martedì 12 gennaio 2016

U.G. Krishnamurti: un non guru del non culto

di Isabella Di Soragna

Posted on  by ilterzoorecchio
U.G., ossia Uppaluri Gopala Krishnamurti, nasce nel 1918 in una famiglia di bramani nell’Andra Pradesh (India
del sud), legati alla Società teosofica. Come Jiddu, l’altro Krishnamurti, fu considerato fin dall’infanzia un istruttore spirituale predestinato. Come l’altro Krishnamurti, declinò questo onore: fin qui il paragone, ma temperamenti e destini assai diversi.
«Non esiste guru e non esistono “modelli” da imitare, ognuno è un “fiore unico”». Egli
afferma che non può aiutare nessuno e invita più o meno gentilmente a lasciarlo in pace.
Vive semplicemente, viaggia con pochissimo bagaglio ed è spesso ospite di amici.
Può essere rude e volgare, quando denuncia l’impostura dei guru, quanto dolce e comprensivo se la domanda è seria, ma non lascia indifferente nessuno.
Ne ebbi la prova le poche volte che andai a trovarlo nel piccolo appartamento messogli a disposizione da amici. Era seduto accanto a me su una sedia che aveva portato il peso di molte persone, da parecchi anni, e che traballando faceva eco alla mia. Ero un po’ delusa perché continuava a raccontare storielle, a ridicolizzare i guru che mostravano la bella facciata e poi conducevano vita dissoluta («almeno non siano ipocriti!») ed il mercato spirituale da Sai Baba a Jiddu Krishnamurti anche se aveva l’aria di sapere cosa diceva e non per il gusto di calunniare.
Qualcuno fece una domanda, forse non appropriata, ed egli lo liquidò in poche parole. Avevo letto i suoi dialoghi e notato il suo anticonformismo, dal diniego dei diritti d’autore alla veemenza con cui distruggeva ogni tentativo di metodo spirituale e rideva su chi sperava in un’illuminazione futura.
Timidamente gli chiesi che cos’era la coscienza. Di botto si fermò, cambiò espressione e vidi quasi un lampo di dolcezza nei suoi occhi scuri. «La coscienza è solo un tuo pensiero, sembra esserci perché lo sai, ma non esiste». E non aggiunse altro. Mi sentii fulminata e non riuscii più a seguire la conversazione.
Un episodio l’aveva marcato profondamente. Suo nonno era solito meditare all’alba e un giorno fu disturbato dalle grida di un bambino. Il vecchio, infastidito, picchiò il bambino fino a farlo piangere. Da allora si considerò eretico ed ateo e si consacrò alla vera esperienza della verità per sapere se le tecniche ed i paroloni dei maestri spirituali avessero un senso.
Come Nisargadatta, denuncia che «la spiritualità è una frode».
Si sposò, ebbe figli (uno ebbe la poliomielite ed uno morì di cancro), ma la sua ricerca ossessiva continuò.
Arrivò fino alla disperazione, finché un giorno si rese conto di non aver mai rimesso in questione la ricerca stessa che l’aveva allontanato dal suo «stato naturale».
A 49 anni avvenne ciò che egli nomina la «calamità».
Sconvolgimento fisiologico, mutazione biologica e arresto del pensiero discorsivo.
«Ho scoperto da me stesso e per me stesso che non c’è nessun Sé da realizzare. Di colpo tutto quello che avete investito nello stesso paniere si rivela inutile ed insensato: è un vero choc che cancella ogni concetto».
Secondo lui, la continuità del pensiero ininterrotto crea ciò che noi chiamiamo “Io”.
In lui questa continuità è stata spezzata. I pensieri si manifestano solo se necessari all’azione, come una reazione alle situazioni. Non si può per volontà personale o rigorosa disciplina raggiungere lo stato naturale, perché è proprio il pensiero a creare il divario, per il solo fatto di volere.
Come per Nisargadatta, i metodi ed i concetti sono inefficaci. Anche la “via negativa” è una trappola dell’ego. Nessuno sforzo dunque, ma un rimettere in questione tutto il condizionamento mentale di una identità fittizia e «spontaneamente, se siete fortunati» ritroverete il vostro stato naturale.
«I dottori dicono che le droghe danneggiano il cervello, ma anche la meditazione fatta seriamente danneggia il cervello: c’è gente che è impazzita per non poter fronteggiare quelle esperienze».
«Voi siete sempre in questo “stato naturale”. Ciò che impedisce di esprimerlo è proprio la vostra ricerca che è sempre nella direzione sbagliata. Il sacro, il santo ed il profondo ne sono già una contaminazione. Voi non potrete mai “sapere” o “conoscere” questo stato, perché tutto ciò che conoscete o definite è già falso in partenza” (definire = separare)».
L’inconoscibile è il nostro stato naturale.
«Il pensiero può creare qualunque esperienza desiderata da voi: beatitudine, estasi, dissoluzione nel nulla – che sono tutte esperienze – quindi definibili e che necessitano la conoscenza, cioè il pensiero, l’oggettivazione».
«”Io sono egoista” è un fatto. “Io voglio essere disinteressato” è una finzione».
Mette in ridicolo le frasi come “il silenzio tra un pensiero e l’altro è la realtà”, perché è uno stato di assenza di pensiero indotto dal pensiero stesso!
Se qualcuno esperimenta il silenzio dimostra che il pensiero è ancora attivo, il silenzio è un altro “pensiero”! Inoltre vi è l’impressione che ci siano due pensieri, ma in realtà c’è un solo movimento e ciò che crea la divisione è la definizione stessa che diamo del pensiero. Non si potrà mai sapere cos’è il pensiero “direttamente” perché potete solo esperimentare il pensiero attraverso “la conoscenza” che ne avete e che è il bagaglio che vi hanno inculcato.
«Alla domanda: “Cos’è il pensiero?”, la domanda si brucia da sola perché non c’è che la risposta che già “sappiamo”. E al posto della domanda – che è materia – rimane solo l’energia, la manifestazione della vita. Il pensiero va solo usato per comunicare, non per definire o controllare i sensi. L’organismo è guidato dall’attività sensoriale ed è solo dopo la percezione che il pensiero interviene e crea l’entità illusoria “io”».
«Prima di realizzare cos’è Dio o la realtà devo capire la natura della mia struttura interna. E a quel punto capirete che non potrete mai esperimentare, catturare la verità, perché qualunque cosa facciate sarà solo una definizione dell’apparato mentale, non “La” realtà. E se non si può esperimentare una cosa non la si può nemmeno comunicare».
«Prima di tutto c’è un assunto da parte vostra che ci sia una realtà, e poi che ci sia qualche cosa che voi potete fare per esperimentare questa realtà. Se non ci fosse la “conoscenza”, il sapere della realtà, voi non potreste avere nessun’esperienza della realtà stessa».
La stessa cosa vale per tutto, anche per quello che si chiama “coscienza”.
«È solo il vostro pensiero che vi fa credere di essere vivi, di essere coscienti, svegli. Succede quando lo “sapete”: voi non avete modo di sapere se siete vivi o morti perché siete consci solo quando la conoscenza entra in azione. Quando la conoscenza è assente, al pensiero – che finisce prima che la morte abbia luogo – non importa se la persona sia viva o morta. Voi diventate coscienti solo con l’aiuto del pensiero. Quando manca
il movimento del pensiero, tutte le domande circa la coscienza finiscono».
«Ogni volta che un pensiero nasce (esempio: “Io esisto”), voi create un’entità, un centro e quel centro vi serve come riferimento per sperimentare le cose. Se non c’è pensiero, non è possibile per voi sperimentare nulla e non potete mettere in relazione nulla con la cosa inesistente che voi stessi siete.
Il pensiero ha vita breve e quando è passato è realmente finito: questo è ciò che la tradizione nomina morte e rinascita. E non è che muoia quell’entità non esistente che pensate di essere. La fine della nascita e della morte è lo stato di cui parlano quei saggi.
Ma quello stato non può essere descritto in termini di beatitudine, amore e compassione e tutti quei nonsensi ben noti, perché non può essere sperimentato.
L’esperienza del mondo è generata dallo stesso principio. Ci deve essere un punto che crea uno spazio: se questo punto non c’è, non c’è neanche spazio. Così tutte le vostre esperienze sono illusorie. Il mondo non è un’illusione, ma tutto ciò che sperimentate con riferimento a questo centro, esso stesso illusorio, è condannato ad essere un’illusione. “Maya” significa “misura”. Voi non potete misurare nulla se non avete un punto.
Se manca il centro, non ci sarà circonferenza. Semplice aritmetica.
La luce illumina l’oggetto, ed il riflesso attiva il nervo ottico che a sua volta attiva le cellule della memoria. Quando le cellule della memoria sono stimolate entra in gioco tutta la conoscenza che avete dell’oggetto. È quel processo che sta avvenendo, che crea il soggetto (io); il soggetto è solo la “conoscenza” (ciò che sapete) che avete voi
dell’oggetto. La parola microfono è l’Io. Non vi è altro là a parte la parola microfono. Quindi vedete l’assurdità di parlare del Sé, Sé alto o basso, autoconoscenza: è tutta
spazzatura. Non c’è soggetto che crea un oggetto.
Quello che chiamate Io è solo il pronome di prima persona: non c’è alcuna entità permanente in voi.
Quindi per vivere in modo sano in questo mondo bisogna accettare le sue convenzioni, altrimenti, se chiamo questo microfono “scimmia”, dobbiamo ricominciare da capo ad imparare, ma è una convenzione, non una realtà.
Quando guardate un oggetto non vedete quello, ma la conoscenza che ne avete: c’è l’illusione che il pensiero sia qualcosa di diverso dall’oggetto, ma siete voi che
create l’oggetto. L’oggetto può essere lì, ma ciò che percepite è solo la conoscenza che ne avete al
riguardo. Non potete fare esperienza diretta di niente.
Quando non c’è continuità di pensiero quello che rimane è vivere di momento in momento.
Il pensiero è essenziale per sopravvivere, quando non serve, la domanda sparisce.
Voi non dovete fare nulla, non siete separati dal pensiero: una cosa del genere è un’illusione e voi continuate a rimpiazzare un’illusione con un’altra.
Essere libero da illusioni è impossibile: il volere stesso è un’illusione e poi sarebbe la tua fine…Quel mucchio di illusioni siete voi, come vi conoscete. Quando la conoscenza che avete di voi stessi svanisce, finisce anche la conoscenza che avete del mondo. Ma quella
conoscenza non finirà così facilmente, essa tenterà di rimpiazzare sempre un’illusione con un’altra. Tutto attorno a voi e voi stessi nascete dal pensiero». U.G. non scrive libri e delle raccolte pubblicate dei suoi dialoghi informali non solo non chiede alcun diritto di autore, ma afferma che ognuno è libero di diffondere, interpretare, deformare ciò che lui dice e anche
attribuirsene la paternità senza il suo consenso!
Ogni anno passa alcuni mesi a Gstaad in un piccolo appartamento, riceve senza regolarità nel suo salottino numerosi amici e curiosi un paio d’ore nel pomeriggio.
Il coraggio di essere liberi dal passato, Jubal (96 pag, 9,60€) Il coraggio di stare in piedi da soli, Aequilibrium (114 pag, 11€) Il pensiero è il tuo nemico, Aequilibrium (146 pag, 13€)
Lo stato naturale – scopri l’essenziale con U.G., Aequilibrium (82 pag, 5€) L’inganno dell’illuminazione, Jubal (120 pag,13€) La mente è un mito, Aequilibrium (185 pag, 13€)

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