mercoledì 11 febbraio 2015

L’Italiano è la quarta lingua studiata nel mondo: gli unici a sorprendersi sono gli italiani.

Un paio di settimane fa, la stampa italiana dava, con un certo stupore, la notizia che l’Italiano è la quarta lingua studiata nel mondo, dopo inglese, spagnolo e cinese, non riuscendo a spiegarsene il perchè.
Le prime tre sono abbastanza logiche: l’inglese è la lingua di un miliardo e mezzo di persone (mettendo nel conto anche gli indiani) ed è la principale (ma non l’unica) lingua franca del Mondo. Lo spagnolo è la lingua di mezzo miliardo di parlanti ed è in rapida espansione negli Usa; quanto al cinese, non solo è la prima lingua di un miliardo e mezzo di parlanti, ma è la lingua del principale paese emergente (forse è meglio dire ”Emerso”) e seconda potenza mondiale. Sin qui tutto spiegabile.
Invece, inspiegabile è che sia quarta l’Italiano, lingua di poco più di sessanta milioni di parlanti (forse settanta se ci mettiamo dentro eritrei, albanesi, somali che lo conoscono e un po’ di italiani all’estero), di un paese relativamente piccolo ed in decisa decadenza, ignorato dalle grandi potenze e ridicolizzato dai suoi piccoli politici passati e presenti.
Precede lingue come il francese, il tedesco, il russo, il portoghese, il giapponese, come si spiega? Il guaio è che i giornalisti italiani sono molto ignoranti e, quel che è peggio, non fanno nessuna ricerca prima di scrivere.
Allora vediamo qualcosa che può spiegare questo strano fenomeno. Prima di tutto, si dimentica che l’italiano è la lingua franca di uno dei principali soggetti geopolitici mondiali: la Chiesa Cattolica. La lingua ufficiale della Chiesa, come si sa, è il latino, ma quella in uso fra i prelati (e spesso anche i semplici preti) di nazioni diverse è soprattutto l’Italiano che è parlato correntemente in Vaticano ed usata prevalentemente dal Papa, vescovo di Roma, anche se non si tratta più di un italiano da quasi quaranta anni. Ed anche in ordini religiosi con i salesiani o i gesuiti, la lingua corrente è l’italiano.
Poi c’è da considerare che l’Italia è uno dei paesi che ha avuto una cospicua emigrazione nell’ultimo secolo: circa 40 milioni di persone sparse soprattutto in Argentina, Usa, Canada, Australia, Germania, Francia e Belgio e non pochi figli e nipoti si sono mantenuti bilingui. Fra l’altro (la cosa non ci inorgoglisce ma deve essere registrata su un piano avalutativo) l’Italiano è spesso usato fra gli uomini di Cosa Nostra o fra gli ‘ndranghetisti sparsi per il mondo ea altre organizzazioni criminali come i colombiani. E anche questo è un fenomeno sociale.
C’è poi l’importanza dell’Italiano sul piano culturale ed anche qui si sono dimenticate troppe cose. In primo luogo si dimentica che l’italiano è la lingua principale del melodramma e nel mondo ci sono tanti melomani che apprezzano molto la nostra musica lirica, basti pensare al successo mondiale avuto da Pavarotti dagli anni ottanta in poi.
Poi la letteratura italiana è sicuramente una delle primissime a livello mondiale; non mi interessa stabilire se sia la prima in assoluto (anche se non mi stupirebbe affatto constatarlo), mi basta sottolineare come essa abbia uno sviluppo continuo nel tempo da XIII secolo in poi, con capolavori di livello mondiale, in tutti i secoli. Quello che non mi pare si possa dire allo stesso livello delle letterature di Inghilterra, Francia, Germania, Spagna e Russia che presentano maggiore discontinuità.
Chi voglia avere una idea del “peso” della letteratura italiana, può consultare la monumentale collana di testi della Ricciardi, ma ripeto che non ha senso stare a stabilire se si tratti della prima in assoluto, basti considerare che certamente è fra le primissime. E non sorprende che ci siano autori italiani (da Petrarca a Gramsci o Leopardi) più amati e letti all’estero che in Italia. Ma qui c’è il ruolo della scuola, il cui principale scopo è far odiare agli studenti tutto quello che fa loro studiare.
Del peso dell’arte italiana, in particolare del Rinascimento, ma non solo, non è il caso di dire e questo spiega (altra cosa non sufficientemente considerata) che l’Italia sia una delle principali mete turistiche nel Mondo.
E, infine (anche la cultura “materiale”, ha il suo peso) tanto la gastronomia quanto la moda nel Mondo parlano spesso italiano.
Che morale possiamo ricavare da questa terribile sproporzione fra l’apprezzamento che la cultura e la lingua italiana riscuotono nel mondo e la pochezza dell’autostima degli italiani? Semplicemente che gli italiani del tempo presente sono impari rispetto al patrimonio culturale che li sovrasta. Peccato.
Aldo Giannuli

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