da: "I Quaderni di Avallon", n. 23, 1990, 105-111
In questo Articolo il noto orientalista tedesco K. von Dürckheim porge al pubblico occidentale un estratto da un antico libro sulla Via della Spada dell'antica Scuola Ittôryû, fondata nel XVII secolo da ltô Ittôsai Kagehisa (156-1653); benché lo scritto sia anonimo, denunzia un'evidente ispirazione taoista e Zen, e può essere ritenuto frutto dell'insegnamento di uno dei primi Maestri della Scuola.Traduzione di Marcella Morganti. [illustrazione di Claudio Parentela]
C'era una volta un Maestro di kendô chiamato Shoken.
Un
grosso topo si era installato in casa sua, mettendogli tutto
sottosopra; lo si vedeva scorrazzare tranquillamente addirittura in
pieno giorno.
Un
giorno il padrone di casa lo rinchiuse nella sua stanza e incitò il suo
gatto ad acchiapparlo, ma il topo gli saltò addosso e lo morse alla
gola così forte che riuscì a salvarsi a malapena, miagolando
disperatamente. Allora Shoken radunò diversi gatti del quartiere famosi
per il loro coraggio e li fece entrare nella stanza. Il topo rimaneva
seduto, raggomitolato in un angolo, e appena uno dei gatti gli si
avvicinava gli saltava addosso e lo mordeva, facendolo fuggire. Aveva un
atteggiamento così feroce che nessun gatto osava riprovarci nuovamente.
Allora il padrone di casa, in preda alla rabbia, iniziò a corrergli
dietro lui stesso per ucciderlo, ma il topo evitava tutti i colpi del
celebre Maestro di Kendô, che finivano per distruggere porte,
pareti, specchi ed altri oggetti, mentre il roditore, rapido come il
lampo, riusciva a schivare ogni suo movimento. Infine, saltandogli al
viso, fini per morderlo.
Alla fine, grondante di sudore, Shoken chiamò il suo servitore, dicendogli: "Sembra che a sei o sette cho da qui [Cho = unità di misura corrispondente circa a 109 m. -ndt.] viva il gatto più coraggioso del mondo. Va' e portamelo!"
Il
servitore gli portò il gatto. Era invero una gatta, che non sembrava
aver nulla di diverso dagli altri gatti, e dall'aspetto né
particolarmente intelligente, né pericoloso. Anche il Maestro di spada
non le concesse una particolare fiducia; le apri comunque la porta e la
fece entrare.
Calma
e silenziosa, come se non dovesse accadere nulla di particolare, la
gatta avanzò nella stanza. Il topo sussultò e rimase immobile. Con la
più grande naturalezza la gatta gli si avvicinò lentamente, lo prese in
bocca e lo portò fuori.
Alla
sera, tutti i gatti sconfitti si riunirono nella casa di Shoken.
Rispettosamente, offrirono alla vecchia gatta il posto d'onore, le si
inginocchiarono davanti e dissero umilmente: "Abbiamo tutti la
reputazione di gatti coraggiosi. Ci siamo sempre allenati affilandoci le
unghie e vincendo qualsiasi topo, lontra o donnola. Mai avremmo potuto
credere all'esistenza di un topo così forte. Con quale arte avete potuto
vincerlo così facilmente? Svelateci il vostro segreto!"
Allora
la vecchia gatta rise e disse: "Voi, giovani gatti, siete senz'altro
coraggiosi, ma ignorate la vera Via. È per questo che non conquistate il
successo quando vi confrontate con qualcosa che non conoscete. Ma
innanzitutto ditemi: come vi siete allenati?"
Un
gatto nero s'avvicinò e disse: "Sono il discendente di una famiglia
celebre per quanto riguarda la cattura dei topi, e anch'io decisi di
proseguire nella stessa Via. Posso saltare sopra paraventi alti due
metri, so introdurmi in aperture minuscole dove solo un topo può
entrare; da piccolo mi sono allenato in tutte le arti acrobatiche. Anche
quando sono sveglio da poco, quando non sono completamente presente,
nel momento in cui riprendo le forze, se vedo un topo correre su una
trave lo acchiappo con un balzo. Ma questo è il topo più forte che abbia
mai incontrato. È la sconfitta più terribile che abbia mai subito, e me
ne vergogno."
La vecchia gatta rispose: "Ciò in cui ti sei allenato non è null'altro che tecnica [Shosa arte solamente fisica]. Quando gli antichi insegnavano una tecnica, questa era in realtà una delle forme della Via (Michisuji).
La loro tecnica era semplice ma racchiudeva la più grande saggezza. Nel
mondo d'oggi ci si occupa solo della tecnica; certamente, molte cose
sono state inventate usando le ricetta 'A condizione di fare questo o quello si ottiene questo o quello...'.
Ma cosa si ottiene? Nient'altro che dell'abilità. Abbandonando la Via
tradizionale, usando l'intelligenza ed abusandone, si instaura la
competizione nella tecnica, e non si avanza più. Succede sempre così:
non si pensa a null'altro che alla tecnica, e ci si serve solo
dell'intelligenza: questa senza dubbio è una funzione dello Spirito (Ki),
ma se non è radicata nella Via, puntando solamente all'abilità diventa
il germe della falsità, ed il risultato sarà nefasto. Riprenditi,
dunque, ed allenati nel senso giusto!".
Si avvicinò allora un grosso gatto tigrato, dicendo: "Penso che sia unicamente lo spirito (Ki) che conta nell'arte cavalleresca; mi sono sempre esercitato in questo potere (Ki voneru).
Ora mi sembra che il mio spirito sia duro come l'acciaio e libero,
pieno dello spirito che riempie il cielo e la terra. Appena avvistato il
nemico, la potenza di questo spirito lo incanta immediatamente, dandomi
una sicura vittoria. Solo allora mi avvicino, senza riflettere, e mi
oriento secondo l'Io del mio avversario. È la mia volontà che incanta il
topo: a destra, a sinistra, controllo ogni suo movimento. Quanto alla
tecnica non me ne preoccupo: viene da sola. Un topo che corre su una
trave: mi basta fissarlo che già cade, ed è mio. Ma questo è un topo
giunto senzaforma, se ne è andato senza lasciar tracce. Che cos'è? Lo ignoro".
La
vecchia gatta rispose: "Ciò per cui ti sei tanto sforzato non è altro
che forza fisica. Non traspare quel bene che merita il nome di 'bene'.
Il solo fatto di esser cosciente del potere di cui vuoi servirti per
vincere è sufficente per vanificare la tua vittoria. Il tuo Io entra in
gioco, ma se l'Io dell'avversario è più forte del tuo, cosa succederà?
Se vuoi vincere il nemico grazie unicamente alla tua forza superiore,
egli ti opporrà la sua. Credi di essere il solo ad esser forte, e tutti
gli altri deboli? Ma come ti comporterai di fronte a qualcosa che non
potrai vincere, neanche con la migliore volontà o con la tua forza,
anche se superiore? Ecco il problema. La forza spirituale che serbi in
te 'dura come l'acciaio, libera e che riempie il cielo e la terra' non è
la grande Potenza (Ki-no-sho), ma solo un suo riflesso; il tuo
spirito, solo un'ombra del grande Spirito. Sembra questa grande
potenza, ma in realtà è tutt'altra cosa. Lo Spirito di cui parla Mencio è
forte perché è illuminato da una permanente chiaroveggenza. Ma il tuo
spirito può disporre della sua potenza solo a determinate condizioni. La
tua forza e quella di cui parla Mencio hanno un'origine diversa e
diverso è il loro effetto. Sono talmente opposte tra loro da poter
paragonarle alla corrente eterna dello Yang-Tze-Kiang e ad una marea
notturna improvvisa. Ma in presenza di ciò che non può essere vinto da
alcuna forza spirituale contingente (Kisei) quale spirito
manifestare? Dice il detto: 'Un topo intrappolato morde persino il
gatto'. Il nemico, di fronte alla morte non è legato più a nulla:
dimentica la sua vita, dimentica ogni bisogno, dimentica sé stesso, è
libero di vincere o perdere; non mira più a preservare la propria
esistenza. Ed è così che la sua volontà diventa acciaio. Come si può
vincerlo, con una forza spirituale che ci si è attribuiti da soli?"
Giunse
un gatto grigio più anziano, che s'inchinò e disse: "Sì, in verità è
come dice lei. La potenza fisica, anche se enorme, ha in sé unaforma (Katachi),
e tutto ciò che ha forma, anche se impalpabile, può essere percepito e
compreso. Ecco perchè ho sempre esercitato il mio Cuore [Kokoro=la
potenza del Cuore]. Non sono io che esercito questo potere capace di
sconfiggere spiritualmente l'avversario (l' "Io" del secondo gatto); non
combatto neanche (come il primo gatto). Mi "accordo" con colui che è di
fronte a me, mi unisco a lui non opponendomi in alcun modo. Quando
l'altro è più forte di me cedo, mi abbandono per così dire alla sua
volontà; la mia arte consiste nell'afferrare una gettata di ghiaia con
una rete flessibile; il topo che desidera attaccarmi, anche se forte,
non troverà nulla su cui appoggiarsi, nulla da cui poter slanciarsi. Ma
questo topo non è stato al gioco. È arrivato ed è partito, inafferrabile
come una divinità. Non ho mai visto nulla di simile."
La
vecchia gatta rispose: "Ciò che tu chiami conciliazione non procede
dall'Essere, dalla grande Natura: è una conciliazione voluta,
artificiale, un'astuzia. In maniera conscia, vuoi sfuggire
all'aggressività del nemico. Ma se ci pensi, egli si rende conto
furtivamente delle tue intenzioni, quindi, se manifesti un tale
atteggiamento di conciliazione il tuo spirito che era pronto ad
attaccare viene turbato, come la base della tua percezione ed i tuoi
atti. Tutto ciò che intraprendi consciamente ostacola la Vibrazione
originaria della grande Natura, disturba il suo sorgere dalla fonte
segreta ed il corso del tuo movimento spontaneo.
"Da
dove viene allora l'efficacia miracolosa? Unicamente non pensando a
nulla, non volendo nulla, non facendo nulla, abbandonandosi nel
movimento della vibrazione dell'Essere; solo così la tua forma diverrà
inafferrabile. Niente in questo mondo nasce privo di forma. Solo così
nessun nemico potrà resistere. Non penso assolutamente che tutto quello
che state cercando di raggiungere non abbia valore: tutto e qualsiasi
cosa può divenire un modo di seguire la Via; tecnica e Via possono
identificarsi. In questo caso il grande Spirito, l' "agente", è
integrato in essa e si manifesta nell'azione del corpo. La forza del
grande Spirito (Ki) serve la persona umana (Ishi). Colui che ha liberato il suo Ki
può affrontare ogni cosa nel giusto modo, nella sua libertà infinita.
Al momento di combattere, senza servirsi di una forza particolare, il
suo spirito in attitudine di Conciliazione non cederà né all'oro né alla
pietra. Una sola cosa è importante: che anche la più minuscola traccia
di coscienza di sé non entri in gioco, altrimenti tutto è perduto. Se si
pensa allo scopo, anche solo per un istante, tutto diventa artificiale,
non procede più dall'Essere, dalla vibrazione originaria della
"Via-Corpo" (do-Tai): allora il nemico vi resisterà. Quindi,
quale arte è bene utilizzare, ed in che modo? Solo nel momento in cui
sarete liberi da ogni coscienza dell'Io (Mu-shin), solamente
agendo "senza agire", senza intenzione o astuzia, in armonia con la
grande Natura, solo allora sarete sulla vera Via. Abbandonate ogni
intenzione, esercitatevi nella non-intenzionalità, e lasciate agire
l'Essere. Questa Via è inesauribile, senzafine".
La
vecchia gatta aggiunse poi qualcosa di stupefacente: "Non crediate che
quanto vi ho appena detto sia quanto di più elevato esista. Poco tempo
fa, in un villaggio vicino al mio viveva un gatto che passava le sue
giornate a dormire. Non c'era niente che lasciasse supporre la benchè
minima forza spirituale in lui. Era sempre là, sdraiato come un pezzo di
legno. Nessuno l'aveva mai visto prendere un topo. Là dove dormiva e
viveva, così come nei dintorni, non c'erano topi. Un giorno andai da lui
e gli chiesi come si doveva interpretare questo fatto: non vi fu alcuna
risposta. Per tre volte ancora gli posi la stessa domanda: egli
continuò a tacere, non perché non voleva rispondere, ma perché, con
tutta evidenza, non sapeva cosa dire. Fu così che compresi che "Colui
che sa qualcosa, non la conosce". Quel gatto aveva dimenticato sé
stesso, ed allo stesso modo tutte le cose attorno a lui: era diventato
"nulla", avendo raggiunto il più alto grado di non-intenzionalità. Egli
aveva trovato, senza alcun dubbio, la divina Via del Guerriero: Vincere
senza uccidere. Io sono ancora lontana da lui".
Shoken
ascoltò tutto questo come in un sogno. Si avvicinò, salutò la vecchia
gatta e disse: "Da molto tempo ormai mi esercito nella Via della Spada (Kendô),
e non ne ho ancora raggiunto la fine. Ho ascoltato il suo discorso, e
credo di aver compreso il vero senso del mio cammino. Ma ora, la prego,
dica ancora qualcosa di più sul Suo segreto."
La
vecchia gatta rispose: "In che modo? Io sono solo un animale, e il topo
è il mio cibo. Che cosa conosco delle cose umane? Solamente questo: il
senso dell'arte del Kendô non è vincere l'avversario. O meglio,
grazie a quest'arte ad un certo momento si giunge con la massima
chiarezza alla base luminosa della morte e della vita (Seishi wo akiraki ni suru).
Un vero guerriero attraverso l'esercizio dovrebbe impegnarsi
nell'aspetto spirituale dell'arte, nella direzione determinata da questa
chiarezza. Per far ciò bisogna esplorare innanzi tutto la dottrina sui
fondamenti dell'essere, della vita, della morte e dell'ordine della
morte (Shi no ri). Ma solo colui che diviene libero da tutto
ciò che può distrarlo dalla Via, e soprattutto libero dal pensiero che
limita e trattiene, può giungere a questa grande chiarezza. Non turbato,
abbandonato se stesso, libero dall'Io e da ogni cosa, l'Essere ed il
suo movimento (Shinki) si manifesterà in tutta la sua libertà,
nel luogo e nel tempo ove ciò sarà neccesario. Ma se il Cuore non è
libero, anche in modo estremamente tenue, anche l'Essere sarà ostacolato
ed immobile; ora, se diviene immobile, chiuso in se stesso, anche l'Io
diverrà immobile fisso in se stesso e in qualcosa che gli si oppone:
così due forze si oppongono e lottano per la propria esistenza e in
questo caso le migliori funzioni dell'Essere, capaci di ogni
trasformazione, saranno inibite. Se la morte appare in quel momento il
senso di chiarezza proprio dell'Essere si perderà. Come si può in una
simile condizione affrontare il nemico nel giusto modo, considerare
vittoria e sconfitta con un animo equanime? Anche se si vincerà sarà una
vittoria cieca, che non ha nulla a che vedere col vero senso della Via
della spada.
"Essere
libero da ogni cosa non significa affatto il "Vuoto". In quanto tale,
l'Essere non possiede una natura propria: resta al di là di ogni forma.
Nulla si accumula più in esso, in maniera tale che se si trattiene anche
la cosa più infima, la grande Forza viene ostacolata, e l'equilibrio
originario delle forze è perduto. Per poco che l'Essere si trovi legato
ad un oggetto, non è più libero di muoversi, non potrà più scaturire
nella sua piena ed intera abbondanza. Se l'equilibrio che proviene
dall'Essere viene turbato la sua forza, laddove le sarà possibile
circolare, scaturirà malgrado tutto, ma ove non potrà scorrere, non ci
sarà nulla da fare.
"Quindi,
il concetto di libertà da tutte le cose non significa altro che questo:
non accumulando nulla, non appoggiandosi a nulla e non fissandosi su
nulla non vi è né il forte né il suo opposto, né l'Io né l'opposto
dell'Io. Nel momento in cui accade qualcosa, si incontra questo evento
come inconsciamente, ed esso non lascerà traccia. Si dice nel "Libro
delle Trasmutazioni" (Eki): 'Senza pensare, senza agire, senza
movimento, nel silenzio totale: solo così è possibile testimoniare
l'esistenza dell'Essere e della Legge delle cose dall'interno, e
divenire inconsciamente tutt'uno con il Cielo e la Terra'. Colui che
pratica il Kendô e vive in questo modo, è prossimo alla verità della Via".
Shoken, udendo queste parole, chiese: "Cosa significa né Io né non-Io, né soggetto né oggetto? ".
La
gatta rispose: "Perché esiste l'Io, esiste anche il suo nemico. Se non
ci si manifesta in quanto Io non si manifesterà nemmeno il proprio
avversario. Questo è solo un altro nome per ciò che significa:
opposizione. Fino a quando le cose conserveranno una forma propria,
esisterà sempre una "contro-forma". Ogni volta che qualcosa assume
determinazione, prende una forma particolare. Se il mio essere non viene
concepito come una forma particolare, la sua "contro-forma" non avrà
più ragione d'esistere. Dove non esiste opposizione, non c'è nulla che
possa esservi contro. Questo è il significato di "né Io, né non-lo".
"Se
si abbandona completamente il proprio essere, se si diventa liberi
dall'attaccamento ad ogni oggetto, si è in armonia con l'universo, Uno
con tutte le cose, nella grande Solitudine. Se la forma del proprio
nemico svanisce, non ci se ne accorge, ovvero non ci si arresta: lo
spirito si muove, continuamente libero da ogni legame, e risponde
semplicemente, agendo con pari semplicità dal profondo dell'essere. Se
lo Spirito è libero da ogni occupazione, il mondo corrisponderà tale e
quale al nostro mondo, formando con noi un'unità. Lo si potrà cogliere
aldilà del bene e del male, della simpatia o dell'antipatia: non si sarà
più turbati o legati a nulla. Ogni opposizione: guadagno e perdita,
bene e male, gioia e sofferenza, sorgono da noi stessi, ed è per questo
che nell'immensità del Cielo e della Terra nulla merita d'esser compreso
più che il proprio essere. Un poeta antico disse:
Un granello di polvere nell'occhio
e i tre mondi saranno troppo piccoli.
Se non ci si sofferma più su nulla
il letto più piccolo sarà ancora grande.
e i tre mondi saranno troppo piccoli.
Se non ci si sofferma più su nulla
il letto più piccolo sarà ancora grande.
Questo
significa: se un granello di polvere penetra nell'occhio, questo non
potrà più aprirsi, poichè una visione chiara è possibile a condizione
che l'occhio sia vuoto. Possa quest'immagine servirci da parabola
riguardo all'essere, che è luce illuminante e libera in sé da ogni cosa.
Un'altro poeta disse:
Circondato da contomila nemici, in quanto forma sarei schiacciato.
Ma l'Essere è e resterà mio per quanto il nemico sia forte.
Nessun nemico potrà mai penetrarlo.
Ma l'Essere è e resterà mio per quanto il nemico sia forte.
Nessun nemico potrà mai penetrarlo.
Confucio
disse: "Anche l'essere di un uomo semplice non può essere rubato". Ma
se lo spirito è turbato, l'Essere si rivolterà contro di noi. È tutto
ciò che posso dirle. Ora si raccolga e cerchi in lei stesso".
Un
maestro può solo dare delle nozioni al suo discepolo, esporgli la sua
opinione. Ma io solo sono capace di riconoscere la Verità, di
integrarla. Questo si chiama "Integrazione di sé" (Jitoku). La trasmissione avviena da cuore a cuore (I shin den shin), ed è aldilà della dottrina e dell'erudizione (kjogai betsuden).
Non significa "non contraddire il Maestro". Vuol dire semplicemente:
anche un Maestro non saprebbe trasmettere la Verità. Questo non è valido
unicamente per lo Zen.
A
partire dagli esercizi spirituali degli antichi, passando per la
cultura dell'anima fino alle arti, l'integrazione di sé rimane sempre il
nucleo centrale, ed essa è trasmissibile unicamente da cuore a cuore.
Ogni insegnamento si limita ad indicare, orientare verso ciò che già
esiste in se stessi, senza saperlo. Non vi è dunque un segreto che il
Maestro possa "trasmettere" al discepolo: è facile insegnare, è facile
ascoltare; il difficile è prendere coscienza di ciò che esiste già in
sé, trovarlo e prenderne realmente possesso. Questo si chiama "Guardare
nel proprio essere, visione dell'Essere" (ken-sei, ken-sho).
Se ciò avviene vi sarà il Satori: il grande Risveglio dal sogno, dalle illusioni.
Risvegliarsi, guardare all'interno del proprio essere, comprendere la Verità del Sé: tutto questo è la stessa cosa.
Karlfried von Diirckheim
Belli i gatti vero? Sono mitici animali, selvaggi e diffidenti preparati dalla natura alla dura guerra per la sopravvivenza.
RispondiEliminaGuarda che è troppo piccolo, mettilo nel blog quando incolli ma riformatta il testo, sai quella t con la x rossa mi sembra, e poi scegli il formato, io così lo copio in word e poi li ingrandisco.