M.:Ti aggrappi al bisogno di una prova. Immagini che la verità si lasci indicare e che ti si dica: "Guarda, eccola qui". Non è così. La verità non è il risultato di uno sforzo, o la fine di un percorso. È qui, ora, nella stessa tensione a cercarla. È più vicina di quanto non lo siano la mente e il corpo, più vicina dell'"io sono2 ". Non la vedi perché GUARDI TROPPO IN LA, fuori del tuo fondo più riposto. Ne hai fatto un oggetto, e t'incaponisci in prove e verifiche, che si applicano solo a cose e a pensieri.
I.:Significa che la verità è fuori della mia portata, e non sono qualificato a parlarne?
M.:Al contrario, non solo sei qualificato, ma sei la stessa verità. Purtroppo scambi il falso per il vero.
I.:Sembra un invito a non chiedere prove della verità, e a occuparmi solo del falso.
M.:Scoprire la verità significa discernere il falso. Puoi conoscere solo ciò che non è. Ciò che è, puoi solo esserlo. La conoscenza è relativa al conosciuto. In un certo senso è la controparte dell'ignoranza. Dove non c'è ignoranza, che bisogno c'è di conoscenza? Né l'ignoranza né la conoscenza esistono di per sé. Sono affezioni della mente, la quale a sua volta è un'affezione della coscienza, in se stessa immutabile.
I.:La verità è dentro o al di là della mente?
M.:Sia dentro che al di là. Spiegarlo è impossibile.
I.:È quello che sento dire sempre: "ineffabile" (anirvachaniya). Non che mi renda più saggio.
M.:È vero, spesso è un modo di coprire l'ignoranza. La mente funziona con strumenti appunto mentali, perciò non può trascendersi. Ciò che travalica i sensi e la mente, e che li fa funzionare, non può essere contenuto né dai sensi né dalla mente. Convinciti che la mente ha i suoi limiti; per oltrepassarli, devi acconsentire al silenzio.
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