lunedì 24 dicembre 2012

Latouche: rinunciamo al potere e alla schiavitù salariale


 La decrescita è un progetto sociale, non un progetto politico, Lenin aveva un progetto politico. Tutti quelli che hanno un progetto politico vogliono realizzarlo, per questo la tradizione rivoluzionaria, soprattutto in America latina, resta legata alla presa del potere. Pensiamo a quando il subcomandante Marcos e le comunità zapatiste hanno preso San Cristóbal de las Casas, in Chiapas, il 1° gennaio 1994: la prima cosa che hanno detto è stato: «Non vogliamo prendere il potere perché sappiamo che se prendiamo il potere saremo presi dal potere». Per questo penso che avere un progetto politico sia diverso dall’avere un progetto sociale. Un progetto di una società alternativa deve essere pensato concretamente in funzione del luogo, della cultura dove il movimento agisce, ma il problema è che ha a che fare anche con il potere. Naturalmente è una buona cosa, se alcuni nostri amici diventano deputati, ministri, consiglieri ma sappiamo bene che qualsiasi politico è sempre sottomesso alla pressione dei grandi poteri, non esiste un governo buono.
Per queste ragioni penso che non dobbiamo fare un partito politico per la decrescita e partecipare alle elezioni. In alcuni casi possiamo sostenere Serge Latouchedall’esterno un certo programma, oppure un partito, ma il movimento deve essere sempre un contropotere, un gruppo di pressione anche con il più cattivo dei poteri. Perfino quando la pressione è forte possiamo ottenere qualcosa, come dimostra la vicenda degli accordi di Cochabamba sull’acqua, ottenuti nonostante in Bolivia allora, nel 2000, ci fosse un potere quasi fascista. Quel potere fu costretto ad ascoltare la protesta che chiedeva la cancellazione del contratto con la multinazionale Bechtel. Una grande vittoria. Perciò la strategia deve essere quella dei piccoli passi avanti, anche quando ilpotere cambia, come nella stessa Bolivia in cui oggi è presidente Evo Morales: la pressione deve essere mantenuta anche contro Morales. Insomma, credo che i movimenti della decrescita oggi debbano mantenere questo spirito di contropotere di ispirazione gandhiana.
Tra le prime cose da fare c’è la necessità di dare lavoro: per questo ho proposto un programma che poggia su tre piedi: rilocalizzare, riconvertire e ridurre. Rilocalizzare l’attività produttiva significa demondializzare e questo implica avere i mezzi per farlo, tra cui l’autonomia finanziaria monetaria. Occorre pensare anche a una politicaprotezionista: il libero scambio è il protezionismo più forte dei predatori e allora dobbiamo fare un protezionismo dei deboli e progetti di conversione ecologica. La riconversione più importante è quella dell’agricoltura: dobbiamo uscire dall’agricoltura produttivista e sostenere un’agricoltura senza pesticidi e concimi chimici. Su questi temi vengono pubblicati sempre più libri e Coline Serreaudocumentari interessanti.
Il film-documentario “Maison du future”, ad esempio, è stato pensato inFrancia dopo un dibattito alla televisione, nel quale Josè Bovè contestava due esperti di agricoltura secondo i quali è impossibile nutrire il mondo senza Ogm, pesticidi e concimi chimici: gli autori hanno girato il mondo per raccontare esperienze alternative che dimostrano come l’agricoltura più produttiva, e non più produttivista, è quella contadina. Quel film sarà presentato in diversi paesi nei prossimi mesi, dall’India ai paesi latinoamericani. Un altro documentario molto interessante è “Solutions locales pour un désordre global”, di Coline Serreau, un regista francese molto bravo, che ha messo insieme esempi di coltivazioni alternative dal Brasile all’India, dalla Francia all’Ucraina. È importante far capire alle persone che non si tratta di rinunciare alla lavatrice ma di avere una buona lavatrice, che non siamo obbligati a buttarla ogni due anni per comprarne una nuova, perché subito qualcosa non funziona più. La stessa cosa con il computer. Quelli nuovi sono più veloci? Allora si devono progettare e diffondere, come si faceva all’inizio, computer modificati ai quali aggiungere qualcosa per farli progredire. Un’esperienza importante di questo tipo è quella della Rank Xerox, con le sue fotocopiatrici pensate come dei moduli che si possono prendere e rinnovare. La Rank Xerox oggi vende più servizi di fotocopiatura e meno fotocopiatrici, di cui si prende cura nel tempo. Gettare oggetti pensati per durare poco è un’assurdità, io ho già buttato tre computer. È uno spreco di risorse incredibile. Si può concepire un computer che si può migliorare, che si può riparare e alla fine si può riciclare. Questo discorso vale per tutti i nostri strumenti, è la dimostrazione che si deve ancora sviluppare, si deve pensare la struttura produttiva del futuro meno come industria pesante è più come insieme di piccole imprese, ma anche singoli artigiani che lavorano per il riciclo e riuso, per le riparazioni.
Non uso mai l’espressione green economy perché resta nell’orizzonte del capitalismo e questo è un problema. Ho molti amici che non hanno capito oppure non condividono il mio punto di vista quando dico «si deve uscire dall’economia». Il problema è la parola “economia”, vale a dire il capitalismo, verde va bene ma economia no, al massimo potremmo dire «vogliamo una società verde». Tutto il mio lavoro, la mia ricerca, il mio pensiero, comincia dal contestare l’invenzione dell’economia, un’invenzione teorica, storica e semantica, dalla quale dobbiamo uscire. Il progetto della decrescita implica l’uscita dall’economia. Allora il discorso dell’economia Sucomandante Marcosverde è effettivamente ambiguo: se produciamo pannelli solari a livello industriale, inquinando, come avviene in alcuni casi, siamo di fronte al green business, e questo non può far parte della nostra ricerca.
E’ importante ridurre gli orari di lavoro anche perché l’obiettivo, l’orizzonte di senso, resta la democrazia diretta. Che si nutre anche di trasformazione dellavoro, propone, come obiettivo di lungo periodo, di abolire il lavoro salariato. Insomma, non si può più riprendere il discorso della nobiltà del lavoro quando si fa un lavoro di merda alla cassa di un supermercato. Dobbiamo smettere di pensare a creare posti di lavoro qualsiasi. Dobbiamo prima di tutto mettere al centro il valore dell’autonomia e per questo la forma cooperativa è un orizzonte di senso, è qualcosa che aiuta. Il problema è che nell’ingranaggio di una società salariale non per tutti è importante la cooperativa. Di certo, resta importante oggi reinventare il lavoro in settori come l’agricoltura biologica e il riciclo e riuso; esistono già esperienze importanti ma restano una nicchia.
(Serge Latouche, dichiarazioni rilasciate a “Comune-info” per l’intervista “Uscire dall’economia”, ripresa il 19 dicembre 2012 da “Megachip”).

2 commenti:

  1. Sei nel nostro blogroll, seppur sognare non ci piace.
    Grazie

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  2. La vita è un sogno,la realta è un lungo sogno.Il sognare di notte o ad occhi aperti,significa solo che di giorno non si vive

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