di Adriano Scianca fonte http://www.intelligonews.it/
Si torna a parlare di tecnocrazia e svuotamento della democrazia, dopo le recenti rivelazioni sul ruolo di Giorgio Napolitano nella caduta di Berlusconi e nella “salita in campo” di Mario Monti. Che il Capo dello Stato si consultasse con un professore d’economia e ricevesse programmi di governo da un banchiere (Passera) è tuttavia cosa che non deve stupire: per il filosofo Diego Fusaro è la logica conseguenza del dominio dello “stalinismo economico”…
Fusaro, ha visto le recenti indiscrezioni su Napolitano? Come le giudica?
«Le giudico malissimo, anche se va detto che è un modo di procedere perfettamente consono allo spirito del tempo. Oggi l’agenda politica è dettata dagli economisti. La politica è la continuazione dell’economia con altri mezzi. Nel 2011 è semplicemente salita al potere una giunta economico-militare di “stalinisti dell’economia”. Così come Stalin compiva crimini seguendo pretese “leggi della storia”, ora gli economisti privatizzano e distruggono popoli in nome delle “leggi dell’economia”. E non mi stupisce che nel 2011 abbia orchestrato tutto Napolitano, che non a caso ha seguito un tempo le “leggi della storia” e oggi quelle dell’economia con la stessa devozione».
«L’economista, oggi, è il diretto successore del teologo. Così come il dogma religioso, anche il responso dell’economista non si può discutere. La politica si è svuotata e riconosce nell’economico l’unica fonte di senso. L’economia impone ormai il suo linguaggio a tutto e tutti, noi oggi siamo parlati dall’economia. Destra e sinistra sono superate perché entrambe ripropongono quello che Gramsci chiamava il “cretinismo economico”. Ma la politica non è amministrazione dell’economico. Lo dice bene Fichte: politica è mediazione fra reale e ideale».
In tutto questo, con i mercati che dettano regole e i politici che fungono da devoti sacerdoti, che ne è della democrazia?
«La democrazia è semplicemente non esistente. Già Marcuse denunciava la nostra “levigata, democratica non libertà”. Oggi non c’è democrazia se non nel senso degli ultimi uomini di Nietzsche, del “si dice” di Heidegger, con il quale “ciascuno è gli altri e nessuno è se stesso”. C’è, certo, il momento del sondaggio elettorale, ma il cui risultato è comunque svuotato di senso dai mercati. Mi fa ridere la sinistra quando, per dirsi democratica, agita la bandiera dell’antifascismo e poi accetta quel vero e proprio Attila che è il mercato».
L’interventismo di Napolitano ha introdotto un presidenzialismo di fatto. Perché non fare questo passo e diventare presidenzialisti a tutti gli effetti?
«Secondo me non risolverebbe nulla, tanto le vere decisioni vengono prese altrove. Il grande problema, oggi, è la sovranità nazionale. Prima va risolta questa questione, poi si può pensare se essere presidenzialisti o meno».
Intanto il Capo dello Stato si è incontrato con Renzi. A proposito, lei che idea si è fatto del sindaco di Firenze?
«Renzi è il vuoto che avanza. È il momento culminante di quello che il mio maestro, Costanzo Preve, chiamava “il serpentone metamorfico Pci-Ds-Pd”. Per dirla con Gaber: il liberalismo è di destra, oggi va bene anche per la sinistra. Da qui questa deriva che ha portato da Carlo Marx alla signora Dandini, da Federico Engels a Roberto Saviano. Per nascondere questo fallimento devono usare l’antifascismo, l’antiberlusconismo, il legalismo… Ora, se Bersani conservava ancora una certa ambiguità, accettando il capitalismo ma conservando un linguaggio da festa dell’Unità degli anni ’60, Renzi adotta direttamente un linguaggio manageriale. È uno che si vanta di non aver mai letto Marx, che non si stanca di dire che il Pd è il partito più europeista, più favorevole ai mercati».
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