mercoledì 11 aprile 2012

Omar Khayyam,un sufi,un fantastico iraniano

Omar Khayyam (1048 - 1131)  nato a Nishpur Iran orientale,presenta un difficilissimo problema d'interpretazione. Era un razionalista che annegava nel vino la sua disillusione cosmica, oppure un sottilissimo mistico? La questione è lungi dall'essere risolta. Le fonti arabo-persiane descrivono Hayyam soprattutto come scienziato: profondo in matematica, astronomia, filosofia e teologia, geloso del suo sapere, dal carattere difficile e scontroso. Fu astronomo alla corte dei Selgiuchidi, presso i quali si adoperò per una riforma calendariale. Una leggenda lo vuole iniziato a circoli esoterici, condiscepolo di Hasan-e Sabbah, il famoso "Veglio della Montagna" capo della famigerata setta degli Assassini. Vere o false che siano, tali immagini mostrano la doppia anima di Omar Hayyam, che se da un lato sembra preferite lo spicciolo divertimento alle gioie celesti, dall'altra appare perfettamente a suo agio tra i simboli della poesia sufica. Amo credere che in Hayyam convivessero entrambe le anime, quella del materialista e quella del mistico, e che anzi, sia proprio la convergenza di queste due opposte chiavi di lettura a creare la simultaneità di significati che rende le sue quartine dei gioielli di scintillante perfezione. Sia come sia, da quasi un millennio, le Rubaiyyàt (o rubaiyat) ovvero "Quartine", non cessano di sedurre l'umanità con la loro dolcezza, la loro gioia, la loro tristezza esistenziale e la loro inestinguibile sete di Assoluto



Giacche il mondo è caduco,io non vivo che d"espedienti
non penso che all"allegria e al fulgido vino.
Mi dicono(Dio ti dia di pentirti)
Egli non me lo da ,e se anche me lo desse non lo farei.

Danzatrici e vino,e fanciulle belle come Uri,ce n"è.
Anche di acque correnti e di sponde erbose,ce n"è.
Meglio di questo non chiedere.Non temere l"inferno perchè è spento.
In verita,fuori di questo non c"è paradiso.se paradiso c"è.

Il bene e male insiti nella natura umana
la gioia e il dolore che son nel fissato Destino
non li attribuire alla volta celeste,chè nella vita del senno
la volta celeste e mille volte piu impotente di te.

Io bevo il vino,e chiunque è come me persona degna
il mio berlo e ben lieve(e lecita)cosa.
Iddio ha conosciuto ab aeterno il mio bere il vino:
se non lo bevessi,la scienza di Dio sarebbe ignoranza.


Vino sta per inebriarsi

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