giovedì 27 febbraio 2014

I perché di un sì al voto di espulsione

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In qualità di elettore ho votato sì all’espulsione dal gruppo del M5S dei senatori Lorenzo Battista, Luis Alberto Orellana, Fabrizio Bocchino e Francesco Campanella. Nulla di personale, sia ben inteso. Non critico le loro scelte, ma certamente ritengo di avere ben più di un motivo per ritenere che i quattro senatori in questione, si siano ritrovati eletti in un gruppo diverso dalle loro aspirazioni politiche. E perciò hanno lavorato a un lento e lungo logorìo per farsi dipingere come vittime di un gruppo apparentemente autoritario e non democratico. Niente di tutto ciò. Se avrete la pazienza di leggere il percorso di legislatura dei quattro, vi accorgerete che l’espulsione verso altri lidi, magari quelli dei partiti, per i quattro senatori sia la soluzione migliore.
Lorenzo Battista è il senatore che meglio di altri ha lavorato sul lento e costante logorìo per farsi portare all’espulsione. Per sostenere la candidatura di Gustavo Zagrebelsky al Quirinale, fa una dichiarazione politica, certamente contraria al principio del Movimento che decide di spingere Rodotà. Dice ai giornali: «Siamo venuti in Parlamento per tornare alle elezioni dopo sei mesi senza combinare nulla? Se è questa la nostra missione avrebbero dovuto dirmelo e non mi sarei impegnato». Ponendosi il tema temporale del suo ruolo nelle istituzioni, Battista dà l’impressione di essere un politico dei tanti a cui interessa la poltrona più che la mission del ricambio a costo di rinunciare alla carica. Si colloca tra gli “aperturisti” al Pd fin da subito, da quando Beppe Grillo sul blog denuncia le lungaggini sull’avvio delle Commissioni. Battista si smarca sui giornali con dichiarazioni se non compromettenti, quantomeno sospette: «Siamo divisi tra chi segue lo schema di distruggerli, e chi vuole fare qualcosa per il Paese, essere parte attiva di un cambiamento. Secondo me questa è una grande occasione, e chi vuole distruggere tutto non va da nessuna parte perché non penso che il Pd compia il suicidio politico di mettersi col Pdl. Non penso sia una grande strategia quella di andare al voto». Sconcertante il 20 aprile scorso, alla rielezione di Giorgio Napolitano al Quirinale dopo quattro tornate di voto. Battista dice che se «Pd e Pdl hanno rivotato Napolitano, non c’è niente di illegittimo». La prima proposta di espulsione per Battista arriva a cavallo tra maggio e giugno, quando il senatore auspica al quotidiano Messaggero aperture al Pd qualora Berlusconi avesse fatto cadere il governo Letta. E’ proprio di quei giorni il primo plateale affronto a Grillo «Non capisco perché la stampa gli dia eco. Le cose che dice lui non sono la posizione del M5S». Linea che Battista tiene anche contro Dario Fo, quando dichiara che sarebbe da imbecilli allearsi col Pd. Contrario all’espulsione di Adele Gambaro che si era dissociata da Grillo in un’intervista televisiva, Battista si dice pronto a uscire dal gruppo nel caso della sua espulsione. Cosa che avviene ma che Battista non fa nonostante la promessa, rimangiata, sempre sui giornali, il 22 giugno 2013. Intervistato a Un giorno da pecora, Battista ironizza sulle espulsioni dal M5S smentendole con quella che sembra una stoccata a Rocco Casalino dell’ufficio comunicazione: «No, non credo, altrimenti qua…Ne resterà soltanto uno… Rischiamo di sembrare il Grande Fratello con le nomination». Ad agosto Grillo, rendendosi conto dell’impossibilità per mancanza di volontà dei partiti di cambiare il Porcellum, si augura sul blog che si torni a votare con quella legge elettorale. Ma Battista è contrario: «votare col Porcellum è una cosa che va contro tutto quello che abbiamo sempre detto. Spero che quella di Beppe sia una provocazione». Battista è il primo a chiedere il licenziamento di Claudio Messora dall’ufficio di comunicazione per il post condiviso da Grillo sui “piccoli onorevoli“, proposta che non vede d’accordo la maggioranza dei senatori pentastellati. A fine settembre ripete ai giornali di augurarsi un governo alternativo a Letta col sostegno del M5S. «C’è questa cosa che non facciamo alleanze, un Moloch insormontabile…». In aperto contrasto con Vito Crimi, uno dei pionieri del M5S, quando il senatore bresciano scrive in rete “Silvio non mollare”, Battista è lapidario su FB: «Crimi, facevi meno danni in giunta quando non ci arrivavi perché ti perdevi per strada». Si dissocia dalla decisione del M5S di non incontrare Napolitano per parlare di legge elettorale. Quando la Consulta boccia il Porcellum, Grillo dichiara il parlamento illegittimo per quella frangia di 140 deputati espressione della Legge incostituzionale. Battista, parlando di “provocazione” del comico, ribatte che “anche Fico alla Vigilanza Rai” potrebbe essere illegittimo essendo espressione di quella lottizzazione… Ultimamente si era detto dispiaciuto delle “pernacchie” rivolte a Renzi.
Fabrizio Bocchino esordisce sui giornali nei giorni in cui decide di votare l’appoggio al presidente del Senato Pietro Grasso contro il parere del gruppo. Chiede su Repubblica di “aiutarlo a capire” per lo smarrimento. Si dice pronto a “trarre le conseguenze del mio comportamento” per aver agito “secondo coscienza con una mia idea“. Nel periodo delle consultazioni amministrative, Bocchino è tra coloro che riconosce “colpe” del Movimento per la mancata vittoria a sindaco di Roma del candidato pentastellato. Si chiede inoltre “perché non dovrei amare il dialogo con tutti pur senza allearmi?“. Quando Grillo definisce Rodotà un “ottuagenario miracolato dalla rete”, Bocchino dichiara ai giornali che «se oggi incontrassi per strada Rodotà non avrei neanche il coraggio di guardarlo in faccia, per dirgli, profondamente imbarazzato, “quelle parole che hai letto su internet non mi appartengono”». Quando per votazione il Movimento decide di espellere Adele Gambaro, Bocchino dice ai giornali che «La linea politica, l’ho detto e lo ripeto, non la decidono i post di Grillo. Siamo 53 fratelli, io non espello nessuno». Bocchino insomma, non riconosce a Grillo il ruolo di “capo politico” del movimento, di fatto escludendosi da solo dal movimento. Idem quando il gruppo dei 5 stelle decide di presentare la richiesta di impeachment per Giorgio Napolitano. Bocchino è tra i malpancisti che si chiede «Chi ha deciso di presentarlo, chi l’ha scritto?». Bocchino di recente, viene pure sfiduciato dalla base siciliana, soprattutto quando critica di nuovo la condotta di Grillo nell’incontro di consultazione avuto con Renzi.
Luis Alberto Orellana, presentato come “Venezuelano antiprivilegi”, è inizialmente tra i favoriti al ruolo di capogruppo ma si defilerà presto, in quanto diventa il preferito dei “dialoganti” con i partiti benché si dimostri uno dei più attivi nel presentare progetti di legge soprattutto in materia di diritti civili. In giugno, nel merito di Adele Gambaro dichiara “Le espulsioni non mi piacciono“, in linea con Battista e Bocchino. Orellana viene criticato quando il M5s preferirebbe che si votasse soltanto la propria mozione contro gli F35 e che invece il senatore venezuelano di casa a Pavia, vota anche quella dell’ex magistrato del Pd Felice Casson, che chiede la sospensione dell’intero programma, attirandosi le critiche in primis di Paola Taverna. Della cui filastrocca contro i non ortodossi che Grillo posta sul blog in periodo di ferie estive, Orellana dice «voglio attribuirla al periodo estivo, agostano», di fatto dissociandosi e sancendo la sua posizione di dissidente interno al gruppo. Come Lorenzo Battista, Orellana nell’assemblea dei gruppi in diretta streaming attacca il capo della comunicazione Messora sui “piccoli onorevoli” cedevoli alle sirene dei partiti in violazione del codice di comportamento firmato all’atto della candidatura. Le intenzioni aperturiste di Orellana al Pd si fanno sempre più esplicite. Quando Grillo dichiara “siamo in guerra contro chi si guarda nell’ombelico” Orellana risponde che non bisogna avere tabù. «Possiamo avere un potere contrattuale fortissimo io sono per il dialogo come eravamo per il dialogo ad aprile, quando siamo andati a parlare col Pd…». Inutilmente il capogruppo Morra chiede a Orellana la rettifica di quelle dichiarazioni. Il 4 settembre 2013, Grillo equipara Orellana a Scilipoti. La rottura con la linea del gruppo è ormai evidente, tanto che lo stesso Orellana si dice (e poi smentisce) di ritenersi pronto a uscire dal Movimento 5 stelle. Da lì in poi, Orellana è di fatto isolato dalla linea del gruppo. Non esita a sollecitare che sia la rete a chiedere cosa ne pensano dei dialoghi del Pd, suscitando il distacco progressivo sia di Grillo che della stragrande maggioranza dei parlamentari pentastellati, rafforzato dall’editoriale di Marco Travaglio “Grillipoti” sul Fatto dell’8 settembre scorso. Seguono le critiche alla presenza di Casaleggio al meeting di Cernobbio (pubblico), critiche sullo stipendio lordo di Messora, contro il senatore Vito Crimi che è stato il primo capogruppo della legislatura, si ripete nella richiesta di una nuova maggioranza di governo «col Pd, con Sel, con chi ci vuole stare» per la riforma del Porcellum, guadagnandosi l’invito a “non sparare cazzate” da parte di Alessandro Di Battista, colui che si pone come leader giovane del movimento, papabile per una futura candidatura a premier. Orellana prosegue la sua opera di logorìo chiedendo che fine ha fatto la proposta della piattaforma “ci prendono in giro?” riferito a Casaleggio. Nel mirino Grillo, definito “autoritario” nei confronti di Napolitano per la richiesta di impeachment. Insomma, da elettore del M5S ne ho abbastanza per votare sì alla sua espulsione.
Anche Francesco Campanella parte male: vota Pietro Grasso alla presidenza del Senato, mettendosi contro il gruppo parlamentare che aveva deciso di non sostenere l’ex presidente della Commissione antimafia. Non solo. Alle critiche che ne seguono, Finisce sui giornali per quello che scrive su Facebook: «Oggi mi ha chiamato Vendola. Mi ha fatto i complimenti per la mia scelta su Grasso e mi ha manifestato disponibilità ad accogliermi nelle fila della maggioranza laddove Grillo mi cacciasse». Sulla candidatura al Quirinale di Rodotà, Campanella si vuole smarcare: «Non conta solo il nome. Conta la proposta». Non solo. La rinomina di Napolitano che per Grillo è un colpo di Stato, per Campanella «non è un colpo di Stato. Bisogna distinguere tra democrazia formale e democrazia sostanziale». Il consigliere siciliano Venturino che vuole tenersi tutto lo stipendio, per Campanella “non è un pezzo di merda” come dichiara Grillo durante la riunione dei gruppi parlamentari. Critico sul fatto che «dividersi per una questione di soldi non è nobile per un documento che abbiamo firmato prima delle elezioni che parla di rendicontazione delle spese ma non di restituzione della parte eccedente della diaria…». Contrario come gli altri all’espulsione di Adele Gambaro, per “uno stile del leader che non funziona” riferito a Grillo, “che non può avere un ruolo preminente“, Campanella viene descritto dai giornali disponibile a formare un intergruppo con “Pd e Sel” (siamo a fine maggio 2013). Il capogruppo alla Camera dell’epoca Riccardo Nuti, sempre ai giornali, denuncia “compravendite in atto” suscitando le risposte dei cosiddetti dissidenti, tra cui Campanella, che come se si sentisse chiamato in causa, chiede all’interessato di fare nomi. Quando in luglio si parla di ribaltone e Casaleggio mette in guardia da aperture ai partiti, Campanella dichiara che «Da una parte ho difficoltà a immaginare un Pd che interloquisca con noi. Dall’altra penso che il nostro obiettivo sia la risoluzione dei problemi dei cittadini, facendo tutto quello che serve». Allineandosi ai colleghi oggi oggetto del voto di espulsione. Ad agosto, Campanella sconfessa il capo politico Grillo sui giornali dicendosi “contrario ad ogni forma di leaderismo” auspicando di “stemperare il nostro grillocentrismo”. Il 4 settembre Campanella mette in guardia Grillo con un’intervista a Repubblica “Essere duri e puri non basta” e attacca la “presenza nelle stanze dorate dei potenti” di Casaleggio al meeting di Cernobbio, suscitando le reazioni contrarie di alcuni deputati “ortodossi”. Pronto con Orellana a fine settembre, per sostenere un esecutivo antiporcellum con i partiti, in particolare Pd e Sel. Posizione che mantiene in perenne isolamento Campanella e gli altri 3 senatori dal resto del gruppo, anche per il malpancismo dell’influenza di Grillo e Casaleggio sulla linea politica da tenere. Uno che “fa troppi calcoli” anche sulla linea tenuta con Napolitano. Campanella teme di perdere gli elettori moderati nonostante «il Presidente è andato oltre le sue prerogative...». La scissione è parsa inevitabile dopo l’ultimo v-day, quello di novembre, quando Campanella su Facebook scrive «Sant’Agostino disse felicemente “ama e fa ciò che vuoi”. Mi permetto di trarne, parafrasando, una regola per l’uomo politico: sii trasparente e fai (quasi) ciò che vuoi. I cittadini giudicheranno. Se sanno». Contrario alla presenza di Casaleggio in dualismo con Grillo, Campanella critica “il guru” milanese dopo il risultato della consultazione sul “reato di clandestinità” che la base ha deciso a maggioranza di abrogarlo nonostante Grillo e Casaleggio avessero preferito tenerlo per non dare la sensazione di un vuoto normativo in tema di immigrazione ai paesi esteri. Ultimo capitolo, quello con Renzi, per Campanella è una condanna all’irrilevanza del Movimento il mancato dialogo col sindaco di Firenze designato premier fuori dalle urne e dalle procedure democratiche.
Ecco: credo non ci sia altro da aggiungere per confermare che anche per Campanella, nulla di personale, sia opportuno il voto favorevole all’espulsione. Voterò 4 sì.

Vediamo qualche link che la tv non vi dara' mai.
27/9/2013 Orellana vuole un governo di scopo e parla a nome di altri sui quotidiani senza averne il titolo
3/9/2013 Orellana ha i suoi tabu' da sfatare e lo urla ai 4 venti.
6/12/2013 Orellana se le passa tutte le agenzie di stampa.
31/01/2014 Su La Stampa Orellana gia' si considera dissidente a quanto si legge.
1/6/2013 Bocchino con scappellamento a sinistra
14/1/2014 A Bocchino interessa solo il suo di parere, quello degli iscritti non conta
25/1/2014 Campanella nota lo stile di Renzi (solo lui)
10/4/2014 Campanella ci tiene al portafoglio.
28/08/2013 Battista e Campanella decidono su mandato di nonsisachi di aprire al pd-l

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