giovedì 10 ottobre 2013

MAGREBINO RIFIUTA DI PARLARE CON LA MAESTRA PERCHE E’ “DONNA”. E’ QUESTO IL FRUTTO DELL’INTEGRAZIONE? DOVE SONO KYENGE E BOLDRINI? E LE FEMMINISTE? 40 ANNI DI LOTTE PER EMANCIPARSI LE BUTTANO NEL CESSO IN CAMBIO DI QUESTA VERGOGNA?

Fonte  http://bastacasta.altervista.orgAmo le diversita,ma chi viene in Italia,deve rispettare i nostri usi e costumi.Il mio non è razzismo,leggere certe cose poi,,,http://bastacasta.altervista.org/p5004/ ,non può che far riflettere molto.Questi clandestini,sono voluti dall"elite al potere,per distruggere le comunità,una comunità distrutta è più facilmente controllabile.Una societa multietnica è sicuramente fantastica,ma la cosa fondamentale deve essere che chi la compone abbia,un elevatissima consapevolezza, altrimenti è meglio moglie e buoi dei paesi tuoi.Importare cittadini ENORMEMENTE INDOTTRINATI,puo portare solo allo sfascio qualunque comunita,e lor signori ne approfitteranno.Che poi le guerre,e le multinazionali che rubano le terre,siano le cause dell"emigrazione clandestina,non bisogna dimenticarlo,noi occidentali diamo il voto a guerrafondai e multinazionali,e giustamente la loro violenza ci ricade addosso.  

Genitore straniero chiamato a colloquio in una elementare esige la presenza del bidello: «Lo impone la mia cultura»

PADOVA. Un genitore nordafricano si è rifiutato di parlare con l’insegnante elementare del figlio perchè donna: così, è stato il bidello dell’istituto a dover mediare la comunicazione che la docente voleva dare alla famiglia dell’alunno inserito in una classe delle elementari.
L’episodio è successo a Padova, in una scuola elementare della zona est della città.
Protagonista è il padre di un bambino vivace come ce ne sono tanti, forse un po’ più irrequieto e meno propenso ad accettare le regole. «Nonostante sia nella scuola già dall’anno scorso, lui parla solo in inglese, la lingua ufficiale del suo paese d’origine», raccontano gli operatori scolastici. «In classe però, anche quando si ha un’età ad una cifra sola, un minimo di rigore è d’obbligo…».
Ecco perchè la maestra, una signora di cinquant’anni, già alla fine dello scorso anno scolastico ha più volte chiamato a colloquio la mamma: per spiegarle la situazione, per dirle dice che le regole ci sono perché una scuola elementare le impone. La donna avrebbe sempre ascoltato senza scomporsi.
Le cose sono cambiate adesso, con il rientro a scuola.
Rieccoci con i colloqui di inizio anno. Il ragazzino africano è il discolo di sempre, e questa volta a parlare con la maestra ci va il papà. La maestra lo fa accomodare, cerca di spiegare la situazione, ma il padre, decritto come un uomo nordafricano di mezza età, le dice che non può ascoltarla.
«La maestra è una donna, e al suo paese non si parla con le donne di cose serie. Se il piccolo non le dà retta, beh, è normale: Omar è un maschio, la maestra una donna», avrebbe detto il padre all’insegnante, secondo quanto ricostruito dagli operatori scolastici.
La maestra avrebbe sgranato gli occhi, e raccontato ai colleghi professori che non le era mai successo di vedersi trattare così. «Ho cercato una mediazione», avrebbe raccontato l’insegnante ai colleghi, «ma il genitore era risoluto a non parlarmi, a meno che non fosse stato presente un uomo a riferire al posto mio».
Una richiesta bizzarra, ma anche difficile da soddisfare, perché in quella scuola i docenti sono tutte donne.
Così l’insegnante ha chiamato il bidello, l’unico uomo facente parte del personale scolastico reperibile in quel momento. Il quale ricorda: «Con i giudizi delle maestre noi c’entriamo poco, ma ho fatto da testimone, diciamo. Il padre del bambino capisce la nostra lingua, ma per motivi che lui ha detto culturali, non può avere un colloquio con una donna. Con me presente, invece, sì».

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