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Sono un estimatore di MF, pertanto credo che l’articolo che qui intendo stroncare sia stato scritto intenzionalmente in modo grossolanamente ingenuo ed errato, in tono ossequientissimo verso i banchieri beneficiari di questa porcata su Bankitalia. Intenzionalmente, per fare appunto risaltare che si tratta di un arrogante arbitrio ai danni del Paese. Si tratta dell’articoletto a pag. 8 di MF di ieri, 22.01.14, intitolatoInevitabile e giusta la fiducia sulle quote Bankitalia, e siglato “MF”.
Sono un estimatore di MF, pertanto credo che l’articolo che qui intendo stroncare sia stato scritto intenzionalmente in modo grossolanamente ingenuo ed errato, in tono ossequientissimo verso i banchieri beneficiari di questa porcata su Bankitalia. Intenzionalmente, per fare appunto risaltare che si tratta di un arrogante arbitrio ai danni del Paese. Si tratta dell’articoletto a pag. 8 di MF di ieri, 22.01.14, intitolatoInevitabile e giusta la fiducia sulle quote Bankitalia, e siglato “MF”.
Esso loda la decisione del governo di porre la fiducia sulla conversione decreto legge che autorizza la permutazione di capitale netto con cui quasi 7,5 miliardi di riserve della Banca d’Italia vengono passate a capitale sociale, portandolo da 156.000 Euro a 7,5 miliardi di Euro. I titolari del capitale sociale – tutti privati (95%) tranne Inps – ricevono così una moltiplicazione gigantesca delle loro quote senza tirar fuori un centesimo.
Annuncio che su questa operazione e il suo contesto allargato alla c.d. Unione Bancaria Europea e al c.d. Meccanismo di Vigilanza Unificato, come cardini di una strategia antisociale e antinazionale, ho dedicato un saggio critico in uscita presso Arianna col titolo Sbankitalia.
Tesi centrale dell’articoletto, è che non si tratti affatto di un maxiregalo ai banchieri è certo perché lo ha dichiarato il governatore Visco (scelto dai privati partecipanti o soci di Bankitalia, ossia dai beneficiari).
E invece lo è, perché è un incremento oggettivo del valore delle loro quote, a spese delle riserve della BdI (che è un ente pubblico), senza alcun corrispettivo, e senza che vi sia correlazione tra il capitale di rischio investito dai soci o dai loro danti causa (156.000 Euro in tutto) e l’incremento di valore anzidetto; cioè non si può dire che quei 156.000, come investimento nelle attività di BdI, abbiano prodotto utili tali da giustificare una siffatta moltiplicazione di valore, perché BdI ha realizzato i suoi utili senza usare quei ridicoli 156.000 Euro, bensì emettendo denaro e scambiandolo con buoni fruttiferi, che poi in parte vende. Quindi MF non dice la verità: questa operazione è un regalofatto dal governo Letta coi soldi pubblici a finanzieri e banchieri.
Ma l’articoletto vuole essere stroncato soprattutto per un altro aspetto, insieme tecnico e sostanziale, giuridico ed economico, ossia che esso passa sotto silenzio il vero problema, il vero scandalo: il capitale sociale è un capitale di rischio che i soci investono in una società per dotarla dei mezzi per esercitare le sue attività di impresa, ossia per farle ottenere credito dalle banche e dai fornitori, con cui consentirle di pagare merci, servizi, beni strumentali, collaboratori, etc. Orbene, ovviamente la Banca d’Italia, e in generale le banche centrali di emissione, non hanno alcun bisogno di un capitale sociale, di un capitale di rischio, di credito bancario. Quindi quei soci o partecipanti (che partecipano solo alla spartizione degli utili e all’uso, spesso discutibilissimo perché in conflitto di interesse, dei poteri di vigilanza, disciplina e macroeconomici della banca centrale) non hanno ragion d’essere. Sono lì solo a fare i loro interessi di parte. Assurda e incostituzionale è dunque questa situazione e l’apologia che l’articoletto ne fa, non certo la legge del 2005, con cui esso se la prende, e che voleva nazionalizzare l’istituto centrale di emissione.
24.01.14 Marco Della Luna
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