mercoledì 1 luglio 2015

TSIPRAS BIFRONTE

Questo post fa molto riflettere,so benissimo che il popolo è facilmente manipolabile.

Eroe della liberazione greca, o subdolo agente dei banchieri europei?
Il debito pubblico greco è piccolo, circa 323 miliardi; perciò, vi dicono, non è grave se la Grecia lascia l’Euro e se esso viene svalutato o ridenominato in dracme. Questa rassicurazione è menzognera perché i titoli di questo debito, in sé piccolo, sono usati come base per una moltiplicazione finanziaria di molte volte; inoltre, vi è una grossa massa di contratti derivati, indicizzati al titolo greco; il totale potrebbe superare i 2.000 miliardi. Perciò una svalutazione di quei titoli o una loro ridenominazione in dracme avrebbe un impatto molto forte, forse catastrofico, o destabilizzante per il business finanziario globale. E tutto questo vale per il btp italiano molto più che per il debito greco, dato il rapporto quantitativo. Ho spiegato più approfonditamente queste cose nel mio recente, breve saggioSottomissione Finanziaria, in questo blog.
Ecco spiegata una buona ragione per trattenere nell’Euro paesi che avrebbero bisogno ad uscirne. Una ragione che non viene resa nota all’opinione pubblica, ma che determina le scelte politiche dei suoi governanti, burattini del potere bancario.
Negli anni ’70, i nostri governanti ci imposero le targhe alterne, cioè di fecero provare il disagio della privazione dell’automobile, per indurci ad accettare forti rincari dei prezzi dei carburanti a beneficio dei petrolieri – il tutto dietro il pretesto del risparmio energetico, che non ci fu.
Analogamente, Tsipras forse sta usando la stessa tecnica psicopolitica per far accettare ai Greci le condizioni dei padroni-beneficiari dell’Euro: indice il plebiscito per lasciare al popolo la responsabilità della scelta se accettarle o no, ma condiziona per il sì questa scelta facendo provare alla gente la paura e il disagio della chiusura bancaria e della privazione dei soldi: se voteranno sì, la buona Europa concederà gli aiuti e tutto tornerà normale.
Normale per un po’, perché gli effetti macroeconomici e strutturali dell’Euro, cioè la divaricazione progressiva delle economie, in un anno circa riproporrebbero il problema.
Sussiste un preciso elemento indiziario che suggerisce che Tsipras in realtà stia facendo il doppio gioco al servizio dei padroni dell’Euro e della grande finanza nel senso suddetto, anziché per i Greci – un elemento che ha in comune con Grillo e con Iglesias, l’economista spagnolo leader del partito Podemos: tutti e tre, in fondo, cercano di tenere nell’Euro i loro rispettivi paesi ed evitano di parlare sia della realtà indicata nel primo paragrafo di questo articolo, sia e soprattutto della radice ultima dei problemi monetari e finanziari, ossia del fatto che vi è una classe globale di soggetti che hanno il potere di creare e imporre, a costo zero e senza produrre beni reali, moneta contabile, con cui comprano o finanziano (cioè indebitano) praticamente tutto e tutti, incluse le istituzioni e la politica, come ho spiegato nel mio recente articolo La macchina del destino. E che è questa classe sociale a governare l’Occidente. Incontrastata e irresponsabile.
L’Euro stesso è un sistema con cui i paesi forti (soprattutto la Germania) si fanno banchieri dei paesi “eurodeboli” (soprattutto l’Italia), accumulando crediti verso di loro, sottraendogli liquidità con gli interessi e l’imposizione di avanzi primari, e imponendo loro misure recessive che li indeboliscono ulteriormente nell’economia reale e nella competitività internazionale. Alla fine conseguono il pieno controllo di questi paesi, così come le banche conseguono il controllo delle aziende che dipendono da esse per tirare avanti. E’ un sostituto della conquista militare dei secoli scorsi.
La BCE, con le sue misure di sostegno (acquisti massicci di debito pubblico dei paesi eurodeboli sui mercati secondari), in realtà svolge il còmpito di mascherare tale processo di demolizione pilotata, per rendere possibile il suo completamento. Una BCE che, mediante tali acquisti, assicura il rifinanziamento del debito pubblico a tassi minimi a paesi con un rating da spazzatura, e che quindi sarebbe logico e sano che divenissero insolventi, è  come un medico che mantiene in vita una persona mediante una macchina di supporto vitale, mentre un altro le espianta gli organi, e l’imbonitore di turno chiama questo espianto “riforme” e “risanamento” ,  e dice che grazie ad esse il paziente è oramai fuori pericolo e si è riguadagnato rispetto, autorevolezza e fiducia sui mercati. Cerca persino (invano), attraverso il quantitative easing, di dare l’impressione di una ripresa reale.
Non è fuori pericolo: se togliessimo all’Italia il sostegno artificiale e anti-mercato della BCE, i tassi (rectius: i rendimenti) schizzerebbero alle stelle e l’Italia tornerebbe alla Lira. Ma tornerebbe ad essa indebolita dall’azione di governi che, col pretesto del risanamento, hanno tagliato le gambe sua economia in modo strutturale (chiusure aziendali, disoccupazione, indebitamento, emigrazione dei migliori), difficilmente revdrsibile, portando la pressione fiscale sulle aziende al 70%, ossia a livelli tali da renderle non competitive.
.30.06.15 Marco Della Lun

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