D : La spiritualità comporta un elemento sacro o non è che funzionale?
R:
Riferirsi a un non-sapere è sacro. La spiritualità che viene dal
sapere, che si impara, che si studia, non ha alcun carattere sacro. E’
una miserevole messa in scena patologica per persone che hanno paura di
vivere. La spiritualità che viene dal sacro è una spiritualità non
pensata, non organizzata, non elaborata, non utilizzata. Quella
spiritualità là è sacra. Ma la spiritualità nel senso sacro non è un
rifugio, un mezzo, una stampella per compensare la sconfitta della vita.
E’ un dinamismo, un’intuizione che gli avvenimenti della vita hanno un
senso al di là del pensiero. Un’intuizione dell’umiltà, di un totale
non-sapere, di una totale non-comprensione della vita. Quando mi sveglio
a queste non-comprensioni della vita, quando smetto di pretendere di
comprendere ciò che accade, aver bisogno di quella o quell’altra situazione, che questo
o quello non avrebbe dovuto capitarmi, quando divento umile, senza
pretesa di sapere ciò che è giusto o no, per me o il mondo, un ascolto
si attua. Questo ascolto è il sacro stesso, la spiritualità stessa.
Ogni sapere spirituale, ogni codificazione spirituale sono dei ciechi che conducono dei ciechi. Il sapere viene dal pensiero, dalla memoria; cosa può
esserci di sacro là dentro? Quello che è sacro è questa intuizione,
questa disponibilità alla bellezza della vita. Questo non si può attuare
come esperienza personale, ma si attua inevitabilmente in ogni luogo.
E’ come quando vi innamorate, non lo pensate, c’è un’effervescenza. Il
giorno in cui dite “sono innamorato” è finita, avete lasciato
l’autenticità, avete creato una situazione. Quando siete veramente
innamorati, quando amate qualcuno profondamente, non lo sapete. Quando
vi dite “amo qualcuno” vi raccontate delle storie. La bellezza non può
essere concettualizzata. La gioia non può essere gustata. Quando siete
all’opera, l’opera si svolge in voi, provate dei momenti di non-sapere,
di pura gioia. Poi, si cerca di gustare l’emozione, sopraggiunge
una sorta di conflitto. Non c’è niente da gustare. La spiritualità che
si gusta è una spiritualità che ha il suo valore a livello psichiatrico,
ma è tutto. La spiritualità che sa cosa fare, o non fare, ciò che è
giusto, non giusto, morale, amorale, tutto questo fa parte degli
ospedali psichiatrici della società. Ha valore forse a livello
giuridico, ma non ha niente di sacro.
E’
una ideologia. Le ideologie vengono dalla paura. Se non c’è paura, non
ho bisogno di essere questo o quello, non ho bisogno di pretendere
questo o quello. E’ la paura che m’invento: francese, bianco, nero,
ebreo, ricco , povero, buddista, indù, cristiano, ateo, tutto questo
viene dalla paura. In un momento di non paura non rivendico niente. In
questa non rivendicazione si trova la disponibilità. Tutto ciò che mi
appare, diventa vicino per me, profondamente me stesso, la facilità. Non
racconto che me stesso, niente è estraneo. Se una qualunque cosa mi è estranea, sono in una storia, una pretesa di essere qualcosa, qualcuno.
Questa è una visione spirituale. Ma non c’è spiritualità là dentro. La
funzionalità è una cattiva espressione che adopero spesso, è un po’
meschina, è il contrario della funzionalità, è la meraviglia, il
non-sapere.
Posso
fare un gesto sena pretendere qualcosa, posso guardare un albero senza
sapere, senza cercare di trovarmi in ciò che so dell’albero? Questo
è spirituale. Posso per un istante non aspirare a niente? Essere
totalmente presente. Qui non ci sono codificazioni possibili. Non si può
mettere questa disponibilità nella tasca e dire “sono disponibile”.
Non
è una critica, la spiritualità è psichiatrica quando le persone hanno
bisogno di sapersi maritate, di avere dei figli, un’amante, un paese,
una nazionalità, un colore, una razza, una squadra di calcio, dei gusti
letterari, cinematografici; hanno bisogno di difendere queste immagini,
se no pensano che non sono niente. Molta gente ha bisogno di trovarsi
nel cristianesimo, nel buddismo, nell’islamismo; è pienamente
giustificato, non c’entra niente qui. Le nostre riunioni sono fatte per
quelli che intuiscono che, quando smetto di inventare qualcosa, non c’è
nessuna invenzione; che tutte le religioni, le razze, le etnie, il
sapere, le nazionalità, sono unicamente delle invenzioni della paura;
che ogni cultura, il mondo, la società è un’invenzione della paura, per
il non vedere profondamente qualcosa. Ma, quando non si è arrivati a
questa convinzione, è assolutamente giustificato per un francese
credersi un francese, per un buddista credersi un buddista e per un uomo
sposato credersi sposato. Hanno bisogno di questo se no ci sarebbe
bisogno ancora di più di ospedali psichiatrici. A un certo momento, non
avete più bisogno di appropriarvi di qualcosa, voi continuate il vostro
funzionamento esteriore ma non potete più comprendere ciò che vorrebbero
dire tutti questi elementi.
La
bellezza della vita è nell’istante. Non si può mettere in una cornice.
Nell’istante, sono libero da ogni cornice. All’esterno continuate ad
essere questo o quello, ma profondamente non potete più esserlo. Allora
questa spiritualità non ha forma, né nome.
D: Se ho ben compreso, la spiritualità è un’illusione?
R:
E’ un concetto. Ciò che la gente vi proietta, a sei anni lo proiettava
nel suo gruppo di scouts, a dieci anni nella squadra di calcio, a venti
nella politica, a trenta nel matrimonio. Quella mancanza che si è
cercato di compensare con una bambola, un trenino elettrico, un bel voto
a scuola, un matrimonio, un figlio, la si proietta dopo nella
spiritualità… E’ un polpettone di tutte le nostre paure. Secondo la
forma delle nostre ansie, ci si trova attirati da un certo tipo di
spiritualità. Quando si è là, bisogna rispettarlo come il resto, ma non è
niente altro che la nostra propria paura.
La vera spiritualità è un ringraziamento. Maitre Eckart
fa una differenza tra la vera preghiera che è una preghiera del cuore,
una celebrazione del compimento divino, e la preghiera che viene da una
mancanza, che cerca di domandare una correzione. Non è più una
preghiera, ma una forma di accesso. La vera preghiera è un
ringraziamento. La vera spiritualità è un non-dinamismo che dà
disponibilità a ogni istante. Quando il cancro, la malattia, la nascita,
l’emozione vengono: essere disponibile: là si trova la profondità.
Volersi liberare da tutti i propri problemi per diventare spirituali,
per diventare, perché no, un budda, ecc. è l’espressione della paura.
Ogni regola, ogni sapere non vengono che dalla paura. Non si può
codificare l’intangibile. Gli scouts, la politica, la spiritualità, il
figlio, la squadra i rugby hanno il loro posto, sennò questo non
esisterebbe. Viene un momento in cui non avete più bisogno di andare a
cercare nelle diverse correnti della vita.
Siete voi che rischiarate la spiritualità, e
non il contrario. E’ la vostra chiarezza che vi fa comprendere
profondamente cos’è la politica, avere un figlio, la violenza, la
malattia, il buddismo, l’islam. La vostra chiarezza rischiara tutto
questo. Volersi cercare, tentare di trovarsi nella spiritualità è una
forma di confusione, di limite.
D: Quella chiarezza è la spiritualità, no?
R: Certo, ma là non ci
sono più parole, né direzione, né sapere e soprattutto nessuna persona
spirituale. Resta solo una non separazione. Non ci sono più scuole,
linee direttrici, insegnamento. L’importanza per noi è ricordare questa
evidenza, che non c’è niente da comprendere, niente da imparare. Non ho
bisogno di creare degli utensili per affrontare la vita. Inutile
inventare mezzi di difesa o di adattamento per far fronte alle
situazioni. Guardate onestamente ciò che c’è, ciò che suscita in me la
paura, l’ansia, la pretesa, la difesa.
Chiaramente
accetto le mie pretese, i miei limiti. Questi limiti riflettono il non-
limite. Occorre vivere la mediocrità, essa rivela ciò che è l’ultimo in
noi. Quando rifiuto la mediocrità, quando immagino e proietto un
inferiore o un superiore, delle cose spirituali che dovrebbero liberarmi
dalla vita quotidiana, là, sono completamente in un immaginario. E’ una
forma di psicosi. La mediocrità è l’essenziale. La mediocrità in
rapporto a dei concetti, ma è primordiale!
Funzionare
giornalmente: mangiare, dormire, amare, vedere, sentire, guardare.
Niente da dipendere, da affermare, da sapere, non ho bisogno di niente
per intuire ciò che è essenziale. Inutile cambiare qualcosa in me. Certe
scoperte vano fatte e dimenticate nell’istante. Per l’ego, per la
persona, è una forma di terrore. L’ego vuole diventare spirituale,
meditare, liberarsi. Bisogna uscire da qui come un cane che ha visto un
osso, al quale lo si leva quando chiude la bocca. E’ quella sensazione
là che bisogna sorvegliare, prima che diventi una frustrazione, la
sensazione della bocca vuota. E’ prima di tutto una non-conclusione è
questo l’esenziale.
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