giovedì 9 luglio 2015

Non sono mai andato a scuola” l’esperienza di André Stern

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Vi presentiamo alcune domande che sono state fatte ad André Stern durante una serata che si è tenuta a Bergamo in occasione della pubblicazione del suo libro in lingua francese. “E…non sono mai andato a scuola” è l’edizione italiana pubblicata dalla casa editrice Nutrimenti nel Maggio 2014.
GIG054André Stern è figlio dell’educatore e ricercatore Arno Stern, è cresciuto seguendo gli innovativi metodi diapprendimento creativo teorizzati dal padre. Sposato e padre di un bambino, è musicista, compositore, liutaio, relatore di conferenze, giornalista e autore. È stato nominato direttore dell’iniziativa “Männer für morgen” (Uomini per domani) dal professor Gerald Hüther, ricercatore di neurobiologia avanzata. È promotore del movimento “ecologia dell’educazione” e direttore dell’istituto Arno Stern (laboratorio di osservazione e preservazione delle inclinazioni naturali del bambino).
Per trovare lavoro è necessario essere laureati?
Non è vero! Ci sono molte persone molto qualificate ma che fanno un lavoro diverso da ciò che hanno studiato.
Io che non sono diplomato né laureato, ho concretamente sperimentato la vita vera, e ciò che la vita stessa chiede non è una qualifica ma una competenza.
Che lavoro fai?
Sono musicista, liutaio, co-direttore di un teatro, giornalista, autore, collaboratore tecnico di mio padre (Arno Stern), direttore di un’iniziativa di un’associazione tedesca chiamata “Gli uomini per domani”, e molte altre cose. Non ho mai imparato a fare la differenza tra la vita privata e la vita professionale, tra tempo libero e lavoro.
Per esempio ho una grande passione per Amelia Earhart, la pilota americana che fece anche il giro del mondo, so molte cose su di lei, ma questo non è un lavoro. Con cosa mi guadagno da vivere? Con un po’ di tutto questo. Non ho mai imparato nemmeno a considerare il mio lavoro come un mezzo per guadagnare dei soldi, perché anche il denaro è l’effetto secondario, dell’effetto secondario, dell’effetto secondario di ciò che vi sto raccontando stasera.
Chi sono stati i tuoi maestri? Hai avvertito del disagio con gli altri bambini, dato che non andavi a scuola?
Non mi sono mai sentito diverso dagli altri, perché non mi sono mai paragonato con gli altri. Nei miei parametri non è contemplata la cognizione di competizione e quindi non avevo con chi misurarmi. La socializzazione non è mai stata un problema, è solo un paradigma della nostra società quello secondo il quale una classe debba essere formata tutta di bambini della stessa età. Ma chi ritiene che ciò sia indispensabile, che i bambini ne abbiano bisogno? Se guardiamo un bambino ci rendiamo conto che non è così.
I bambini non hanno problemi con la diversità, siamo noi adulti che li compariamo e inculchiamo loro le idee di 
competizione.
Manderai tuo figlio a scuola?
No! Ma se lui vorrà andarci sarà libero di farlo, non intendo sostituire un dogma con un altro dogma. La parola d’ordine non è solo libertà.
Qual è stato il rapporto con i tuoi genitori, ti consideri un privilegiato?
Sì, sono stato un privilegiato grazie alla loro scelta. Ma un bambino libero non è responsabile del livello culturale della propria famiglia. Non si è mai prigionieri del proprio ambiente socioculturale, un bambino crea da solo il proprio sapere.
Il dialogo con in miei genitori è sempre avvenuto guardandoci negli occhi e non sono mai stato trattato come un bambino, i miei genitori non mi hanno mai protetto così io a quattro anni avevo già sentito parlare dell’Olocausto.
Le domande che facevo erano sempre domande ai quali i miei non avevano risposte, questo perché le conoscenze di una famiglia si trovano in una scatola in cui ogni giorno noi mettiamo o prendiamo qualcosa, questa è la ricchezza del sapere famigliare.
In Francia notavo che i bambini non avevano mai il tempo di giocare a causa degli orari scolastici o dei compiti, e quando un altro bambino mi chiedeva che classe frequentassi, domanda tipica fra i bambini, e io rispondevo che non andavo a scuola, la sua esclamazione era sempre “Che fortuna!”.
Una cosa importantissima è la fiducia: io potevo giocare tutto il giorno, certo che nessuno in casa mi avrebbe imposto altre attività considerate più importanti del mio gioco. Non dovevo giocare fino all’estremo, quando era l’ora di andare a letto non c’erano problemi perché sapevo con certezza che il mattino dopo avrei potuto ricominciare a giocare nel punto esatto in cui il mio gioco si era interrotto la sera prima. Il gioco è l’apprendimento primitivo, io tutt’ora non so fare la differenza tra giocare, imparare e vivere.
La famiglia è un’unità dalla quale io non mi sono mai allontanato, perché io non ho vissuto a casa dei miei, ho vissuto con i miei. Non ho conosciuto i problemi dell’adolescenza o la ribellione perché il rapporto con i miei genitori è sempre stato gli occhi negli occhi. Sono sempre stato indipendente. Con la fiducia, come dicevo prima, io sapevo che quando i miei genitori mi proibivano o ammonivano verso qualcosa, lo stavano facendo per il mio bene. Questo lo vedo ora con mio figlio.
Questa fiducia non è mai stata violata e quindi non era necessario porre dei divieti o degli obblighi.
Cosa ti hanno proposto i tuoi genitori?
I miei genitori non mi hanno mai stimolato, mi lasciavano libero di trovare le mie pertinenze. Come puoi stimolare tuo figlio?
Dovresti partire dai tuoi interessi, mentre i nostri genitori sono sempre partiti dai nostri. Hanno fatto ciò che faccio ogni giorno con mio figlio: ci hanno guardati e questo li ha impegnati molto. Non saprei come stimolarlo, è la vita che lo stimola. È statisticamente provato che un bambino di tre anni prova una sensazione di entusiasmo ogni tre minuti,durante la crescita questa cosa pian piano si attenua. Ma se anche noi dovessimo proporre un tavolo con una straordinaria quantità di proposte pedagogiche, nostro figlio forse lo guarderebbe un attimo e poi si stupirebbe di qualcosa che si trova oltre il tavolo.
Come si fa ad affrontare una scelta come la sua oggi? Come vive tuo figlio questa nuova società?
Mio figlio è naturalmente abituato a vivere in questa realtà, per lui i telefoni e i computer sono normali. Quando mia moglie lavora lontano noi le telefoniamo con la webcam e per lui è normalissimo. In casa abbiamo scelto cosa potesse servirci, per esempio non abbiamo televisioni, ma computer e musica. La nostra cellula familiare è figlia di tutte le scelte che abbiamo fatto, per questo mio figlio è molto legato alla famiglia. Questo costituisce il suo bagaglio, che lo accompagna nel mondo proteggendolo, rendendolo attore e non vittima della vita.
Ci sono molte famiglie che fanno homeschooling in Italia: lo Stato costringe i nostri figli a sostenere un esame che noi, nella nostra famiglia, ci siamo rifiutati di fare. Questo è tutt’oggi perseguibile anche in Francia. Come possiamo fare? Come ti comporterai tu con tuo figlio se questo dovesse rappresentare un problema?
Guarda è particolarmente interessante il fatto che il mio libro sia diventato un vero e proprio best seller in Germania, che è uno dei paesi con l’obbligo scolastico più rigido in Europa. In Germania è vietato anche ‘homeschooling. Sono perciò rimasto molto stupito di questo interesse e ho pensato che, solitamente, quando si è liberi non si tende a notare ciò che manca. Quando non si è liberi solitamente si fa la rivoluzione e se quello che racconto potrà essere d’aiuto ne sarò felicissimo. Tu come donna e come madre devi poter essere libera di fare le scelte che ritieni più giuste per la tua famiglia e l’istituzione dovrebbe riconoscerti questo come un diritto. Nel mio caso, se un ispettore verrà a casa nostra per verificare le competente di Antonà, cercheremo di instaurare un rapporto con lui, ma se questo dovesse diventare un motivo di discriminazione, saremo pronti a lasciare la Francia.Per me è inammissibile che si possa accettare di vivere in un paese che discrimina i propri cittadini per le loro scelte. 

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