martedì 18 agosto 2015

BAGNAI: STAMPARE O NON STAMPARE? È IRRILEVANTE

Il prof. Alberto Bagnai commenta con un certo sarcasmo un recente articolo pubblicato su Bloomberg sul fallimento del QE di Draghi. Bagnai aveva previsto questo fallimento anni fa, trattandosi dell’applicazione delle basi di politica economica. La moneta non ha un effetto quando viene creata, ma solo quando viene spesa; in ogni caso la BCE non può risolvere gli squilibri intraregionali europei, dato che agisce in modo centralizzato. Tuttavia, a leggere oggi giornali anche altamente qualificati, pare che ogni banalità diventi un’importante scoperta. Sfortunatamente, gli esiti di tanta “ignoranza” potrebbero rivelarsi funesti.

di Alberto Bagnai, 17 agosto 2015
Un mio collega del Manifesto Europeo di Solidarietà mi ha mandato questo link. Immagino che qualcuno, da qualche parte, troverà sorprendente il titolo, o altrimenti il pezzo non sarebbe mai stato scritto: perché infatti scrivere in un giornale una “non-notizia”?
In realtà il fallimento del QE è proprio una “non-notizia”. Non c’era niente di più prevedibile (a parte la morte).
Questa è stata la mia risposta al collega:
Questo fu scritto tre anni fa. Non c’è bisogno che entri nei meandri della mia lingua italiana. Il titolo dice: “La svolta di Draghi è comunque inutile, quindi dannosa”. L’articolo fu scritto dopo la dichiarazione di Draghi sul “whatever it takes” (la dichiarazione stessa era un’ammissione di debolezza: come ha spiegato Giorgio La Malfa, quando dichiari così audacemente che farai tutto il necessario per salvare qualcosa, stai di fatto dicendo che senza il tuo supporto questo qualcosa crollerebbe). L’argomento era molto semplice: non ha importanza quale politica monetaria centralizzata verrà fatta, gli squilibri intraregionali europei resteranno gli stessi, proprio come è avvenuto in Italia (l’unico grafico dell’articolo riporta i tassi d’interesse reali dell’Italia e la bilancia commerciale del Sud Italia: i primi variano molto nel tempo, la seconda no.)
A fianco di questo problema fondamentale (cioè strutturale), c’è anche un’altra falla fondamentale nelle menti dei sostenitori del QE. L’ho evidenziata nel mio libro del 2012: gli euristi fondamentalmente non capiscono che la moneta è endogena.
L’eurismo, con tutte le sue illusioni, non è altro che la teoria dell’esogeneità della moneta spinta all’estremo.
Il “ragionamento” eurista standard è questo:
1) La moneta si crea “stampandola” (e la moneta è creata dallo Stato cattivo);
2) L’inflazione si produce tramite creazione di moneta;
da cui consegue che si deve togliere il potere di creare moneta allo Stato cattivo (perché l’inflazione è il Male).
Non sto a discutere le conclusioni. Assumiamo, per amor di discussione, che l’inflazione sia il 666 (e scusate se non sto a sobbarcarmi l’imbarazzante compito di spiegare perché la deflazione non sia esattamente il paradiso in terra…). Non importa cosa pensiate dell’inflazione, ma i punti (1) e (2) sono platealmente falsi.
Il punto (1), da sempre contestato da parte degli economisti post-keynesiani, è ora confutato anche da istituzioni rispettabili e conservatrici come la BoE (per non parlare della letteratura scientifica). La sua falsità è evidente anche al profano, che per lo più non ha visto nemmeno un centesimo delle enormi iniezioni di triliardi di euro che sarebbero avvenute nel corso degli ultimi tre anni. Draghi stampa, ma le banche non prestano. Dov’è l’errore?
Il punto (2) è confutato, tra gli altri, anche dall’articolo di Bloomberg: dopo aver stampato trilioni su trilioni siamo in deflazione! L’unico modo in cui un governo può assicurarsi che i soldi “stampati” vengano spesi, è di spendere quei soldi, cioè di monetizzare il deficit. In questo caso, e solo in questo, si può garantire una ripresa della domanda aggregata (e, con essa, dei prezzi). Ma questo è proprio ciò a cui gli euristi si oppongono, a causa delle sue ovvie conseguenze sulla distribuzione dei redditi.
Keynes fu molto esplicito su questo punto: la deflazione rovescia l’equilibrio nella distribuzione dei redditi in favore dei “rentier” [coloro che vivono di rendita, NdT] (p.32). Purtroppo i “rentier” solitamente non capiscono che affinché loro possano guadagnare, ci deve essere qualcun altro che crea valore nell’economia reale, e la deflazione impedisce proprio questo processo (vale a dire, ciò che favorisce i rentier nel breve periodo, li uccide nel medio: a lungo termine, lo sapete… e se non lo sapete, controllate a pagina 80 del Trattato…).
I nostri colleghi euristi sono dei bugiardi, degli assassini seriali delle più ovvie verità economiche, ma i loro figli non sfuggiranno le conseguenze dei loro crimini. Immagino che siamo tutti più o meno consapevoli di quale sarà l’ineludibile esito di una deflazione protratta a lungo. Sarà la guerra (vedi pagina 36: “a parte la guerra”). Non c’è molto da sorprendersi se i giornali statunitensi stanno lentamente preparando l’elettore mediano.
E non possiamo farci niente.
Ahimè, povero Draghi!
Stampare o non stampare?
È irrilevante…

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