La Corte caccia il terzo premier in 7 anni: Yingluck colpevole di abuso d’ufficio. Pheu Thai: colpo di stato giudiziario. Il nuovo premier è Niwattumrong Boonsongpaisan. PDRC: Governo fantasma
BANGKOK (Asiablog) – La Corte Costituzionale del Regno della Thailandia ha rimosso dal suo incarico la premier Yingluck Shinawatra, rea di abuso d’ufficio in riferimento al trasferimento nel 2011 di un alto funzionario governativo, Thawil Pliensri, all’epoca responsabile del Consiglio per la Sicurezza Nazionale. I magistrati hanno argomentato che rimuovere il funzionario sarebbe rientrato nei poteri del primo ministro, ma il “disonesto” trasferimento ha violato la Costituzione e i “principi morali” perchè mosso da interessi personali, in quanto volto a favorire la promozione di un cognato della premier.
“Lo status da primo ministro è terminato”, hanno sentenziato i giudici. “La signora Yingluck non può più rimanere al suo posto“.
Il tribunale ha ordinato a Yingluck, che continua a sostenere la sua innocenza, di dimettersi immediatamente insieme a nove dei 25 membri del suo governo, corresponsabili della decisione “disonesta”. La signora Yingluck, prima donna a ricoprire il ruolo di primo ministro nella storia della Thailandia, ha accettato la sentenza. A sostituirla sarà Niwattumrong Boonsongpaisan, fino a ieri Ministro del Commercio e vice-premier, che dovrà formare un governo ad interim per gestire il Paese fino alle elezioni che potrebbero tenersi il prossimo 20 luglio.
Yingluck ha pronunciato un discorso di addio:
“Sono orgogliosa di aver svolto il ruolo di primo ministro eletto dal popolo,” ha detto Yingluck. “Ho lavorato onestamente e per il bene del Paese. Grazie a tutti i cittadini.”
Yingluck è il terzo premier dello stesso colore rimosso dai magistrati dal 2008.Il primo, Samak Sundaravej, venne deposto per aver partecipato ad un programma televisivo culinario.
LE REAZIONI - Il Pheu Thai, il partito della signora Yingluck, ha definito la decisione del tribunale “una forma di colpo di Stato”. Anche una serie di autorevoli osservatori hanno denunciato la sentenza. Secondo Ekachai Chainuvati, vice-rettore della facoltà di legge presso l’Università Siam di Bangkok, la decisione di rimuovere la signora Yingluck è “una sciocchezza totale in una società democratica.” La sentenza dimostra che la Thailandia ha “un sistema di governo governato da giudici”, ha denunciato Ekachai.
“La credibilità del sistema giudiziario thailandese è evaporata,” ha dichiarato Thongchai Winichakul, noto intellettuale thailandese e professore di storia del sudest asiatico alla University of Wisconsin. “L’elite monarchica e conservatrice può anche festeggiare questo colpo di stato giudiziario, ma il mondo sarà in lutto per la morte di un’altra democrazia.“
La cacciata di Yingluck è dunque una vittoria per il potente movimento monarchico ed antigovernativo del People’s Democratic Reform Committee (PDRC) che, guidato dal controverso leader politico conservatore Suthep Thaugsuban, ha tentato invano di rovesciare il governo thailandese con sei mesi e mezzo di manifestazioni di piazza, a tratti violente. Nel suo comizio quotidiano al parco Lumpini, un’area pubblica occupata da gennaio scorso, Suthep ha descritto il nuovo premier Niwattumrong come una “persona cattiva” ed ha definito il governo ad interim un “governo fantasma”. Il movimento antigovernativo, finanziato e sostenuto dall’establishment monarchico-militare e da alcune delle famiglie più ricche del Paese, continua a chiedere la “sospensione della democrazia” e la formazione di un “Consiglio” di “alte personalità” selezionate dalla dirigenza del PDRC.
LA CRISI CONTINUA - Tempi bui per la Thailandia: la cacciata della premier Yingluck non risolve ma anzi rischia di aggravare la crisi politica e le tensioni sociali. La controversa decisione della Corte Costituzionale, che palesa ancora una volta il ruolo apertamente politico della magistratura in questo Paese asiatico, rappresenta il colpo di grazia nel contesto della lenta campagna portata avnti dall’establishment per rimuovere la signora Yingluck e affossare il governo “populista” del Pheu Thai. Particolarmente popolare nelle province del nord del Paese e tra il proletariato urbano, il partito degli Shinawatra ha vinto tutte le elezioni tenutesi negli ultimi 13 anni (2001, 2005, 2006, 2007, 2011, 2014) ma si è inimicato il potentissimo establishment di Bangkok, in una lotta politica che costituisce il nodo principale della quasi decennale crisi politica thailandese.
Il governo di Yingluck, durato quasi tre anni, verrà ricordato per almeno quattro misure: l’aumento dello stipendio minimo a 300 baht al giorno, il controverso schema di aiuti ai coltivatori di riso, l’ambizioso progetto di grandi opere infrastrutturali (poi bloccato dalla Corte Costituzionale) e la fallimentare proposta di amnistia per i “reati politici”, poi respinta dal Senato, che è servita da scintilla per far scendere in piazza le opposizioni. Yingluck rimane amata da mezzo Paese, ma è detestata dall’altra metà, che la accusa di corruzione, inettitudine, e di essere meramente una marionetta di suo fratello Thaksin, che vive in esilio da quando venne defenestrato da un colpo di stato militare nel 2006.
La sentenza della Corte non vieta a Yingluck di ripresentarsi alle elezioni di luglio, ma molto altro potrebbe succedere nei prossimi due mesi. Per cominciare, nei prossimi giorni è attesa un’altra sentenza nei confronti della ormai ex premier thailandese. Questa volta è accusata di “negligenza” riguardo al programma di aiuti governativi ai risicoltori. Nel frattempo si attende la mossa delle Camicie Rosse, che hanno assistito con rabbia crescente alla rimozione da parte di carri armati o tribunali di quattro “loro” primi ministri in otto anni.
Fonte immagini: NYT e Bangkok Post.
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