Il M5s ha tre meriti storici che nessuno può negare: aver abbattuto il falso bipolarismo Fi-Pd, aver posto in termini politici e non solo giornalistici il tema della casta ed aver impedito che la protesta che stava montando sfociasse in movimenti di estrema destra come Alba Dorata o il Front National. Per queste ragioni non sono affatto pentito di aver costeggiato ed appoggiato il M5s – pur senza mai entrare a farne parte – dal 2013 ad oggi.
Per la verità, non ho mai evitato di criticare singoli aspetti o scelte del movimento che, però, complessivamente ho sempre difeso.
Ma, come i lettori di questo blog hanno constatato, negli ultimi due anni, i motivi di dissenso sono andati crescendo e le critiche si sono fatte più frequenti e forse più aspre, per cui non è stato un caso che nelle recenti elezioni politiche, alla Camera non ho votato 5 stelle ma Potere al Popolo.
Non sono io che mi sono man mano allontanato dal M5s: io sono rimasto fermo, è il M5s che ha preso altre strade.
Il M5s al quale mi ero avvicinato era quello dell’ “Uno vale uno” che, pur non senza contraddizioni anche evidenti, rifiutava l’idea di un capo politico che decidesse tutto.
Oggi, nel movimento vige un regolamento che nessuno ha mai approvato e che dà pieni poteri al capo politico, sino al punto di dargli la possibilità di nominare i capigruppo parlamentari non più eletti (cosa che non ha precedenti nella storia del parlamento repubblicano).
Il M5s al quale mi ero avvicinato parlava di democrazia diretta, anche con un’enfasi eccessiva che si traduceva in un discutibile rifiuto della democrazia rappresentativa, oggi di democrazia diretta non si parla più ed è restato solo un antiparlamentarismo ancora più inquietante di ieri.
Il M5s cui mi ero accostato miscelava temi di destra (come l’ostilità verso gli immigrati) con temi di sinistra (come la difesa dell’art. 18), ma aveva una decisa avversione ai poteri finanziari (ricordiamoci le partecipazioni di Grillo alle assemblee degli azionisti Telecom); oggi il “Capo politico” del movimento dice che i governi devono tener conto dell’orientamento dei mercati finanziari.
Il M5s con il quale iniziai a collaborare si schierò decisamente per la legge elettorale proporzionale e contro la riforma renziana della Costituzione in difesa della Costituzione repubblicana del 1948. L’edizione più recente del M5s ha fatto non poche concessioni nel dibattito sulla legge elettorale (in particolare quando si parlò di metodo tedesco) e, con ogni evidenza, si appresta a sostenere il ritorno ad una qualche forma di maggioritario.
Quanto alla Costituzione, la pretesa di avere la Presidenza del Consiglio sulla base della maggioranza relativa ottenuta nel voto per l’elezione della Camera è solo la premessa logica di una riforma di indirizzo presidenziale. Ma allora, perché ci si è opposti alla riforma di Renzi? Io ho combattuto Renzi in quel Referendum perché ero contrario alla sua riforma, mi viene il dubbio che qualche altro ha combattuto quella riforma solo perché voleva togliere di mezzo Renzi. Sono cose molto diverse.
Il M5s di cinque anni fa entrò nelle stanze del potere per ribaltarle, quello di oggi non si sottrae all’abbraccio mortale del potere consolidato: non hanno cambiato il potere, ma il potere ha cambiato loro.
Il M5s con cui ho collaborato fece un’epica battaglia parlamentare contro la “riforma” della Banca d’Italia che ne faceva dono alle principali banche nazionali. La legge prevedeva tre anni di tempo per mettere sul mercato le azioni possedute in eccesso dai pochi oligopolisti, il limite è scaduto nel 2017 senza che sia avvenuto niente ed il M5s non dice niente, preferendo posare occhi vogliosi sulla Cassa Depositi e Prestiti, in perfetto stile spoil system. Certo, sin qui è stata gestita malissimo, ma quale è il rimedio? Piazzare qualche amico? Non so.
Il M5s di Roberto Casaleggio era contrario all’Euro senza se e senza ma (anche troppo e, semmai, ero io a moderare le cose dicendo che non si può uscire da un ordine monetario dalla sera alla mattina e senza sapere bene con cosa sostituirlo) oggi non solo non si parla proprio più di uscita dall’Euro, ma si fa dell’oltranzismo filo Ue, e si prospetta l’adesione al gruppo più eurista del parlamento europeo, En Marche.
Il M5s delle origini si diceva “Né di destra né di sinistra”, ma in realtà ospitava nel suo seno sia destra che sinistra, oggi quella ambiguità è sciolta e, pur continuando a dirsi né di destra né di sinistra, il Movimento sta imboccando una strada decisamente di destra.
Io ero e sono sempre rimasto di sinistra, potevo convivere con l’ambiguità iniziale, ma non con una cosa esplicitamente di destra.
Per cui, sapete che sono anticonformista ed, in un paese in cui (quasi) tutti salgono sul carro del vincitore, io scelgo di scendere dal carro del vincitore.
Sarò grato ai conduttori televisivi che non mi presenteranno più come “vicino al Movimento 5 stelle” ma come persona “che è stata a lungo vicina al M5s”. Nessuna acrimonia e nessuna ostilità preconcetta, quando il M5s farà scelte condivisibili lo difenderò, quando ne farà di segno opposto lo criticherò, ma sempre nel merito, perché, nonostante tutto, il M5s è ancora oggi una importante risorsa per il paese e sarebbe altamente auspicabile che correggesse questa discutibile rotta.
* da aldogiannuli.it
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