sinceramente, uno sguardo alle
piattaforme dei diversi candidati dà l’impressione che siano stati fatti
con lo stesso stampo – la differenza è lieve, se esiste…
Sì, formalmente, i paesi moderni hanno
tutti gli attributi della democrazia: elezioni, libertà di parola,
accesso all’informazione, libertà di espressione. Ma anche nelle
democrazie più avanzate la maggioranza dei cittadini non ha alcuna reale
influenza sul processo politico e non ha un’influenza diretta e reale
sul potere…
Sembra che le élite non vedano la
stratificazione sempre più profonda nella società e l’erosione della
classe media… (ma la situazione) crea un clima di incertezza che ha un
impatto diretto sullo stato d’animo della gente.
Studi sociologici condotti in tutto il
mondo mostrano che le persone di diversi paesi e di diversi continenti
tendono a vedere il futuro come torbido e scuro. Questo è triste. Il
futuro non li attrae, ma li spaventa. Allo stesso tempo, le persone non
vedono alcuna opportunità o mezzo per cambiare qualcosa, influenzare gli
eventi e modellare la politica.
Quanto alla pretesa che le frange e i
populisti abbiano sconfitto la saggia, sobria e responsabile minoranza –
non stiamo parlando di populisti o simili, ma di persone ordinarie,
cittadini comuni che stanno perdendo fiducia nella classe dominante.
Questo è il problema…
La gente percepisce un divario sempre
crescente tra i suoi interessi e la visione dell’elite dell’unico corso
possibile, un corso scelto dalla stessa élite. Il risultato è che spesso
i referendum e le elezioni creano sorprese per le autorità. Le persone
non votano affatto come gli hanno consigliato i media ufficiali e
rispettabili, né come gli hanno consigliato i partiti principali. I
movimenti pubblici che di recente sono stati troppo di estrema sinistra o
troppo di estrema destra si stanno prendendo la scena, e stanno
spingendo da parte i pesi massimi politici.
In un primo momento, questi risultati
scomodi sono stati frettolosamente dichiarati anomalie o colpi di
fortuna. Ma quando sono diventati più frequenti, le persone hanno
cominciato a dire che la società non capisce quelli che si trovano al
potere, e che non è ancora sufficientemente matura per valutare il
lavoro delle autorità per il bene pubblico. Oppure sprofondano
nell’isteria e dichiarano il risultato opera della propaganda straniera,
di solito quella russa” (Riunione del Club di Discussione
Internazionale Valdaj)
Putin esprime alcuni punti importanti, quindi riassumiamo:
1/ Le elezioni non sono più uno strumento per il cambiamento.
2/ L’aspetto della democrazia rimane, ma la gente non ha più il potere di cambiare le politiche o il processo politico.
3/ L’impotenza politica ha portato alla
frustrazione, alla depressione e alla rabbia. Sono emersi nuovi
movimenti e candidati che abbracciano rimedi più estremi perché i
partiti tradizionali non rappresentano più la volontà del popolo.
4/ Le élite isolate sono diventate più
ottuse e non capiscono la rabbia che ribolle appena sotto la superficie
di una società apparentemente tranquilla.
5/ Sempre più persone hanno paura del
futuro. Non vedono speranze per sé stessi, i loro figli o il paese. Il
divario fra ricchi e poveri continua ad alimentare la diffusa rabbia
populista.
6/ L’elezione di Trump indica un ampio
rifiuto della classe politica del Paese, dei suoi media, del suo sistema
economico e delle sue istituzioni primarie.
Questa è un’analisi di prima classe da
parte di un uomo che non solo ha trascorso molto tempo a pensare a
queste cose, ma ha anche individuato il particolare evento da cui è
emersa l’attuale crisi; la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Ecco
quello che dice:
“L’anno scorso, i partecipanti al forum
Valdaj hanno discusso i problemi dell’attuale ordine mondiale.
Purtroppo, poco è migliorato in questi ultimi mesi, anzi, sarebbe più
onesto affermare che nulla è cambiato.
Le tensioni generate dai cambiamenti
nella distribuzione dell’influenza economica e politica continuano a
crescere… Essenzialmente, l’intero progetto di globalizzazione oggi è in
crisi e in Europa, come sappiamo bene, sentiamo voci che ora affermano
che il multiculturalismo è fallito.
Penso che questa situazione sia per
molti aspetti il risultato di scelte sbagliate, frettolose e, in certa
misura, fatte con troppa sicurezza di sé da élite di alcuni paesi un
quarto di secolo fa. All’epoca, alla fine degli anni ‘80 e agli inizi
degli anni ‘90, c’era la possibilità non solo di accelerare il processo
di globalizzazione, ma anche di dargli una qualità diversa e renderlo
più armonioso e sostenibile.
Ma alcuni paesi che si sono visti
vittoriosi nella Guerra Fredda non solo si sono considerati tali, ma lo
hanno detto apertamente, e hanno avviato il processo riformando
semplicemente l’ordine politico ed economico globale per adattarlo ai
propri interessi.
Nella loro euforia essi hanno
sostanzialmente abbandonarono un dialogo proficuo e alla pari con altri
attori della vita internazionale, e scelsero di non migliorare o creare
istituzioni universali; tentarono invece di sottomettere l’intero mondo
alle proprie organizzazioni, norme e regole. Scelsero la strada della
globalizzazione e della sicurezza per loro stessi, per pochi eletti, e
non per tutti” (Riunione del Club di Discussione Internazionale Valdai)
Ha ragione, vero? Il progetto di
globalizzazione è in crisi, e il motivo per cui è in crisi è perché
tutti i vantaggi sono andati alle persone che hanno creato la politica
originale, l’1 per cento. Così ora le persone negli Stati Uniti e
nell’UE stanno schiumando di rabbia, stanno prendendo misure disperate
per riaffermare il controllo sul sistema. Ecco cosa riguardava la
Brexit; ecco cosa riguardava l’elezione di Trump; ed è proprio questo
che riguarda lo scontro tra Macron e la Le Pen. Tutti e tre sono esempi
della rabbia populista sommersa rivolta contro le élite che hanno
imposto il loro sistema di auto-avvantaggiamento su tutti gli altri,
aggravando il costante declino degli standard di vita, la grande
insicurezza economica e la perdita della sovranità nazionale.
Questa è la prima volta che ho visto
l’attuale ondata di turbolenza sociale fatta risalire alla dissoluzione
dell’Unione Sovietica, ma ha completamente senso. Le élite occidentali
hanno visto il collasso dell’URSS come una luce verde per perseguire
maniacalmente la propria agenda globale e imporre il loro modello
economico neoliberista al mondo, un processo che ha accelerato
notevolmente dopo l’11 Settembre. Gli attacchi terroristici alle Torri
Gemelle sono diventati l’evento cruciale che ha innescato la riduzione
delle libertà civili, la valorizzazione dei poteri esecutivi e l’inizio
di una guerra globale al Terrore. Senza essere ostacolati da un rivale
serio, Washington si è sentita libera di imporre il proprio sistema
amico delle corporazioni al mondo, rivedere la mappa del Medio Oriente,
occupare i paesi dell’Asia centrale e rovesciare i regimi laici ovunque
andasse. Il trionfalismo del capitalismo occidentale è stato riassunto
nelle parole giubilanti del presidente George H. W. Bush, che ha
dichiarato nel 1990, prima del lancio di Desert Storm: (D’ora in avanti)
“si fa quello che diciamo noi”. Il pronunciamento è stato una
dichiarazione inequivocabile della volontà di Washington di governare il
mondo e di stabilire un nuovo ordine.
Ora, 27 anni dopo, gli Stati Uniti sono
rimasti bloccati in Siria e in Ucraina. Nuovi centri di potere economico
stanno emergendo, si formano nuove alleanze politiche e l’autorità di
Washington viene apertamente contestata. Il compito di Putin è quello di
bloccare i progressi di Washington, creare disincentivi tangibili
all’aggressione e porre fine agli interventi stranieri. Il presidente
russo potrebbe dover fare qualche passo indietro per evitare la Terza
Guerra Mondiale, ma in ultima analisi l’obiettivo è chiaro e
raggiungibile. Lo Zio Sam deve essere tenuto a freno, la guerra deve
fermarsi, la sicurezza globale deve essere ristabilita e la gente deve
essere libera di tornare alle proprie case in pace.
*****
Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.