mercoledì 24 maggio 2017

Parole vere per una società sana, equa, solidale

Fonte http://www.mauroscardovelli.it
Le parole vere ci sono. Cominciamo ad usare le parole in modo corretto per creare una società, interna ed esterna, più giusta.
Oggi viviamo in cachistocrazia, cioè nel governo dei peggiori (internamente ed esternamente), non in democrazia. I migliori sono coloro che sono dediti alla verità, al bene, alla giustizia, alla libertà. Alla libertà di tutti dal bisogno e alla libertà di tutti nel realizzare se stessi e i propri talenti. I migliori sono coloro che si prendono cura delle sorti della comunità umana, cioè del vivere guidato dalla legge del dono reciproco.
La democrazia presuppone una crescente consapevolezza diffusa tra i membri della comunità, la formazione libera e informata della loro volontà. E quindi con il tempo la vera democrazia porta alla scelta dei governanti migliori. Oggi non è il popolo “sovrano” che influisce sulla scelta dei governanti e sulle scelte dei governi, ma sono le èlite internazionali della finanza, cioè coloro che hanno a cuore non le comunità umane, ma la loro distruzione, al fini di speculare sulle loro disgrazie.
 
L’internazionalismo, l’apertura dei confini, oggi ritenuto universalmente un valore, è una ottima cosa o è una pessima cosa (qui putroppo non disponiamo di due parole diverse). E’ ottimo l’internazionalismo dei popoli, delle culture, delle scienze, delle arti. E’ pessimo l’internazionalismo dei capitali, della finanza, della speculazione. E pessimo anche l’internazionalismo delle merci, se è guidato dalla competizione senza regole che proteggano i paesi più deboli, o, ancora peggio, se le regole ci sono, ma a tutto vantaggio dei più forti.
Nessuna comunità internazionale può formarsi in questo modo, se non c’è solidarietà, se i paesi più forti non aiutano quelli più deboli. Parlare di economia internazionale in tal caso è fare uso scorretto e manipolativo della parola economia, che etimologicamente significa cura della casa, dell’ambiente in cui viviamo, della comunità, per il benessere di tutti. La parola giusta è guerra, non economia, guerra portata avanti con altri mezzi rispetto alle armi.

La parola economia, una delle più ricorrenti nel lessico della politica, in realtà viene quasi sempre utilizzata in modo falso. Non di economia si tratta, ma di crematistica, coè l’attività non diretta a creare i beni utili e necessari, ma diretta a fare soldi con i soldi, cioè dal nulla. Un’attività priva di ogni senso, se per senso intendiamo il perseguimento del vero, del bene, del giusto, del bello. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la ricchezza mondiale si accentra in un numero sempre più ristretto di persone. Tutti gli altri si impoveriscono.
La parola politica è altra parola che merita la massima attenzione. L’uso che ne viene fatto è totalmente scorretto. Politica significa governare la polis per il bene della polis stessa, cioè della comunità che risiede su un territorio. Ma significa anche contribuire al bene della polis come cittadini. Non significa affatto perseguire i propri interessi particolari a scapito della comunità. Per dire questo c’è un’altra parola diponibile: affarismo, che è la versione peggiorativa del fare affari.

La parola comunità ha seguto una sorte anche peggiore. Non viene più usata nel linguaggio mainstream. O viene usata solo per generare una sorte di allergia o rifiuto incondizionato: comunità uguale comunismo, comunismo uguale oppressione. Viva la libertà. Viva la libertà da ogni legame. A questo tipo di libertà Aristotele assegnava un altro nome: schiavitù. Schiavi sono coloro che non hanno legami, nè con il territorio, né con altre persone, e possono essere utilizzate come merci. E’ questa la fine che vogliamo fare?
Veramente libere sono le persone che hanno tanti legami, tante relazioni segnificative, basate non sullo sfruttamento, ma sul dono reciproco. Oltre ad essere libere, queste persone sono anche ricche, in senso vero, in senso spirituale, e anche felici.
Camogli, 20 maggio 2017
Mauro Scardovelli

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