domenica 18 marzo 2012

Vivere veramente






Tu che leggi questo post,vivere non è stare a contatto con tecnologie,vivere è essere a contatto con altri esseri viventi.Lo scopo della vita è un continuo relazionarsi tra esseri viventi.Per stare veramente bene basta questo.Leggete il  post qua sotto,fonte ,e meditate su come la propaganda ha rincoglionito le persone,le ovvieta,non le vede quasi più nessuno,,,SVEGLIA


Come credo a tutti, mi è stato insegnato a scuola, e poi gentilmente ribadito e suggerito dai mass media in età adulta, che la vita media degli uomini del passato era di gran lunga inferiore a quella dell'uomo moderno: a fronte di una durata media attuale di settanta e rotti anni, l'uomo che non conosceva il benessere, il progresso e la medicina moderna, poteva sperare di arrivare a cinquant'anni, o poco più, fermo restando che tutto il tempo di sopravvivenza ulteriore era tanto di guadagnato.


Si tratta di conclusioni scientifiche, ma sappiamo noi antimoderni che altrettanto scientificamente è doveroso distinguere tra durata media della vita (che comprende anche i decessi infantili) e aspettativa di vita, ossia la durata media della vita dell'uomo adulto: in pratica, quanto lunga vede l'uomo adulto la propria vita. Sarebbe interessante a questo proposito, vedere le reazioni dei sacerdoti della modernità di fronte a testimonianze di uomini del passato, certamente meno accurate delle ricerche odierne, ma che hanno il merito di essere riportate da contemporanei, quindi non astratte e talvolta arbitrarie ricostruzioni posteriori.Leggendo i Salmi della Bibbia, per esempio, al salmo 90 (o 89 a seconda delle edizioni) si resta colpiti dalla frase "Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti". Personalmente sono rimasto sorpreso per la concordanza con la durata della vita dell'uomo di oggi: se la scienza si attribuisce il merito di averla portata a oltre settant'anni, come ha fatto il compilatore del salmo -vissuto presumibilmente alcuni secoli prima di Cristo- ad anticipare una condizione a cui si sarebbe arrivati più di duemila anni dopo? I miei dubbi furono confermati leggendo un classico del taoismo, Chuang Tze: al cap 29 "Il brigante Chih" trovai con mio stupore: "La longevità massima dell'uomo è di cento anni, la media di ottanta, la minima di sessanta". Conclusioni molto simili a quelle del salmista, portate da un cinese vissuto in un'epoca probabilmente non di molto posteriore, ma certamente molto distante geograficamente. Ad ogni modo, ce n'è abbastanza per porsi molti interrogativi, dato che quelle frasi sembrano scritte da uno scienziato di oggi.Ora, restando sempre nell'ambito dell'aspettativa di vita -che è poi un po' il punto debole della prospettiva moderna sull'argomento- proviamo ad andare addirittura oltre: è così evidente che l'aspettativa di vita dell'uomo antico, non inurbato e non "civilizzato", non fosse addirittura più lunga di quella attuale? Cioè che l'aspettativa di vita non solo sia rimasta costante nel tempo -come sembrano suggerirci il salmista ebraico e il saggio cinese- ma fosse addirittura più lunga?Non è certo questa la sede per risolvere questo tipo di problemi in modo definitivo, ma un aiuto ci può arrivare da alcuni studi che diversi demografi stanno conducendo in questi ultimi anni. Hanno destato sorpresa per esempio le conclusioni a cui è giunto l'esploratore americano Dan Buettner, che ha studiato popoli di varie parti del mondo, e i cui risultati sono stati pubblicati sul National Geographic nel 2005. Gli studi di Buettner vanno nella direzione tracciata anche da altri studiosi, e identificano cinque zone della Terra con un'altissima percentuale di longevità. Si tratta di alcune zone montane all'interno della Sardegna, delle isole di Okinawa in Giappone, della comunità di Avventisti del Settimo Giorno di Loma Linda in California, degli abitanti della penisola di Nicoya in Costa Rica, e infine dell'isola di Ikaria, in Grecia.In tutti questi luoghi, troviamo la più alta percentuale di novantenni del pianeta (quasi una persona su tre), un altissimo numero di centenari, e in generale altissime percentuali di anziani che arrivano in età avanzata sani e lucidi di mente. Questo è infatti un aspetto fondamentale delle popolazioni longeve: non solo giungere in età avanzata, ma farlo in buono stato di salute fisica e psichica, e soffrire in minima parte delle malattie che normalmente colpiscono le persone nelle altre parti del mondo sviluppato. Tumori, malattie cardio-vascolari (ictus, infarti ecc), diabete, sono presenti in percentuali drasticamente inferiori a quelle dell'umanità civilizzata, mentre addirittura la demenza senile è quasi assente.La prima cosa che salta all'occhio leggendo i nomi di queste "Blue zones", come le chiamano i ricercatori, è che si tratta di aree poco sviluppate, spesso isolate o ai margini, lontane dalla modernità e da grandi o piccole conurbazioni. Si tratta sempre di zone rurali, più vicine ad una economia di pastorizia che di agricoltura, ma in ogni caso povere e sottosviluppate secondo il paradigma moderno, semplici e naturali considerandole da un punto di vista più obiettivo.Non sono mancate da parte di scienziati e ricercatori ipotesi sulle cause di questa straordinaria longevità. E' probabile che ci sia una qualche predisposizione genetica, ma è anche indiscutibile l'influenza ambientale: clima, alimentazione, stile di vita e abitudini sociali sono i fattori che più spesso vengono tirati in ballo. Lo stesso Buettner sostiene di avere individuato nove caratteristiche che accomunano le cinque "Blue zones" in questione: muoversi naturalmente, conoscere il proprio scopo, rallentare i ritmi di vita, mangiare il 20% in meno, una dieta a base di verdure, vino durante i pasti, passare tempo in famiglia, senso di appartenenza, frequentare la compagnia giusta.Si tratta evidentemente, in tutti i casi, di interpretazioni piuttosto generiche, e ad ogni modo non vanno oltre una visione superficiale della questione. Elogiare il senso di appartenenza, il tempo passato in famiglia, vivere con un ritmo di vita più misurato, non dicono niente se non si mette in evidenza che è tutta la visione della realtà di queste popolazioni ad essere radicalmente diversa rispetto a quella di chi compie queste ricerche. Le abitudini sociali, la vita in mezzo alla natura, la dieta più sana sono solo l'aspetto esteriore, la conseguenza si può dire, di una realtà sottile estranea alla nostra.Avere un'identità precisa, sia individuale che sociale; credere in una realtà superiore, o anche in un destino se vogliamo, che governa le cose al di là delle possibilità umane ed essere propensi ad accettarne le inevitabili conseguenze più che a trovare soluzioni ad ogni costo; accontentarsi di ciò che si ha; riconoscere e accettare la durezza dell'esistenza e non riporvi troppe aspettative; condurre una vita semplice e non troppo oltre il necessario; lasciar fare alla natura se non per quel che è strettamente indispensabile (come le malattie per esempio); preferire il certo rispetto al probabile; e via dicendo. Entro queste linee è meglio allora collocare la cosiddetta "vita più sana", lasciando stare il vino a tavola e il contatto con la natura, più adatti magari agli svaghi da agriturismo, o alle residenze degli architetti americani in pensione tra le colline del Chianti. Si tratta invece di un diverso sguardo sul mondo, di una diversa dimensione dello spirito, non solo della società e della psiche.Se poi vogliamo addentrarci nei motivi di una siffatta longevità, non possiamo certo trascurare probabili fattori innati ed ereditari, ma nemmeno di osservare che sarà molto più difficile rinvenire simili traguardi di salute non solo nella civiltà del progresso, ma in generale in una qualsivoglia realtà conurbata e aggregata. Possiamo anzi spingerci più in là, a ipotizzare che fu magari l'avanzare della civiltà come noi la intendiamo ad avere accorciato la vita dell'uomo oltre ad averla peggiorata: agricoltura e pastorizia, insediamenti urbani, grandi organizzazioni statali, grandi vie di comunicazione, commerci, sviluppo della tecnica e della produzione, fino ad arrivare al progresso e alla modernità.Siamo molto al di là delle possibilità e degli obiettivi di un breve articolo da blog. Possiamo però riflettere in modo più profondo, la prossima volta che ci imbatteremo nelle straordinarie longevità -simboliche certo, forse lontane e imprecise rammemorazioni, ma forse non pura fantasia- dei più antichi patriarchi della Genesi, delle mitologie induiste o delle vite precedenti del Buddha.Massimiliano Viviani

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