lunedì 22 luglio 2013

Del Kazakhstan, ovvero Grillo, Chiesa e adoratori di mummie




Sudditi nell'anima. E senza bisogno di microchip. Mentre nessuno chiede la testa della Bonino per la scandalosa violazione dell'Italia contro un Presidente di uno stato sovrano, Evo Morales, il coro dei diritto umanisti bombaroli si scatena ancora una volta a comando Us-sraeliano in difesa di un criminale chiamato "rifugiato politico" Mukhtar Abljazov, “perseguitato politico”. Prima si trasforma il caso in barzelletta, il Satrapo e le 12 squillo, poi i lacché a servizio dell'impero esternano somma riprovazione in scandaloso il fatto che la compagnia semi pubblica in via di svendita ENI possa essere un interlocutore privilegiato per il gasdotto dal Kazakistan.
La lezione Libia agli italiani non deve essere bastata....secondo loro
Personalmente, trovo singolare che questo caso sia "scoppiato" all'indomani della miserevole fine del Nabucco (vedasi art Conflitti e strategie riportato in fondo).
Purtroppo non mi stupisce più che i sacri valori dell'occidente si "incarnino" in siffatti
personaggi, così come si identificano gli "oppressi" nei tagliagole mercenari salafiti e wahabiti. Consiglio vivamente di leggere il segg ottimo articolo Caso Kazakistan: Quando la Massoneria e la Geopolitica entrano in gioco di Frammenti della realtà
KAZAKHSTAN: PROPAGANDA E REALTÀ

Barbara

Del Kazakhstan, ovvero Grillo, Chiesa e adoratori di mummie

LUGLIO 18, 2013 

Il fronte anti-eurasiatico italiano si allarga

La vicenda del truffatore bancarottiere più amato dalla sinistra italiana, dal PD ai rottami dell’hoxhismo, passando per SEL e M5S, il kazaco Mukhtar Abljazov, si trasforma in una sempre più ampia operazione invasiva ai danni della residua politica economica e diplomatica dell’Italia. L’assalto ai robusti rapporti economici tra Roma e Astana sembra sempre più manipolata e organizzata dall’estero; un auto-sabotaggio prono agli interessi estranei a quelli italiani. Ad esempio è rivelatore ciò che dice sulla sua pagina FB, il deputato di M5S Alessandro Dibattista in relazione alla vicenda della moglie del dissidente-bancarottiere Abljazov, “Ho presieduto la Commissione Affari Esteri, ero emozionato. Attaccare questo Parlamento che non funziona ed è la tomba della nostra democrazia non significa non rispettare le istituzioni, significa l’esatto opposto, significa amarle a tal punto da provare rabbia immensa a vederle ridotte in questo stato. … Ho avuto negli ultimi giorni diversi incontri privati con numerosi Ambasciatori … Se non ci fossimo noi chi avrebbe il coraggio di … mettere in relazione (magari ci sbagliamo ma indaghiamo) l’affare kazako con gli interessi del Satrapo di Arcore? Chi avrebbe il coraggio di dire la verità, di dire che da Paese a sovranità limitata nei confronti degli USA ci stiamo trasformando, contemporaneamente, a Paese a sovranità limitata nei confronti della Russia?
Bella dichiarazione, dopo aver confessato incontri segreti con ambasciatori ‘europei’ (vedasi USA, Regno Unito e Francia) ed ‘asiatici’ (vedasi Israele) ed aver risposto a una mia domanda su chi fossero questi ‘ambasciatori’ così: “con ambasciatori di paesi europei e asiatici. la diplomazia (e questo faccio, in parte) presuppone anche riservatezza”, si fornisce una dimostrazione di scarsa coerenza con la vantata ventata di novità nelle stanze della politica, ma anche di scarsissima coerenza con le indignate declamazioni sulla subalternità italiana agli USA e altre belle parole su ‘democrazia’, ‘sovranità’ ecc. Ma la frase sull’Italia che non deve essere una ‘colonia della Russia’, svela soltanto la solita vile modalità di far politchetta in Italia. Pur di non disubbidire agli ordini e alle direttive degli USA, e del suo attuale ambasciatore in Italia John Phillips (Filippi), si tira fuori la panzana di non voler essere subalterni alla Russia (ma non si parla del Kazakhstan? Un lapsus freudiano). Tutto ciò inizia a svelarsi sgradevolmente quale indirizzo generale e di fondo dei cosiddetti ‘cittadini in Parlamento’ rispetto le cose serie, e non più verso la polemica-cabaret sul teatrino politico italidiota.
Sostanzialmente si assiste all’assalto concentrico ed eterodiretto contro gli ultimi legami non-atlantisti dell’Italia. Un elemento rivelatore è fornito dall’atteggiamento assunto dalla bella manica di guru della sinistra cimiteriale italiana. Ad esempio, il malthusiano che si traveste da ‘marxiano’ Giulietto Chiesa scrive sulla sua pagina FB: ‘Credevamo di essere una colonia americana, invece siamo anche una colonia kazakhstana‘. Ci tiene che si resti colonia di una sola potenza. Il fatto che usi l’acca al posto della i nella parola ‘Kazakhstan’, non lo rende di certo un amico dell’ex-URSS, anzi, Chiesa è sempre stato orgoglioso del suo ruolo nell’avvento al potere di Eltsin, in Russia, come di essere amico del pupazzo delle oligarchie Gorbaciov, autore di un libro che svelava la necessità di distruggere l’URSS e che, ancora non pago, oggi si propone di portare a termine l’opera con la disintegrazione di Russia e Cina: ‘Le uniche due potenze che si oppongono al Nuovo Ordine Mondiale‘, spiega Gorbaciov accompagnato dal suo messia apocalittico Giulietto Chiesa. Ma cos’altro aspettarsi da chi, negli anni ’90, partecipò come conferenziere a dieci riunioni al Dipartimento di Stato USA, più una al quartier generale della CIA, dove sicuramente avrà spiegato come cercare di distruggere la Federazione Russa (cos’altro poteva mai spiegargli questo esperto genovese di cose russe citato nei manuali dell‘US Army? (pag 10)).
A costoro si affiancano i relitti piccisti di ogni sfumatura, come il teorico del socialismo in un solo quartiere di Roma, Sergio Cararo, che afferma: “Sarà una coincidenza ma il famigerato impianto del giacimento gigante di Kashagan… ha inaugurato la sua entrata in funzione proprio il 30 giugno scorso, dopo cinque anni di ritardi, traversie, problemi insorti con le autorità kazache e con la magistratura italiana per via di alcune tangenti. Un avvio di operatività a un mese esatto di distanza dalla cattura della moglie e della figlioletta di Ablyazov. Un coincidenza o una cambiale dal e con il governo kazaco?” Qui, il nemico in nome del ‘marxismo’ delle ‘teorie del complotto’ sull’11 settembre e al-Qaida, invece gradisce adottare il complottismo pecoreccio di Repubblica. Tale presunto nemico proletario del sistema capitalista ama sempre adottare totalitaristicamente modalità, analisi, pensieri e scopi del suo apparente nemico. Se l’obiettivo è prendersela con chi contrasta o sfugge al controllo della NATO e degli USA, Cararo, Contropiano e annessi arnesi si trovano sempre in prima fila. Su Libia, Siria e oggi Kazakhstan; sempre in agguato, assieme al sodale berlingueriano Chiesa, nell’attesa di una bella resa dei conti contro il ‘fascista rosso-bruno’ Putin.
Scendendo nella scala della rivoluzione, ci s’imbatte nell’auto-smascheramento democretinista dei tanti piccolo-borghesucci italiani che vanno in giro travestiti da zorro del ‘marxismo-leninismo’, come il partito-individuale Piattaforma Comunista che, scopiazzando Repubblica e altri organi del ‘bolscevismo mondiale’, riesce ad affermare: “la polizia italiana ha operato in modo oscuro e semigolpista, di propria iniziativa e/o in combutta con alcuni agenti dei servizi, nel prelevare e trasferire dall’Italia in Kazakistan la moglie e la figlia del principale dissidente politico del presidente Nazarbaev (notoriamente amico di Berlusconi)…” Eccola qui, in tutto il suo fulgore, l’analisi scientifica-materialistica di questo adoratore di mummie. Il solito concentrato di luogocomunismo più democretino che si possa trovare nell’ambiente analfabeta e allucinato della  sinistra italiana.
Tutta questa brodaglia sinistra, dall’opusdeista Renzi all’ultimo farabutto settario, sa benissimo chi sia il ‘dissidente’ Abljazov e da chi sia protetto. Si ricordi che la Shalabaeva, la moglie del ‘dissidente’ kazaco, aveva un passaporto della Repubblica Centrafricana, Stato africano occupato con un golpe-invasione dalle truppe francesi all’inizio di quest’anno. Saranno stati loro a consegnare il passaporto fasullo a Shalabaeva? E perchè? Nessuno se lo chiede, poiché così gli è stato ordinato dai loro veri referenti atlantisti, così come gli è stato anche ordinato di sabotare i rapporti economici tra Italia e Kazakhstan, dove un terzo delle aziende estere che vi operano è italiano, e di certo non tutte sono di Berlusconi. Inoltre, alcuni pur di abbattere questo ignobile governo Letta-Alfano sono disposti ad affossare l’Italia. Ad esempio, dipingendo come un satrapo Nazarbaev, l’M5S ha già preso una pessima china, già vista su Libia, Siria e Iran. Lo scopo? Comprare lo shale-gas dagli USA quale piano energetico alternativo del M5S, e non solo del M5S?
In conclusione, la disintegrazione del sistema Italia ha portato al controllo delle leve del potere politico, economico e diplomatico, una serie di guitti oltraggiosi, esiziali, micidiali. Non si tratta dell’inane nano di Arcore e del suo fido scudiero senza attributi, o degli altrettanto futili e dannosi Letta, Bonino, Kyenge, Lorenzin, Boldrini e circo al seguito. No, anche le presunte alternative, genovesi o meno, sono bacate, guaste e prone ai ben noti interessi estranei. L’Italia è nata grazie a una classe politica infida, truce ed infame, e oggi sta morendo per mano di un ceto politico-culturale ancor più infame, vile e infido. Un ciclo storico sta per concludersi.

Alessandro Lattanzio, 18/7/2013

GEOPOLITICA DEI GASDOTTI, LA FINE MISEREVOLE DEL NABUCCO

Scritto da: Gianni Petrosillo (09/07/2013)
Oggi parliamo di come l’Europa butti politicamente se stessa dalla finestra ed i denari dei contribuenti nel water per sottostare al volere di Stati terzi, impropriamente chiamati alleati, in realtà sovrani delle nostre decisioni strategiche.

Uno dei principali nodi della fase storica presente è quello energetico e passa dalla geografia dei pozzi e dal  groviglio di dotti che attraversano le traiettorie della politica mondiale, determinando intese o diatribe tra i Paesi e le varie aree territoriali. Il tema energetico non attiene unicamente all’industria ma è un’arma geopolitica per penetrare in mercati avanzati, incidere sui rapporti di forza internazionali, creare delle zone d’influenza, veicolare la politica estera.

L’Italia, grazie all’Eni, era riuscita a cavalcare la tigre degli approvvigionamenti e delle prospezioni, estendendo i propri affari in ogni parte del pianeta, anche nelle zone più difficili ed instabili, con accordi paritari o win-win (come si dice in linguaggio tecnico) che altre compagnie, troppo abituate ad imporre la potenza dello Stato di provenienza, si rifiutavano di offrire.

Tra questi progetti importanti c’era, ma tutto sommato c’è ancora sebbene ridimensionato per l’Eni, il South Stream, gasdotto fortemente voluto da russi che ci convocarono all’impresa in ragione di legami privilegiati che attualmente però sono logorati. Il South Stream è un’autostrada del gas che aggira alcune nazioni, come l’Ucraina, che avevano creato interruzioni dei servizi negli anni precedenti, in virtù di alcune dispute politiche ed economiche con Mosca. Inizialmente, il partenariato era a due, Eni e Gazprom, poi le pressioni europee e quelle statunitensi hanno costretto il Cane a sei zampe ad annacquare la propria quota, scendendo al 20% per fare spazio alla tedesca Wintershall ed alla francese EdF, con un 15 % ciascuna. Nel frattempo, l’UE ha fatto di tutto per depotenziare la portata di tale programma poichè, a detta dei burocrati reggicoda di Bruxelles, la dipendenza dalla Russia sarebbe stata eccessiva. In verità, erano soprattutto gli americani a non apprezzare la crescente contiguità tra le imprese di stato russe e le altre aziende europee, in primis italiane. L’obiettivo americano, dopo la presidenza Bush, fu quello di recidere di netto i colloqui russo-italiani sulla politica estera in generale e su quella energetica in particolare, visti come fumo negli occhi negli ambienti atlantici.

Cosicché, Washington e Bruxelles s’inventarono di sana pianta, in barba alla disponibilità di risorse e alla fattibilità del progetto, un altro gasdotto chiamato Nabucco, alternativo al South Stream e molto più vicino alle aspirazioni degli yankees, orientati a limitare l’influenza del Cremlino in Europa. Il Nabucco, doveva attraversare la Turchia riempiendosi di materia prima dal mar Caspio, sia dalla riva occidentale azerbaigiana che da quella orientale turkmena. Pazienza se lo stesso si rivelava impossibile sin dall’inizio, era un modo come un altro per prendere tempo e ricondurre a più miti consigli noialtri.

E’ notizia di questi giorni che il Nabucco è definitivamente fallito, migliaia di km di irrealizzabilità e di fervida immaginazione euroamericana, sono bastati se non a sbarrare almeno a rallentare e ridimensionare le nostre velleità sul South Stream che certo erano più concrete ma molto meno accettabili Oltreoceano. Adesso che contiamo di meno, ora che ad avvantaggiarsene saranno russi, francesi e tedeschi i tubi potranno essere sistemati con meno rischi per i nostri falsi alleati.

Ma torniamo al Nabucco e vediamo come ce lo presentava l’Ue pur di persuaderci a tornare sui nostri passi e rinunciare al  South Stream.  L’intento apparentemente innocente ma totalmente  falso era di differenziare le fonti di approvvigionamento per non creare situazioni  di dipendenza da un solo fornitore che, nel nostro caso, era il terribile orso russo il quale avrebbe potuto ricattarci per ottenere maggiore spazio nelle questioni interne. La commissione europea, per il Nabucco Gas Pipeline International GmbH, arrivò a stanziare 200 000 000 di euro e a strappare impegni dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e dalla Banca europea per gli investimenti al fine di ottenere ulteriori fondi. Nel 2007 la Commissione europea nominò quattro Coordinatori per progetti nel settore dell’energia, con la missione di monitorare ed agevolare la realizzazione di quelli prioritari. Tra questi era compreso il Nabucco e tra gli esperti c’era il nostro professore bocconiano Mario Monti, uno che dovunque è andato ha reso prioritaria l’inefficienza e l’inutilità.

Nella relazione generale sull’attività dell’Unione Europea del 2009 così veniva enfatizzato il Nabucco: “A luglio quattro Stati membri dell’UE (Bulgaria, Ungheria, Austria e Romania) e la Turchia hanno firmato ad Ankara l’accordo intergovernativo Nabucco, che definisce un quadro per l’esportazione di gas dai ricchi giacimenti del Mar Caspio e del Medio Oriente in Turchia e nell’UE, attraverso un oleodotto che attraversa la Bulgaria, la Romania e l’Ungheria fino al centro di smistamento austriaco di Baumgarten. Grazie a Nabucco, i paesi europei che per ora dipendono interamente da un fornitore esterno vedranno aumentare drasticamente la sicurezza degli approvvigionamenti. Imprese situate in Azerbaigian e in Iraq hanno già manifestato interesse ad utilizzare l’oleodotto. Il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, ha dichiarato in proposito: «Il progetto Nabucco è di cruciale importanza per la sicurezza energetica dell’Europa e per la sua politica di diversificazione degli approvvigionamenti di gas e delle vie di trasporto. La firma dell’accordo dimostrerà che siamo determinati a trasformare questo oleodotto in realtà il più presto possibile».

La realtà, al contrario di quello che sosteneva Barroso, un altro che se ne intende di defaillances,  è quella venuta alla luce nelle nelle ultime settimane. Il Nabucco è miseramente finito in disgrazia come molte delle iniziative di questa Ue senza anima e senza idee.

Il colpo al cuore, tuttavia, non è venuto dal South stream, ma dal Tap (Trans Adriatic Pipeline). Il consorzio Shah Deniz del quale fanno parte la BP britannica, la Total francese, la Statoil norvegese e la Socar azerbaigiana ha scelto un altro tracciato di soli 500 km, attraverso la Turchia e la Grecia, per il trasporto del gas azerbaigiano,  molto più corto dei 1330 km del Nabucco Ovest. I vertici di Gazprom hanno accolto la notizia con un sorriso sarcastico, del resto avevano previsto tutto,  ma non si dispiacciono affatto di vedere frantumati i piani americani e la sempiterna stupidità nostrana che insegue acriticamente le provocazioni dei primi. I più arrabbiati con l’Ue sono i rumeni e bulgari che si erano spesi (o stesi, forse il verbo è più cogente) per il Nabucco sempre per i soliti timori verso Mosca ed il passato di paesi satelliti della Russia che potrebbe ritornare. Tutta questa vicenda ci insegna, come ha scritto Le Figaro nel numero di ieri, che i gasdotti restano armi geopolitiche i mano ai governi e ai produttori. L’Italia imparerà mai la lezione e quello che costa abbassare sempre la testa per compiacere tutti e tutto fuorché i nostri interessi strategici?

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