domenica 4 agosto 2013

Sui comuni del medioevo, una rivalutazione di quel periodo storico,una storia poco conosciuta di Petr Kropotkin

Il post mi è stato ispirato da questo post,http://italianimbecilli.blogspot.com/2013/08/libri-di-scuola-e-tv-solo-propaganda-di.html
Qui l"intero libro /Kropotkin_Scienza_e_anarchia.pdf

Fu allora, tra l’XI e il XII secolo, che la rivoluzione dei
Comuni urbani sorti dall’unione tra la comunità di villaggio e le fratellanze –
 rivoluzione che lo spirito federativo dell’epoca preparava da lungo tempo – scoppiò
con mirabile accordo.
Questa rivoluzione, che la maggior parte degli storici
accademici preferisce ignorare, salvò l’Europa dalla
minaccia che gravava su di essa: arrestò l’evoluzione
dei regimi teocratici e dispotici, nei quali la nostra
civiltà avrebbe probabilmente trovato la propria fine.
Infatti, dopo alcuni secoli di pomposo sviluppo, essa
sarebbe stata affossata come affossate furono le civiltà
mesopotamica, assira e babilonese. Questa rivoluzione
schiuse invece una nuova fase di vita: la fase dei liberi
Comuni.
Si capisce facilmente perché gli storici moderni, educati allo spirito romano e
preoccupati di far risalire le
origini di tutte le istituzioni a Roma, stentino tanto a
capire lo spirito del movimento comunalista del XII
secolo. Questo movimento fu una forte affermazione
dell’individuo, che giunse a costituire la società per
mezzo della libera federazione di uomini, villaggi e
città. Esso fu anche un’assoluta negazione dello spirito
unitario e accentratore romano, con il quale si cerca
ancor oggi di spiegare la storia nel nostro insegnamento
universitario. Questo movimento non si ricollega ad
alcun personaggio storico di particolare rilievo né ad
alcuna istituzione centralizzata. Fu uno sviluppo naturale, proprio, come la tribù e la
 comunità di villaggio, a
una certa fase dell’evoluzione umana e non a questa
nazione o a quella regione. [...]
La vittoria dello Stato sui Comuni e sulle istituzioni
federative medievali non fu tuttavia immediata. Vi fu
anzi un momento in cui tale vittoria fu così minacciata
da sembrare del tutto incerta.
Un immenso movimento popolare – religioso quanto
a forma ed espressione, ma sostanzialmente egualitario
e comunista quanto ad aspirazioni – si produsse nelle
città e nelle campagne dell’Europa centrale. [...]
Nato nelle città, questo movimento si estese ben presto nelle campagne.
 I contadini si rifiutavano di obbedire a chiunque e montando una vecchia
scarpa su di una
picca, a guisa di bandiera, riprendevano le terre ai
signori, spezzavano i legami di servitù, scacciavano pre-
te e giudice e si costituivano in libero Comune. Solo
ricorrendo al rogo, alla ruota e alla forca, al massacro di
centinaia di migliaia di contadini compiuto in pochi
anni, il potere regale o imperiale, alleato della Chiesa
papista o riformata – giacché Lutero incitava al massacro dei contadini
 ancor più violentemente dello stesso
papa – mise fine a questo movimento che aveva per un
certo periodo minacciato la formazione degli Stati
nascenti.
Nato dall’anabattismo popolare, il riformismo luterano massacrò il popolo
insieme allo Stato e schiacciò il
movimento dal quale aveva avuto origine. I resti di
quell’immensa ondata si rifugiarono nelle comunità dei
«Fratelli Moravi», che a loro volta furono, circa un secolo dopo, distrutte dalla
Chiesa e dallo Stato. [...]
Lo Stato ormai aveva messo al sicuro la propria esistenza. Il legislatore, il prete,
 e il signore-soldato, riunitisi in alleanza solidale intorno al trono, potevano, d’ora
in avanti, compiere la loro opera di distruzione.
Sono moltissime le menzogne su questo periodo accumulate dagli storici stipendiati dallo Stato.

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