lunedì 10 febbraio 2014

La religiosità dei Nativi

Un uomo della medicinaUn uomo della medicina
Il capo religioso era un uomo estremamente importante. Venne chiamato dagli europei sciamano, nome di origine siberiana che significa «colui che è sconvolto». Gli erano stati dati particolari poteri dal Grande Spirito, o Grande Mistero (così i missionari chiamarono «Wakan Tanka», il creatore del mondo presso gli Indiani delle pianure), e da questi gli erano stati insegnati determinati riti nonché i metodi per curare malattie e ferite.
Ogni tribù possedeva la Sacra Pipa, rappresentazione del mondo e dell’unione dell’uomo con il mondo stesso.
Ai Sioux era stata donata alle origini: il fornello rappresentava la terra, e con essa era fatto, la cannuccia di legno raffigurava tutte le cose che crescono. Le dodici penne d’aquila erano la rappresentazione di tutti gli uccelli del ciclo. 
Una cerimonia sacraUna cerimonia sacra
La pipa veniva tramandata da una generazione all’altra ed era ritenuta un oggetto tra i più sacri. Era usata solo in occasioni estremamente particolari. Si fumava quando si dovevano prendere decisioni importanti, prima di un consiglio tribale e di una cerimonia. Fumare la Pipa Sacra significava pace e comunione con il cosmo e le altre nazioni.
Non essendoci tradizione scritta, tutte le pratiche religiose erano tramandate oralmente ed erano dominio di pochi.
Lo sciamano era uno di questi.
Egli aveva, inoltre, doti divinatorie e il potere di decifrare i segni degli spiriti. Aveva appreso i poteri medicamentosi delle piante, delle erbe e degli animali anche se spesso le sue cure agivano più a livello psicologico che medico.
Un guaritore al lavoro
Un guaritore al lavoro
Con riti particolari egli convinceva il malato che gli spiriti maligni, causa dei suoi malanni, avevano abbandonato il suo corpo.
In genere ogni singola tribù credeva che alcuni luoghi fossero sacri perché abitati dagli spiriti. In realtà qualsiasi cosa, secondo le convinzioni dei Nativi, era animata da un essere sovrannaturale.
Si spiega così l’estremo rispetto che gli Indiani rivolgevano alla Natura.
Un uomo sacro dei Chippewa
Un uomo sacro dei Chippewa
Essa era parte di loro così come loro ne erano parte integrante: l’Indiano era uomo, pianta e animale, ciclo e terra, vento e acqua. Non avrebbe mai violato la Natura perché avrebbe violato se stesso. Per questo motivo tra le popolazioni indiane non esisteva il concetto dell’accumulo, ne quello (della proprietà privata, concetti che avrebbero violato l’ambiente in cui vivevano e la natura stessa: i beni raccolti erano necessari per soddisfare i bisogni primari, non per costituire scorte che avrebbero impoverito rapidamente le risorse dell’ambiente.
Un momento della Danza del Sole
Un momento della Danza del Sole
La sede degli spiriti erano, per i Sioux, le Colline Nere, e là si recavano per compiere il rito della «Danza del Sole».
Questa era praticata da molte nazioni indiane e prevedeva l’auto-tortura per dimostrare il proprio coraggio. Era in realtà un rito molto complicato e cruento, sia di iniziazione che propiziatorio, praticato nei mesi estivi, soprattutto a giugno e luglio.
Presso i Sioux e gli Cheyenne, il rito della Danza del Sole consisteva nell’attaccarsi dei grossi pesi al corpo, spesso ossa e teschi di bisonte, per mezzo di uncini che foravano i muscoli dell’inizialo e che venivano applicati dallo sciamano. Quindi bisognava camminare trascinandosi dietro queste zavorre e resistere fino alla lacerazione dei muscoli. Si poteva accedere alla Danza del Sole dopo essersi purificati, aver eseguito riti particolari e aver digiunato svariati giorni, cosa che aiutava il futuro guerriero a entrare in uno stato di trance. Anche altre tribù praticavano la Danza del Sole, sebbene con alcune varianti: ad esempio, si appendeva l’uomo all’interno della tenda sacra, in modo che rimanesse sollevato da terra, con dei pesi attaccati al corpo.
La Danza del Sole era uno dei tanti rituali delle nazioni indiane.
La Danza del Sole degli Arapaho
La Danza del Sole degli Arapaho
Nel loro misticismo, una parte importante era affidata ai sogni e alle visioni.
Passata la prima infanzia, un bambino doveva assumere il proprio posto nella società tribale. Durante i primi anni della sua esistenza aveva appreso, spesso tramite il gioco, i precetti principali della vita nelle pianure.
Sapeva tirare con l’arco e aveva imparato a cacciare piccola selvaggina.
Verso gli otto o nove anni giungeva il momento di procurarsi una visione.
Dopo i riti di purificazione, che consistevano nel digiunare e sostare nella capanna sudatoria (una specie di sauna), il ragazzo doveva vagare da solo fino a che gli esseri sovrannaturali non lo avessero visitato, il che avveniva durante un sognò o una visione. Quindi tornava al villaggio e raccontava ciò che gli era stato detto dagli spiriti ai saggi della tribù, che interpretavano le sue parole.
In cerca della visione
In cerca della visione
Ciò che la visone diceva era considerato sacro e inviolabile perché proveniva direttamente dagli spiriti: essa rivelava il futuro di ogni uomo e qualsiasi fosse il ruolo che gli esseri superiori assegnavano al componente di un gruppo era rispettato e ritenuto inviolabile e insindacabile. La visione poteva predire un futuro da guerriero, ma anche da «diverso», da capo o da uomo di religione.
Presso alcune tribù, specie quelle del Sud degli Stati Uniti, per provocare le visioni si ricorreva all’uso di piante allucinogene, quali il peyote e il moscai.
Dopo l’arrivo dei bianchi fu usato sempre più spesso, per questo scopo, l’alcool.
Le visioni e i sogni erano decifrati dai saggi del villaggio, cioè le persone più anziane considerate depositario delle conoscenze e delle tradizioni della tribù. Per questo motivo erano tenute in grande considerazione da qualsiasi membro della comunità e la loro parola era indiscutibile.
Anche le donne, entrate nel periodo della menopausa, godevano di pari stima.
Prima di tale periodo la donna era ugualmente rispettata, purché assolvesse ai suoi compiti principali. Tra questi vi erano la concia delle pelli, la preparazione della carne, la pulizia della tenda e l’approntamento delle cose quando fosse giunto il momento di spostarsi, la raccolta dei frutti selvatici; all’uomo competevano la caccia e la preparazione delle armi.

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