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Intoxicated birds
Numerosi uccelli si inebriano con diverse fonti vegetali, sia alcoliche che non, e le loro sorprendenti “sbornie” collettive occupano di frequente spazi sui quotidiani o in televisione. Nella stampa sono frequenti le notizie di uccelli “piovuti” dal cielo e sfracellatisi al suolo, con l’apparente causa del loro stato ebbro. E’ sufficiente digitare in Google, in Internet, i termini “bird drunk” (“uccello ubriaco”), per verificare quanto accade ogni anno in diverse regioni del globo. Queste notizie vengono date in tono massmediatico, e sono quindi accompagnate da commenti non sempre a carattere scientifico. Il 16 dicembre del 2012, il TG2 italiano (ore 13:26) diede la notizia che “A San Pietroburgo, in Russia, si sono visti stormi di passeri ubriachi perché le bacche che hanno mangiato si sono congelate e scongelatesi hanno poi fermentato”. Il 25 febbraio del 2010, la Wftv di Orlando (Florida) inviò dei giornalisti per verificare cos’era accaduto lungo l’autostrada 408: “Trovarono almeno 50 uccelli lungo entrambi i lati della strada. La maggior parte sembrava essere dei pettirossi. Gli esperti dicono che gli uccelli possono aver mangiato delle bacche ed essersi inebriate, o semplicemente, stanche, avrebbero scelto il posto sbagliato per riposarsi”. Il 12 gennaio del 2011, il sito di Reuters riportò la notizia di dozzine di storni morti sulle strade di Constanza, una città della Romania; un fatto che aveva intimorito la popolazione, pensando potesse trattarsi di “aviaria”, una malattia che alcuni anni prima aveva flagellato in quelle regioni gli allevamenti avicoli. Ma i veterinari si affrettarono a tranquillizzare gli allevatori di polli affermando che gli stormi erano morti a causa del loro stato ebbro. L’autopsia aveva rivelato che i loro stomaci erano pieni di grappa. Dove si siano procurati la grappa questi uccelli, è rimasto un mistero. L’articolo proseguiva con l’affermazione che “C’è stata una serie di morti in massa inspiegate di uccelli in numerosi paesi del globo durante le ultime settimane, inclusi gli Stati Uniti e la Svezia. Centinaia di uccelli morti sono stati scoperti in Luisiana questo mese e cinquemila nell’Arkansas a Capodanno”. Il 14 ottobre del 2011, l’Australian Geographic diede notizia di lorichetti (uccelli dal collare rosso della specie Trichoglossus rubritorquis) che avevano riempito le strade di Darwin, in Australia: “La gente li trova ammassati in un angolo o sotto a un albero. La maggior parte sembra ammalata, tendono ad essere depressi, non possono volare, e hanno difficoltà ad arrampicarsi o a stare in equilibrio su un bastone. Nell’Australia del nord, mango e altri alberi possono provocare una lieve ebbrezza negli uccelli quando il frutto o il nettare fermenta. Ma molti dei lorichetti di Darwin non sono lievemente ebbri, bensì appaiono totalmente sbronzi, e a volte lo sono per diversi giorni. Il più probabile albero colpevole di tutto ciò è la Schotia brachypetala, nativa del sud Africa, non a caso nota comunemente come drunken parrot tree (‘albero del pappagallo ubriaco’)”. E così via.
Il caso di “sbornia collettiva” più studiato è quello dei pettirossi americani, nel corso della loro migrazione annuale nel mese di febbraio, quando si spostano da settentrione verso le regioni calde della California. Le prime notizie a riguardo datano agli anni 1930. Quando raggiungono la California, stormi di migliaia di pettirossi americani si appoggiano su piccoli alberi chiamati popolarmente California holly (“agrifoglio della California”). In quel periodo dell’anno questi alberelli sono carichi di frutti, detti Christmas berries (“bacche di Natale”).1
Le tribù di Indiani della regione chiamano questi frutti di colore rosso scarlatto toyon. I pettirossi e altre specie di uccelli si ingozzano fino all’inverosimile di questi frutti, che hanno un evidente effetto inebriante per questi volatili. Per circa tre settimane è possibile osservare nella regione una vera e propria baldoria, in cui gli uccelli diventano disorientati e confusi, si cimentano in giochi sciocchi fra di loro e svolazzano entrando nelle macchine e nelle case. Per un buon pasto per questi uccelli sarebbero sufficienti quattro o cinque di questi frutti; in realtà essi ne mangiano sino a trenta. Appare quindi chiaro che lo scopo di questa abbuffata va al di là della semplice nutrizione. Gli uccelli sembrano conoscere e ricercare gli effetti inebrianti di una massiccia dose di questi frutti.
Non sembra si presentino casi di overdose nei pettirossi e negli altri uccelli che si inebriano con in frutti di toyon. Gli unici casi letali sono dovuti alla presenza dell’uomo e delle sue macchine, finestre e cattiverie. Nella stampa locale, che quasi ogni anno dedica qualche trafiletto al bizzarro comportamento dei pettirossi migratori, si parla spesso di “suicidi” degli uccelli che si buttano addosso a una macchina o a un uomo, un’interpretazione decisamente errata.
Nella medesima regione gli uccelli si inebriano anche dei frutti di un altro arbusto, del genere Pyracantha, una specie di rosa chiamata popolarmente firethorn. Inquesto caso, gli uccelli si comportano come clown alati: volano, cadono, svolazzano in maniera erratica e comica, come fuori di se. Se ne vedono alcuni fremere a terra nel sudiciume con le ali di traverso, infastidendo i gatti nei cortili delle abitazioni. Altri traballano sulle cornici delle finestre e beccano la loro immagine riflessa sui vetri. Poiché le piante di firethorn sono spesso piantate attorno a case e strade, le collisioni con le finestre e con le macchine sono più frequenti nei casi di inebriamento da frutti di questo arbusto che con quelli di toyon.
La corteccia dell’albero di toyon èutilizzata dalle tribù indiane della California per la conciatura, mentre i suoi frutti sono arrostiti e mangiati, e ne ricavano anche un sidro inebriante. Non sono ancora note le sostanze presenti nel frutto del toyon responsabili dell’effetto inebriante negli uccelli. Sono noti alcuni casi di esperienze deliranti e visionarie nell’uomo in seguito ad abbondanti assunzioni di sidro di toyon. Si è pensato alla presenza di una saponina psicoattiva, poiché si conosce un altro caso di sbornie collettive fra gli uccelli che si cibano di “caprifoglio del Tartaro” e in cui è responsabile dell’effetto inebriante una saponina. Si tratta di un arbusto di origine asiatica largamente coltivato come pianta ornamentale lungo la costa orientale degli Stati Uniti e identificato dai botanici come Lonicera tatarica L., della famiglia della Caprifoliaceae.Gli uccelli maggiormente attratti dalle bacche inebrianti di questa pianta sono i pettirossi (Siegel, 1989, pp. 58-60).
Grinnell (1926) osservò il comportamento di questi uccelli nel suo giardino: “Dozzine di pettirossi si trovavano sugli arbusti e sul terreno tutt’intorno. Apparivano mansueti e istupiditi. Alcuni giacevano a terra nel sudiciume e con le ali di traverso. Mi dispiaceva il fatto che questa condizione rendesse gli uccelli insolitamente facili alla cattura da parte del nostro gatto, che sembrava saper bene che poteva catturarne uno ogni qual volta lo desiderava”. Questo comportamento avicolo si manifesta principalmente in giugno, quando il caprifoglio del Tartaro produce le bacche.
Bergtold (1930) aggiungeva nelle sue osservazioni: “L’ebbrezza di questi uccelli è stata vista in tutti i suoi stadi, da una lieve instabilità a un certo grado di incoordinazione, sufficiente per farli cadere a terra. Sembra che alcuni uccelli diventino privi di qualunque timore e forse un poco belligeranti, poiché non temono i passanti e gli spettatori incuriositi”.Bergtold trovava curioso il fatto che questi uccelli non avessero appreso a evitare queste bacche e che ciò demoliva la credenza che nessun animale si ciba di qualcosa che gli risulti nocivo. In realtà, la “credenza” discutibile risiede nel concetto antropocentrico di cosa sia “nocivo”.
E intanto altri uccelli continuano ad ubriacarsi e ad avere la malaugurata sorte di scontrarsi con il frenetico e duro ambiente antropico. Recente è la notizia di una ventina di merli ritrovati morti nelle vicinanze di una scuola della regione inglese di Cumbria. Uno solo era ancora vivo: “non era in grado di stare in piedi e metteva entrambe le ali al suolo per reggersi”. L’autopsia dei merli morti rivelò alte concentrazioni di alcol nel loro fegato, ma la loro morte non fu causata dall’alcol, bensì dallo scontro con l’ambiente antropico. Il merlo che era sopravvissuto, il giorno seguente recuperò totalmente e riprese a volare (Duff et al., 2012). Ciò ricorda un altro caso, studiato scientificamente, di alcuni beccofrusoni che erano stati visti cibarsi di bacche rosse di un arbusto di Crataegus nello stato di Indiana, negli USA, e quando si era trattato di riprendere il volo, dopo qualche incerto battito di ali erano caduti al suolo, con conseguente morte. L’autopsia rivelò anche in questo caso elevate concentrazioni di alcol nel fegato, ma la morte fu dovuta alla caduta, per emorragia pericardica. Uno dei beccofrusoni era stato più fortunato, si era salvato dalla caduta e il giorno dopo aveva totalmente recuperato il suo stato fisico (Fitzgerald et al., 1990). I beccofrusoni si inebriano anche con le bacche “vinose” della Phytolacca americana L. Questo comportamento veniva descritto già nel 1920: “Il beccofrusone si cibava continuamente con le bacche congelate, che rilasciava continuamente in forma di escremento scarsamente digerito. Era in un tale stato di ebbrezza che non appariva sempre sicuro nell’afferrare la bacca e le piume del viso e la gola erano tinte del succo delle bacche. Era così instabile sulle sue zampe, che perdeva frequentemente l’equilibrio e cadeva con la testa all’ingiù e afferrava nella caduta i rami più bassi della pianta; ma pur con la testa rivolta in basso, continuava a ingerire qualunque bacca incontrasse” (Stratton-Porter, 1920, p. 108).
L’ornitologo David McKelvey ha studiato per tre anni il colombo rosa (Columba meyeri), un uccello delle isole Maurizio a rischio di estinzione, nonostante si sia evoluto in assenza di predatori. Lo studioso è giunto alla conclusione che il colombo rosa si trova in intimo rapporto con tre diverse piante psicoattive: una specie di Aphloia (famiglia delle Aphloiaceae) chiamata fandamon dai nativi, una specie di Styllingia (fangam, della famiglia delle Euphorbiaceae) e una specie di Lantana (famiglia delle Valerianaceae).I piccioni rosa si nutrono delle bacche di queste piante e si ubriacano. Quando si trovano in questo stato di ebbrezza, non sono più capaci di far alcunché e si aggirano in stato stuporoso sul terreno.
Quando gli Inglesi introdussero la mangusta nelle isole Maurizio, i colombi furono decimati da questo animale carnivoro, al quale non pareva vero di trovare sul terreno una siffatta quantità di selvaggina incapace di volare via. L’assunzione di queste bacche parrebbe esistere una necessità fisiologica dei piccioni rosa; è per questo motivo che questi uccelli non possono essere tenuti facilmente in cattività, soprattutto se lontani dalle loro droghe vegetali (rip. in Kennedy, 1987, p. 256).
Certe specie di uccelli sono avide dei semi di papavero da oppio e sono un noto flagello delle piantagioni di questa droga. Sono stati osservati dei passeri introdursi nei magazzini per cibarsi dei semi di canapa. Quel cibo particolare sembra produrre a questi uccelli uno stato eccitante e stimolante. In effetti, numerose specie avicole amano cibarsi di semi di canapa e in diverse regioni del mondo si ritiene che ciò modifichi il loro comportamento: ad esempio, “cantano” con maggiore ardore e più a lungo e hanno una maggiore inclinazione verso i comportamenti amorosi. Gli allevatori di pappagalli aggiungono alla dieta dei loro animali una certa percentuale di semi di canapa, per renderli più loquaci. Ancora oggi, nel bolognese, gli allevatori di canarini fanno lo stesso per stimolare questi uccelli al canto.
Un caratteristico comportamento degli uccelli ebbri consiste nel ciondolare la testa verso il basso; un fatto che è stato osservato dalle popolazioni antiche. In India, dai fiori carnosi dell’albero del madhu (Madhuca indica Gmel., famiglia delle Sapotaceae) i nativi distillano da tempo immemorabile un tipo di liquore, chiamato mahuwa. In un’antico racconto mitologico indiano, dove il dio Bhimsen (Bhima) e il gigante Bhagavan si inebriano con questo liquore, ritroviamo il tema degli uccelli ebbri che ciondolano la testa: “Bhimsen si recò nella foresta e cercò e cercò e dopo molto tempo giunse accanto a un albero madhu. L’albero era cavo e quella cavità era piena di liquore. Tutt’attorno ai rami erano seduti degli uccelli che l’avevano bevuto – haril, phadki, pappagalli, corvi, maina, ogni tipo d’uccello. Ciondolavano tutti la testa. ‘Perché ciondolano la loro testa in quel modo?’, pensò Bhimsen. Si arrampicò sull’albero per vedere e lì la cavità era piena di liquore. Bhimsen vi immerse la sua mano e lo assaggiò. ‘Questo è liquore! Questo è liquore!’, gridò, e si mise a bere. Quando se ne fece una scorpacciata anche la sua testa iniziò a ciondolare. Egli si mise a sedere insieme agli uccelli e tutti ciondolarono insieme le loro teste” (rip. in Vries, 1989, pp. 416).
Note
1 – Il pettirosso americano è il Turdus migratorius; il California holly è l’Heteromeles arbutifolia (Lindl.) M. Roem., famiglia delle Rosaceae.
BERGTOLD W.H., 1930, Intoxicated Robins, Auk, vol. 47, p. 571.
DUFF J.P., J. P. HOLMES & P. STREETE, 2012, Suspected ethanol toxicity in juvenile blackbirds and redwings. Veterinary Record, vol. 171, p. 453.
FITZGERALD S.D., J.M. SULLIVAN & R.J. EVERSON, 1990, Suspected Ethanol Toxicosis in Two Wild Cedar Waxwings, Avian Diseases, vol. 34, pp. 488-490.
GRINNELL JOSEPH, 1926, Doped Robins, Condor, vol. 28, p. 97.
KENNEDY B. ALISON, 1987, Ecce Bufo: il rospo in natura e nell’iconografia degli Olmec, Quaderni di Semantica, vol. 8, pp. 229-263.
SIEGEL RONALD, 1989, Intoxication. Life in Pursuit of Artificial Paradise, Dutton, New York.
STRATTON-PORTER GENE, 1920, Homing with the Birds, Doubleday, New York.
VRIES HERMAN, 1989, Natural Relations. Eine Skizze, Verlag für Modern Kunst, Nürnberg.
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