sabato 6 ottobre 2012

Papalagi.Mass media

Pian pianino,lo pubblicherò tutto questo sublime libro.
La mia anima,non è occidentale,sono nato in occidente,solo e soltanto per mostrare l"innaturalità degli occidentali.
So di essere un frammento del tutto,e perciò amo il tutto,chi ama è fiducioso.
Gli occidentali,uomini che hanno perso la fiducia,e per questo motivo hanno bisogno di sognare ad occhi aperti,noi frammenti del Tutto giochiamo con lo stesso,e per mia esperienza,ciò è la cosa più sublime che possa accadere.
Giornali,video, sono cose morte,noi amiamo la vita.L"occidentale vede solo la superficie degli eventi,le informazioni sono questo,INGANNO,la realta è molto più profonda e sublime.



Del luogo della falsa vita e delle molte carte

Molto, miei cari fratelli del grande mare, molto avrebbe da raccontarvi il vostro umile servo, per darvi un'idea della verità sull'Europa. Per far questo, il mio discorso dovrebbe essere come un ruscelletto di montagna che scorre dalla mattina alla sera, e ancora la verità non sarebbe completa, perché la vita del Papalagi è come il mare di cui non si può vedere con precisione l'inizio e la fine. Essa ha altrettante onde quante la grande acqua, rugge e infuria, sorride e sogna.
Come un uomo non potrà mai svuotare il mare con il cavo della mano, così io non posso portare a voi il grande mare dell'Europa con il mio piccolo spirito.
Ma per questo non voglio tralasciare di riferirvi che, come il mare non può essere senz'acqua, così la vita dell'Europa non può esistere senza il luogo della falsa vita e senza le molte carte. Portate via queste due cose al Papalagi e allora lui sarà come un pesce che l'onda ha sbattuto sulla riva non può far altro che sussultare con tutte le sue membra, ma non può più nuotare e muoversi come gli piace.
Il luogo della falsa vita. Non è facile descrivervi questo luogo, che il bianco chiama cinema, in modo che voi possiate comprenderlo e immaginarlo chiaramente con i vostri occhi In ogni città o villaggio d'Europa c'è uno di questi luoghi misteriosi che gli uomini amano più della casa del missionario. Di cui già i bambini sognano e con il quale volentieri giocano nel pensiero.
Il cinema è una capanna, più grande della grande capanna del capo di Upolu, sì, molto più grande. È buia anche in pieno giorno, tanto che ciascuno non può riconoscere chi gli sta accanto. Così che si resta accecati quando si entra, ma ancora più accecati quando si torna fuori. Qui la gente entra e si avvia tastando il muro, fino a che una vergine arriva con un piccolo lampo nella mano e la guida dove c'è posto per sedere. Stretti stretti i Papalagi siedono tutti in fila nel buio, nessuno vede il vicino, la buia capanna è colma di gente in silenzio. Ciascuno siede sulla sua piccola panca e tutte le piccole panche sono volte verso una parete.
Dal fondo di questa parete, come dal profondo di un burrone, sale un gran rumore e un ronzio, e, non appena gli occhi si sono abituati all'oscurità, si riconosce un Papalagi che, seduto, lotta con un cassone. Con le dita tese di entrambe le mani batte sopra tante minuscole lingue bianche e nere che il cassone butta fuori, e ogni lingua stride forte e dà a ogni tocco un suono diverso, così che ne nasce uno stridore furioso come in un grande litigio in un villaggio.
Questo rumore dovrebbe distrarre i nostri sensi e indebolirli, affinché crediamo a ciò che vediamo e non dubitiamo che è vero e reale. Proprio davanti alla parete si irradia una luce molto forte, come se sulla parete battesse un fortissimo raggio di luna, e in questa luce ci sono uomini che sembrano e vestono come veri Papalagi, che si muovono e vanno avanti e indietro, camminano, ridono, saltano, proprio come in Europa si fa dappertutto. È come il riflesso della luna nella laguna. È la luna eppure non lo è. Così anche questo è soltanto un riflesso. Ciascuno muove la bocca, nessuno dubita che parlino, eppure non si ode un solo suono e parola alcuna, per quanto si faccia attenzione ad ascoltare e per quanto sia fastidioso non udire nulla. E questo è anche il motivo principale perché quel Papalagi batte sul cassone nero: esso deve dare l'impressione che le voci non si possano udire a causa di quel rumore. E per questo sulla parete di tanto in tanto appaiono delle scritte che annunciano ciò che il Papalagi ha detto o dirà.
Tuttavia, queste persone non sono creature vere. Se si volessero afferrare, ci si accorgerebbe che sono fatte di luce e che non si possono prendere. Sono lì soltanto per mostrare al Papalagi le sue gioie e i suoi dolori, le sue follie e le sue debolezze. Così lui vede le donne e gli uomini più belli proprio vicinissimi. Anche se sono muti, lui vede i loro movimenti e il luccichio dei loro occhi. Anzi, sembra che gli sorridano e gli vogliano parlare. Così vede anche i massimi capi, con cui mai potrebbe parlare, li vede da vicino e indisturbato, come fossero suoi pari. Prende parte ai grandi banchetti, a ricevimenti e ad altre feste, così che gli pare di essere dappertutto, sedere a banchetto e far festa con loro. Ma vede anche come un Papalagi rapisce una fanciulla alla famiglia. O come una fanciulla è infedele al suo giovane amante. Vede come un uomo cattivo afferra alla gola un ricco signore e come le dita affondano nella carne della sua gola e gli occhi del signore escono dalle orbite, lo vede morto e vede l'uomo cattivo strappargli dai panni il metallo rotondo e la carta pesante.
Mentre l'occhio del Papalagi guarda tutte queste cose liete o orribili, lui se ne deve stare seduto immobile; non può ammonire la fanciulla infedele, non può accorrere in aiuto del ricco signore per salvarlo. Ma questo non dà alcun dolore al Papalagi; anzi, egli guarda ogni cosa con grande voluttà, come se non avesse cuore. Non prova nessuno spavento e nessun orrore. Osserva tutto come se lui stesso fosse una creatura del tutto diversa. Poiché colui che sta a guardare è sempre fermamente convinto di essere migliore degli uomini che vede nella luce, e che lui non farebbe mai tutte le follie che gli vengono mostrate. Sta zitto, trattenendo il respiro, e i suoi occhi pendono dalla parete, e, non appena vede un cuore forte o una nobile immagine, se la prende nel cuore e pensa: «Questa è la mia immagine». Siede lì completamente immobile sulla sua panca e fissa la ritta parete liscia su cui nulla vive, se non ingannevoli riflessi che un mago vi getta da dietro, da una stretta apertura nella parete opposta. Per cui, così tante cose vivono di una falsa vita. Assorbire dentro di sé queste false immagini, che non hanno una vita reale, questo è ciò che procura al Papalagi un così intenso godimento. In questa stanza buia egli può entrare nella falsa vita senza vergogna e senza che gli altri vedano i suoi occhi. Il povero può fare la parte del ricco, il malato quella del sano, il debole quella del forte. Ciascuno lì nel buio può prendere quello che vuole e vivere una falsa vita, fare ciò che nella vita reale mai e poi mai riuscirebbe a fare.
Darsi in tal modo alla falsa vita è diventata una grande passione del Papalagi, una passione spesso così grande che in essa egli dimentica la sua vita vera. Questa passione è una cosa malata, perché l'uomo giusto non vuole vivere una vita falsa nel buio di una stanza, ma vuole viverne una calda e reale alla luce del sole. La conseguenza di questa passione è che molti Papalagi che escono dal luogo della falsa vita non sanno poi più distinguere questa dalla vita reale e restano confusi e smarriti, si credono ricchi quando sono poveri, o belli quando sono brutti. Oppure fanno cose orribili, che mai avrebbero fatto nella loro vita reale, ma le fanno perché non sanno più distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è. È uno stato molto simile a quello che noi tutti conosciamo negli europei quando hanno bevuto troppa kava europea e credono di camminare sul mare.
Anche le molte carte ottengono sul Papalagi un effetto molto simile di ebbrezza e di frenesia Che cosa sono le molte carte? Immaginate una stuoia di tapa sottile, bianca, ripiegata, divisa e poi ancora ripiegata, con tutti i lati ricoperti da segni fittissimi queste sono le molte carte o, come il Papalagi le chiama, i giornali.
In queste carte si trova la grande intelligenza del Papalagi. Lui ogni mattina e ogni sera deve tenerci dentro la testa per riempirla e saziarla, per poter meglio pensare e avere dentro tante cose; come il cavallo che corre meglio se ha mangiato molte banane e ha la pancia ben piena. Il signore sta ancora sulla sua stuoia, che già i messaggeri corrono per tutto il paese e distribuiscono le molte carte. È la prima cosa che il Papalagi fa quando si sveglia dal sonno. Legge. Affonda gli occhi in quello che le molte carte gli raccontano. E tutti i Papalagi fanno la stessa cosa, leggono. Leggono quello che i grandi capi e i massimi oratori d'Europa hanno detto nei loro ricevimenti. Tutto ciò sta esattamente segnato sulla stuoia bianca, anche se é una cosa molto stupida. Anche i panni che avevano addosso sono minutamente descritti, e quello che i grandi signori hanno mangiato, come si chiama il loro cavallo, se soffrono di elefantiasi o se hanno deboli pensieri.
Ciò che loro raccontano, nel nostro paese si potrebbe leggere come segue: «Il giudice di Matautu questa mattina, dopo un buon sonno, ha per prima cosa mangiato un avanzo del taro della sera precedente, poi è andato a pescare, a mezzogiorno è tornato nella sua capanna, si è steso sulla sua stuoia e ha cantato e ha letto la Bibbia fino alla sera. Sua moglie Sina ha dapprima allattato il suo bambino, poi è andata al bagno e lungo la strada ha trovato un bel fiore di pua, che si è messa come ornamento nei capelli». E via di questo passo.
Tutto, tutto ciò che accade e che la gente fa e non fa, tutto viene raccontato: i loro buoni e cattivi pensieri, se hanno ammazzato una gallina o un maiale, se si sono costruiti una nuova canoa. Non succede nulla in tutto il paese che queste stuoie bianche non riportino fedelmente. Il Papalagi chiama questo: essere ben informato. Vuole essere al corrente di tutto quello che da un tramonto all'altro accade nel paese. È indignato se qualcosa gli sfugge. Beve tutto con grande avidità. Sebbene vi trovi anche le cose più orribili e tutto ciò che la sana mente di un uomo vorrebbe al più presto dimenticare. Già, proprio queste, le cose cattive, che fanno male, vengono raccontate ancor più dettagliatamente delle cose buone, in tutti i minimi particolari, come se raccontare il buono non fosse meglio e più importante e più allegro che raccontare tutto il male.
Quando tu leggi il giornale, non hai più bisogno di andare ad Apolima, a Manono o Savaii per sapere che cosa fanno i tuoi amici, che cosa pensano e che cosa festeggiano. Puoi stare tranquillamente sulla tua stuoia le molte carte ti racconteranno tutto. Questo sembra bello e gradevole, ma è soltanto un inganno. Perché quando tu incontri tuo fratello e ciascuno dei due ha già tenuto la testa affondata nelle molte carte, allora non avrete più niente di speciale da raccontarvi a vicenda, perché ciascuno avrà già nella testa esattamente le stesse cose, e allora o resterete in silenzio o vi ripeterete soltanto quello che dicono le molte carte. Sono invece cose tanto più belle cantare una canzone o festeggiare un evento o soffrire una pena, che non trovarsi tutto raccontato da bocche straniere e non averlo visto con i propri occhi.
Ma ciò che fa i giornali così dannosi per il nostro spirito, non è quello che ci raccontano, ma piuttosto il fatto che essi ci dicono anche ciò che dobbiamo pensare di questo e di quello, dei nostri grandi capi o dei capi di altri paesi, degli avvenimenti e di tutto il fare degli uomini. Il giornale vorrebbe fare di tutti gli uomini una testa sola, esso è nemico della mia testa e del mio pensiero. Pretende di imporre a ciascuno la propria testa e il proprio pensiero. E riesce anche a ottenerlo. Quando tu la mattina leggi le molte carte, sai già a mezzogiorno che cosa ogni altro Papalagi ha nella testa e che cosa pensa.
Il giornale è anche una specie di macchina che fabbrica ogni giorno nuovi pensieri, molti di più di quanto una sola te sta possa fare. Ma la maggior parte di essi sono deboli pensieri, senza fierezza né forza; riempiono, sì le nostre teste con molto nutrimento, ma non le rendono più forti. Potremmo nello stesso modo anche riempire le nostre teste di sabbia. Il Papalagi riempie la sua testa con tutto questo grande nutrimento di carta. Prima che possa buttarne via uno, già ha davanti il seguente. La sua testa è come le paludi delle mangrove, che soffocano nel loro stesso limo, dove non crescono più né verde né frutti, dove salgono solo cattivi vapori e ronzano intorno sciami di insetti pungenti.
Il luogo della falsa vita e le molte carte hanno reso il Papalagi ciò ch'egli è ora: un uomo debole e smarrito, che ama ciò che non è vero, che non riconosce più ciò che è vero, e prende il riflesso della luna per la vera luna e una stuoia scritta per la vita stessa.

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