Pur essendo stato moltissimo tempo in tale paese,ma non tra le masse contadine,mai avrei immaginato tantissimo odio mascherato dal loro proverbiale sorriso.Io più che altro convivevo con le cosiddette camicie gialle,quelle più sorridenti con gli stranieri,tutti coloro che hanno a che fare coi farang(stranieri)ridono,al contrario sono durissimi e sprezzanti con i loro connazionali.
Anche la gioia la felicita addormenta,questo è il grande insegnamento,forse molto di più dello stresso e della paura.Che coglione,che essere insensibile ero.
Qui in Europa io sono un contadino,come posso ora condannare ,coloro che sotto sotto sono come ero io in Thailandia ?
La ricchezza oscura gli occhi,ciò è stracerto.
La ricchezza esteriore,è la fonte principale dell"insensibilità umana.
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Bangkok - La situazione, in Thailandia, va facendosi sempre più complessa e difficile. Il fronte delle 'Magliette Rosse' del Democracy Against Dictatorship (UDD) ha annunciato manifestazioni per la giornata di venerdì nella capitale, dove già da settimane sono in protesta gli esponenti anti-governativi del fronte politico avverso. La data delle elezioni del 2 febbraio si avvicina a grandi passi, nel frattempo quella di domenica scorsa, per l’elettorato fuori sede e dei residenti all’estero, è stata ampiamente sabotata dai supporters dei 'Democrats' del People's Democratic Reform Committee di Suthep Thaugsuban, il quale, peraltro, potrebbe essere arrestato in qualsiasi momento. Un leader politico del fronte delle 'Magliette Rosse', Kwanchai Praipana, è stato colpito e ferito gravemente nella Provincia di Udon Thani. Si cerca di tirare la giacca all’Esercito perché intervenga, in modo tale da bypassare le elezioni, dove ciò che conta sono i voti ed i voti attualmente sono grandemente favorevoli al Governo in carica guidato dalla Premier Yingluck Shinawatra.
Di questa situazione parliamo con chi vive tutti i giorni questo scenario frastagliato e difficile da decifrare. Alessio Fratticcioli, si definisce viaggiatore, blogger, orientalista ed eterno studente, collabora o ha collaborato con svariate testate giornalistiche e web italiane e straniere, dal 2006 vive in Asia. Gestiste un suo proprio blog 'Asia blog'. Oggi risiede a Bangkok, dove ha appena completato un Master in Studi del Sud Est asiatico per la prestigiosa Università di Chulalongkorn.
Alla luce dell'uccisione di un leader dell'opposizione, Sutin Taratin, a Bangok; dell'uccisione di un esponente dell'opposizione che faceva protesta bloccando l'accesso al seggio per le elezioni per i non residenti, la situazione va esacerbandosi e si teme si possa verificare -a parti inverse- quel che accadde il 2010. Qual è il tuo punto di vista in merito?Non possiamo escludere, ed anzi appare probabile, che la situazione possa peggiorare. Negli ultimi anni le ali radicali di entrambi gli schieramenti politici hanno utilizzato delle tattiche volte a provocare l’intervento delle forze dell’ordine in modo da dipingere il governo di turno come tirannico ed illegittimo. Ma in netto contrasto con l’atteggiamento del precedente Governo, guidato da Abhisit Vejjajiva e Suthep Thaugsuban, che nel 2010 autorizzarono l’Esercito a sparare contro i manifestanti, causando la morte di oltre 90 persone, il Governo in carica ha promesso di non utilizzare la forza per sgombrare le strade. Il Primo Ministro Yingluck Shinawatra e le forze dell’ordine hanno deciso di evitare ogni scontro fino al punto di permettere ai manifestanti di invadere ed occupare il Palazzo del Governo ed una serie di Ministeri ed edifici pubblici. Yingluck sta facendo fronte alle proteste con questo approccio molto soft per evitare di ‘sporcarsi le mani,’ vuoi per ragioni morali ma vuoi anche per la consapevolezza che duri confronti tra le forze dell’ordine e i manifestanti finirebbero inevitabilmente per ritorcersi contro il governo stesso, che gode del sostegno della maggioranza dei cittadini ma è malvisto dai poteri forti.
Ma fino a quando le autorità potranno permettersi un atteggiamento del genere?Domenica scorsa il gruppo antigovernativo ha preso di mira centinaia di seggi elettorali, causando la chiusura di 83 collegi e privando 440.000 cittadini del diritto di voto. Un uomo è stato ucciso. Si tratta della decima vittima in due mesi. Domenica prossima sono chiamati al voto oltre 46 milioni di thailandesi. Si temono sia le azioni di disturbo del gruppo antigovernativo, sia eventuali nuovi scontri tra attivisti anti-elezioni e pro-elezioni. Cosa faranno le autorità per permettere agli elettori di recarsi ai seggi in sicurezza? Il problema è che non solamente un governo che utilizza la forza, ma anche uno che non fa rispettare lo stato di diritto e tollera una situazione di anarchia rischia di perdere legittimità. Qualunque sarà la scelta del governo, il rischio di una escalation di violenza rimane altissimo.
Alcuni osservatori di cose locali, ritengono che anche questa volta -alla luce dello scontro tra i Movimenti delle "Magliette Gialle" e delle "Magliette Rosse" sia in atto una lotta sociale e non solo politica. I primi rappresentano le classi colte, la classe media più o meno agiata ed urbanizzata, i secondi rappresentano il voto agricolo e del resto della Nazione. Cosa pensi in merito?Uno dei vari livelli del conflitto thailandese ruota intorno alla lotta di classe tra le masse lavoratrici delle province e delle periferie urbane, che sostengono genuinamente il thaksinismo, ed il blocco borghese ed aristocratico della capitale, sostenuto da buona parte dei thailandesi del sud, che vede in Thaksin il male assoluto. L’ex Primo Ministro Thaksin Shinawatra, immensamente popolare nel nord del Paese per le sue politiche a favore dei ceti più svantaggiati, ha causato enorme risentimento tra gli appartenenti al vecchio establishment, che ritengono di avere il diritto di continuare a gestire il Paese secondo i propri valori e le proprie esigenze. Gli anti-thaksiniani sostengono che i loro concittadini del nord, di certo più poveri, siano anche più ignoranti e propensi alla compravendita di voti. Questi pregiudizi, che studiosi come Chris Baker e Pasuk Phongpaichit considerano 'sciocchezze antidemocratiche, nascondono il timore che l’ascesa delle masse popolari, favorita dalla recente introduzione della democrazia rappresentativa, possa erodere l’egemonia del vecchio establishment.
Il voto potrebbe essere anch'esso rimandato ma -a causa della violenza- non è solo dei frangenti attuali che qui si tratta. Piuttosto ci si chiede se mai la Thailandia possa raggiungere il livello di una normale Democrazia matura.
Sì, un giorno la Thailandia diventerà una 'normale' democrazia. Difficile dire quando, ma di certo non nel breve periodo. E forse, purtroppo, per completare la transizione ci sarà bisogno di una crisi di sistema ancora peggiore di quella attuale.
Sì, un giorno la Thailandia diventerà una 'normale' democrazia. Difficile dire quando, ma di certo non nel breve periodo. E forse, purtroppo, per completare la transizione ci sarà bisogno di una crisi di sistema ancora peggiore di quella attuale.
Cosa credi si possa fare nel breve e nel medio termine da ambo le parti per procedere alla pacificazione nazionale in Thailandia?
Non può esserci alcuna riconciliazione senza dialogo e compromessi, ma al momento l’odio tra le opposte fazioni rende tutto questo impossibile. Non può esserci riconciliazione nemmeno accettando le richieste dei leader della protesta, che chiedono di sospendere la democrazia e defenestrare il Governo in carica, guidato dal partito che ha vinto largamente tutte le elezioni svoltesi negli ultimi 13 anni. In questa situazione, il Governo deve continuare a cercare il dialogo, e nel frattempo evitare di dare all’Esercito un pretesto per intervenire. Allo stesso tempo, le autorità hanno il dovere di proteggere i diritti civili della cittadinanza. Governo e Polizia devono assicurare la sicurezza durante le manifestazioni antigovernative, recentemente colpite con degli ordigni esplosivi che hanno causato una vittima e decine di feriti, ma devono anche garantire che il voto di domenica prossima si svolga regolarmente, senza che gli elettori vengano intimiditi o malmenati dagli attivisti anti-governativi, come accaduto in alcuni casi domenica scorsa. In sostanza, sappiamo bene come la crisi potrebbe peggiorare, mentre al momento sembra molto difficile, se non impossibile, trovare una via d’uscita dalla crisi. Di certo le elezioni non risolveranno gli opposti regionalismi, non abbatteranno la polarizzazione politica, né smorzeranno l’odio di classe. Nonostante questo, non può esserci una risoluzione pacifica senza il rispetto della voce della maggioranza dei cittadini, che può essere espressa solamente tramite il voto. Questo significa che la principale forza di opposizione, il Partito Democratico, dovrà abbandonare l’estremismo dei leader della protesta e rientrare nell’agone politico partecipando alle elezioni e poi ai lavori parlamentari. Al contempo, tutte le forze in campo dovrebbero impegnarsi a portare avanti la propria piattaforma politica con metodi veramente pacifici e non violenti, mettendo in minoranza ed isolando le minoranze violente ed intolleranti all’interno di ciascuno dei due schieramenti. Forse ci vorrà un maggiore impegno della società civile, soprattutto da parte della comunità accademica, che potrebbe riuscire a proporre una 'road map' per le riforme che non sia vista come una sconfitta ed una ‘perdita della faccia’ da parte di uno dei due blocchi rivali. Nel medio e lungo periodo, per superare l’attuale polarizzazione sociale e raggiungere una situazione di 'normalità' democratica nella quale gli inevitabili conflitti sociali possano essere incanalati e risolti all’interno delle istituzioni, il Regno della Thailandia ha bisogno di completare l’incompiuta transizione verso la democrazia iniziata con il superamento della monarchia assoluta nel 1932. Innanzitutto, i thailandesi devono imparare a pensare oltre alle proprie fazioni e ad accettare di convivere pacificamente con cittadini che si riconoscono in diverse idee ed ideologie. Per farlo, ci sarà bisogno di mettere le mani sul sistema educativo, liberare i media dal controllo dell’esercito, e rimettere in discussione i pilastri stessi di quella che oggi viene considerata l’identità nazionale, lavorando seriamente verso la ridifinizione del ‘cosa significa essere un cittadino’. Di pari passo, dovrà essere ridotto lo strapotere dei militari e di altre istituzioni non elettive. Ci sarà bisogno di diminuire la diseguaglianza sociale, garantire il rispetto e l’uguaglianza di fonte alla legge, abolire la censura, modificare le draconiane leggi di lesa maestà, liberare i prigionieri politici e proteggere ed incoraggiare la libertà di parola e di pensiero. Si tratterà, dunque, di lavorare ad un cambiamento strutturale, sia istituzionale che economico e culturale, che non potrà essere guidato da un solo partito e che terrà impegnate diverse generazioni di thailandesi.
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